Da Casador a Entre Rios

Casador1948
Cartolina di Casadorno risalente al 1948. Siamo all'inizio dell'estate; la fienagione è appena iniziata; una persona, certamente una donna, s’incammina verso l’alto con la gerla carica di fieno; nel riquadro di una porta della casa s’indovina una persona; sul retro spunta il tetto dello stavolo di Volomario; alte, in lontananza, le rocce del Pleros riflettono i raggi del sole.

Gli abitanti di Casadorno nel 1927

 

Agli inizi del mese di agosto del 1927 in Casador abitavano almeno 20 persone, otto maschi e dodici femmine, suddivise in quattro nuclei familiari, riconducibili ad altrettanti fratelli, insedianti in un unico grande fabbricato.

  1. Famiglia (matrimonio del 31 marzo 1905)
    1. Puschiasis Daniele, nato il 19 luglio 1880, capofamiglia
    2. Pascutti Carolina, nata il 6 ottobre 1884, moglie
    3. Puschiasis Esterina, nata il 13 settembre, 1905, figlia, nubile
    4. Puschiasis Ervino Edoardo, nato il 30 settembre 1907, figlio, celibe
    5. Puschiasis Ermenegildo, nato il 16 luglio 1909, figlio, celibe
    6. Puschiasis Anita, nata il 18 novembre 1917, figlia
    7. Puschiasis Dante, nata il 4 dicembre 1921, figlio
  2. Famiglia
    1. Candido Petronilla, vedova di Giovanni Luigi Puschiasis (10.6.1888 - 25.9.1919), capofamiglia
    2. Puschiasis Arturo 11.??.1919, figlio
  3. Famiglia (matrimonio del 28.6.1919)
    1. Puschiasis Giacomo Arcangelo, nato il 23.5.1889, capifamiglia
    2. Vidale Regina, moglie
    3. Puschiasis Ida, nata il 16.12.1920, figlia
    4. Puschiasis Nina, nata il 21.7.1922, figlia
  4. Famiglia (matrimonio del 7.4.1908)
    1. Puschiasis Ferdinando, nato il  18.10.1884, capofamiglia
    2. Pascutti Giuseppina Romana, nata il 3.8.1886, moglie
    3. Puschiasis Lina, 5.1.1911, figlia, nubile
    4. Puschiasis Silvia, nata il 4.11.1912, foglia, nubile
    5. Puschiasis Maria, nata il ??.??.1919, figlia
    6. Puschiasis Onorio, nato il 5.9.1924, figlio
    7. Puschiasis Enrica, nata il 5.9.1924, figlia
La famiglia di Ferdinando Puschiasis e Giuseppina Pascutti - Casador 1925
Casador 1925: Giuseppina Pascutti (1886), moglie di Ferdinando Puschiasis, con le figlie Lina (1911), Silvia (1912), Maria (1919), Enrica (1924) e il figlio Onorio (1924).

Probabilmente la terza famiglia, già a quel tempo, soggiornava anche più a valle, a Magnanins, per parte dell’anno. Dei quattro fratelli che nel primo decennio del secolo avevano costruito la nuova casa, provvedendo in seguito, almeno per un certo periodo, alla sua conduzione in forma condominiale e alla gestione in comune di parte del menage familiare e lavorativo, ne sopravvivevano tre, essendo morto il 25.9.1919, poco dopo essere stato congedato dall’esercito e ad appena tre mesi dal matrimonio, Giovanni Luigi, della seconda famiglia.

La prima e quarta famiglia erano legate da un duplice legame parentale, in quanto anche le rispettive mogli erano tra loro sorelle. La famiglia di Daniele, il più anziano dei fratelli, contava il maggior numero di figli in età da lavoro, mentre quelli delle altre cadevano, per lo più, in fasce d’età infantili o giovanili. Alle seconda e terza famiglia con un solo maschio, si contrapponevano la prima, con quattro, e la quarta, con due (compresi i rispettivi capifamiglia).

L’emigrazione di quattro maschi validi al lavoro, avvenuta tra l’agosto e l’ottobre 1927, accentuò la preponderanza della componente femminile, restringendo la presenza dei maschi adulti a un solo elemento.

ChiesaCasadorno1896
La vecchia chiesa di Casadorno (voluta da Lorenzo Volomario e Biagio Di Corte originari della località, portata a termine da Biagio Di Corte e consacrata il 27 settembre 1721) in una cartolina edita da Amedeo Zanier che riproduce un disegno composto da Antonio Pontini nel 1896. Sullo sfondo il vecchio abitato di Casadorno.

La decisione di partire

Il 17 febbraio 1927 Ferdinando scrisse una lettera al fratello Giacomo, che, evidentemente, si trovava in quel momento a lavorare da qualche parte, dalla quale si desume un suo recente rientro in Casador, avvenuto, con molta probabilità, assieme al fratello Daniele.

Rispondendo ad una richiesta d’informazione sul recupero della legna da ardere, egli sostiene, infatti, che “non sia potuto perché subito che siamo arrivati è venuta la neve e nemmeno la lavina non è venuta giù per poter buttarle giù dietro”. Prosegue ricordando che “di novità non ce niente tutto calmo solo comincia a cessare il freddo e fa belle giornate”, e lo informa che “adesso sono a fare un poche di legne su in talm ma ce molta neve ancora lasù”. Conclude con “così quando è il momento mi farai sapere sono già stanco di stare a casa. Termino con salutarti caramente, saluti da Bepino e nipoti e fratello... saluti a Lina se la vedi... tuo fratello Puschiasis Ferdinando”.

Dunque alla fine di febbraio del 1927 sia Daniele che Ferdinando si trovavano in Casador. Progetti concreti per l’Argentina probabilmente non esistevano ancora, come lascia intendere la frase conclusiva “così quando è il momento mi farai sapere sono già stanco di stare a casa”. Cosa successe nei sei/otto mesi successivi per convincerli a partire?

PassaportoA

Di certo Daniele, Ervino ed Ermenegildo s’imbarcarono a Trieste sul transatlantico Atlanta il 3 agosto 1927, mentre Ferdinando li raggiunse qualche mese dopo, viaggiando sul Conte Verde, salpato da Genova, assieme ad almeno altri sei compaesani. Ferdinando contrasse debiti legati al viaggio, per complessive Lit. 3.300, ancora tra il ventisette settembre e il primo ottobre 1927 (i finanziatori erano tutti compaesani: Beniamino Fruch, Giuseppe Durigon, Giovanni Battista Puntil, Riccardo Candido e Giuseppe D'Andrea; i tassi d'interesse osciallavano tra il sei e l'otto per cento; in tre casi dalla somma erogata erano stati trattenuti gli interessi del primo anno).

Le ragioni generali della scelta argentina appaiono sufficientemente chiare. Dopo la prima guerra mondiale si erano, infatti, chiusi gli sbocchi di lavoro tradizionali, già in precedenza percorsi dagli stessi fratelli, verso la Germania e l’Austria1. L’esistenza stessa di Casador presupponeva fonti di reddito diverse da quelle locali, insufficienti a garantire un livello, anche minimo, di sussistenza per l’intera comunità. Quelli che mancano sono i particolari.

In base a quale presupposti decisero, in un lasso di tempo così breve, di partire per l’Argentina e non, per esempio, per la Francia? Perché scelsero la provincia di Entre Rios?

È plausibile che qualcuno abbia fornito delle indicazioni, almeno sommarie, dei punti d’appoggio, degli indirizzi, se non dei veri e propri contratti di lavoro. Rimane, inoltre, sconosciuto il loro orientamento in merito alla presunta durata del periodo d’emigrazione. Pensavano di rientrare, magari anche dopo un periodo relativamente lungo, o pensavano di farsi successivamente raggiungere anche dagli altri componenti delle rispettive famiglie? Insomma, pensavano di allontanarsi temporaneamente oppure erano, già allora, orientati per un’emigrazione definitiva? La durata della traversata oceanica e l’impegno finanziario necessario per il viaggio e la prima sistemazione (che era, per quel tempo, notevole) rendono più probabile l’ipotesi di una permanenza di medio/lungo termine, se non definitiva. Anche l’età di Daniele e Ferdinando, rispettivamente di 47 e 43 anni, fa propendere per questa ipotesi; per loro, infatti, si trattava di ripartire completamente da zero in un periodo della vita in cui, normalmente, si tende, per lo più, a consolidare e conservare quello che si è già raggiunto o comunque ad evitare scelte radicali e temerarie, con rischi eccessivi e non ben quantificabili.

I primi due decenni del secolo erano stati caratterizzati, per la Carnia nel suo complesso ed anche per il comune di Rigolato, dal proseguimento, in forma attenuata, dell’incremento demografico già in atto dalla seconda metà dell’Ottocento. Si trattava di una crescita senz’altro, almeno in parte, sostenuta dall’emigrazione temporanea, divenuta più che mai “base economica della montagna”. Ma proprio nel terzo decennio del Novecento, quando i nostri decisero di emigrare, s’evidenziano i primi segni significativi di sofferenza e di regresso demografico.

                         residenti 	 presenti
10 febbraio 1901: 	   2.271   	  2.237
10 giugno 1911:   	   2.397   	  1.913
1 dicembre 1921: 	   2.443   	  2.318
21 aprile 1931:     	   2.135   	  1.747

Mentre nel ventennio 1901-1921, nonostante l’intervallo della Grande Guerra, la popolazione residente crebbe di 172 unità, nel decennio successivo si verificò una perdita di ben 308 unità. La differenza tra il numero dei residenti e dei presenti consente di percepire, grossolanamente (tenuto conto delle distorsioni connesse alla forte stagionalità), il peso dell’emigrazione temporanea e il suo andamento altalenante e ciclico. È probabile, ma è un’ipotesi ancora tutta da quantificare con precisione, che la diminuzione dei residenti verificatasi nel terzo decennio sia da ricondurre per larga parte all’emigrazione definitiva, oltre che a una contemporanea flessione del saldo naturale (nati/morti).

Una ricerca2, condotta su un campione pari a un terzo delle schedine individuali della popolazione del Comune di Rigolato relative agli anni venti e trenta, ha evidenziato che in questo periodo “salta anche la tradizionale tipologia di una emigrazione in larga parte solo maschile. Dei 166 casi... esaminati di cancellazione per emigrazione, ben 68 riguardano donne. Più della metà dei cancellati, ovvero 86 casi, lo sono per emigrazione all’estero, ed in questo caso i maschi, 65, sopravanzano decisamente le 21 femmine. La massima parte di questi emigrati si porta in Francia (60 maschi e 20 femmine); in Argentina si recano in quattro (fra cui una femmina); uno emigra in Iran ed uno a Massaua”. Dopo aver rilevato come “17 di questi emigrati in Francia rientrino poi in Italia, e dunque siano reiscritti all’anagrafe”, gli autori della ricerca proseguono evidenziando come non si verifichi “quasi nessun rientro invece per gli emigrati in altri comuni e regioni italiane, che sono numerosissimi in un periodo in cui pure il regime aveva tentato di scoraggiare gli spostamenti interni con una legislazione che imponeva restrizioni nella circolazione delle persone ed ai cambi di residenza. La cosiddetta emigrazione interna si rileva così più influente ancora di quella all’estero nel determinare il calo demografico”. Poiché gli stessi autori notano che “nell’emigrazione interna prevalgono decisamente le donne, 50 (47 più tre rientrate dalla Francia e ripartite per destinazione ignota) sui maschi, 34 (29 più cinque rientrati dalla Francia e ripartiti per l’interno)” si tratterà di verificare quanto di questa componente femminile sia da attribuirsi a trasferimenti per matrimonio, ovvero di quantificare l’incidenza dell’emigrazione “matrimoniale”.

Anche altri studiosi hanno evidenziato tra i caratteri nuovi dell’emigrazione temporanea di questo periodo, oltre all’elezione della Francia quale paese privilegiato di destinazione, il maggior apporto dato dalla componente femminile della popolazione. La lettera di Ferdinando, lì dove accenna alla figlia Lina (16 anni), probabilmente già a servizio in qualità di “domestica” presso qualche famiglia “cittadina”, contiene, nel suo piccolo, una conferma di questo elemento.

Pur in presenza di dati insufficienti, sembra ragionevole concludere che nel Comune di Rigolato l’emigrazione transoceanica, nel periodo tra le due guerre, sia stata quantitativamente secondaria e, in qualche misura, anomala rispetto a quella continentale, orientata prevalentemente verso la Francia, e a quella nazionale.

Notizie dall'Argentina

ArgentinaPuschiasis
Al lavoro in Argentina. Non si conoscono né il luogo, molto probabilmente ubicato nella provincia di Entre Rios, né la data dello scatto. In primo piano si vede Daniele Puschiasis, seguito dal fratello Ferdinando e, probabilmente, da Ervino ed Ermenegildo, figli di Daniele. Se così fosse la scena dovrebbe essere collocata nel periodo 1927-1935, in quanto successivamente Ermenegildo si trasferì in Uruguay.

 

Da una lettera di Ferdinando, spedita alla moglie da Concordia (Entre Rios) il 19 giugno 1929, carpiamo alcuni dettagli.

Sono passati quasi due anni dalla partenza. Emergono alcuni dissapori tra Ferdinando, da una parte, Daniele e i figli, dall’altra: “Adesso sono solo, di mestiere e di lavoro, sono con cuesta gente foresta. Non più col fratello. Sono andato via di lui. Perché adesso che si aveva un buon lavoro e di fare soldi, mi dice che mi paga a giornata (per avere il profitto su un fratello). Io ho rinunziato, dissi che nemmeno mezza ora lavoro a giornata con un fratello... per onore non volli restare a giornata sotto di lui”. Dalla lettera s’apprende il luogo in cui stavano lavorando, “io lavoro adesso in città a Concordia e lori lavorano sette chilometri fuori”, ed anche che fino a quel momento “si lavorava tutti quattro compagni e il conto stava così…”. Sembra di capire, anche da altri accenni, che fino alla metà del 1929 si erano mossi come una piccola impresa familiare. Il “capo” doveva essere Daniele, sia perché più anziano rispetto al fratello Ferdinando sia in quanto padre di Ervino ed Ermenegildo, il quale ripartiva i guadagni e le spese comuni. Ferdinando fa presente che la scelta di distaccarsi e rendersi autonomo dal gruppo lo penalizzava economicamente in quanto “causa cuesto oh speso un po di soldi che potevo spedirti, stando d’accordo fra noi”, tuttavia appare ancora fiducioso, “io ti dico fai ciò che puoi e non sforzarti a lavorare tanto, subito che posso ti manderò qualcosa”, anche se, nel tentativo di rassicurare la moglie, lascia trasparire uno spirito messianico che a sua volta fa presupporre l’esistenza di difficoltà non facilmente superabili, “ti raccomando di stare in salute e coraggio sempre anche se va male per qualche periodo di tempo cambierà, sempre male non può andare…”, ricalcando uno schema che si ritroverà anche nelle lettere posteriori.
I documenti successivi risalgono al 1935, sette anni dopo la partenza. Un accenno all’affievolirsi dei rapporti con le famiglie rimaste in Italia si ritrova in un ricorso contro il respingimento della domanda di pensione d’invalidità a favore del figlio Onorio (che si era accecato, in seguito all'esplosione di un residuato bellico, risalente alla prima guerra mondiale, rinvenuto in Casador, il 19 giugno 1934) presentato da Giuseppina “madre dell’infortunato, a nome, per conto e nell’interesse dello stesso, ed in vece del proprio marito che trovasi in America, e da circa otto mesi che non dà notizie”.

Intanto Ervino il 20 luglio 1935 si era sposato con Juana Maria Arellano, venticinquenne. Il matrimonio venne stipulato a Villa Federal, dipartimento di Concordia (Entre Rios). In quel momento Ervino (e, quindi, presumibilmente anche gli altri, la separazione di Ferdinando doveva, infatti, essere stata breve) risulta domiciliato a Pueblo Alegre (nei pressi di Villa Federal). Federal è anche l’indicazione che s’intravede, scritta a matita, sul retro di una parte di lettera, non datata, spedita da Ferdinando alla moglie. Si può quindi presumere che la lettera possa risalire più o meno a questo periodo. Il suo contenuto, costituito da una serie di consigli alla moglie sull’iter migliore da seguire per raggranellare un po’ di denaro, “pel vivere io oh pensato per adesso fino che posso mandarti qualchecosa”, mediante il taglio di piante “intanto che si spera cambieranno le cose anche per qua; non andrà sempre così”, conferma indirettamente un quadro segnato da difficoltà economiche e d’inserimento nella nuova realtà.

Il 16 aprile 1942 (XX dell’era fascista) Giuseppina, “moglie dell’operaio Puschiasis Ferdinando fu Ferdinando emigrato in Argentina fin dall’anno 1927”, presenta al podestà del Comune di Rigolato una domanda di sussidio, “dato che il marito suddetto, a causa dello stato attuale di guerra non può più inviare, come in precedenza, i propri risparmi alla famiglia. Il medesimo, prima dello scoppio dell’attuale conflitto si trovava al seguente indirizzo: S. Cosè de Feliciano – Al lo Carlitos (P.E.R) - Argentina”. Analoga istanza viene presentata anche da Carolina, moglie di Daniele.
Sono passati quasi quindici anni dalla partenza. È significativo che la corrispondenza allegata alle istanze, a comprova del mantenimento dei rapporti, risalga al 1938, cioè a ben quattro anni prima. La ricezione delle rimesse viene provata mediante l’allegazione di lettere assicurate utilizzate dal “Banco de Italia y Rio de la Plata, Succ. di Genova” per l’invio di alcune somme di denaro “come da distinta in calce“ (3 per Giuseppina per complessive Lit. 2.100, e una per Carolina, per Lit. 3.000).

L’affievolirsi dei rapporti con la famiglia e le difficoltà d’inserimento lavorativo sono ormai evidenti. Ervino scrive che “da tanto tempo che non vi faccio sapere nostre notizie, mi perdonate, molto è per negligenzia anche se non va bene, almeno farsi sapere”. Anche l’influsso dello spagnolo che traspare dalle lettere rimarca ulteriormente il passaggio del tempo. Sono passati dieci anni dalla partenza. La lettera, oltre a confermare l’approdo pressoché definitivo a San José de Feliciano, fornisce alcune notizie interessanti: “Gildo è stato un anno qui assieme a noi altri, adesso è tornato a Montevideo dove stava prima... pari lavora distante di qua en la ferrovia io e zio siamo assieme”.
È almeno un anno, quindi, che non scrivono. È confermato che Ferdinando abita assieme al nipote e al fratello Daniele. Quest’ultimo è momentaneamente impegnato nei lavori della ferrovia. Ermenegildo ha già da tempo seguito una sua strada, autonoma rispetto a quella del gruppo originario, che lo porterà a stabilirsi definitivamente a Montevideo, in Uruguay.
La situazione economica continua ad essere piena di difficoltà: “qua è sempre la medesima si se guadagna due tre mesi rigulare dopo si sta due tre mesi senza lavorare e si consuma tutto il risparmio. Io so che avete una gran necesità di denaro pero io vi dico la pura verità non posso mandarvi perché non cenò”.

La lettera di Ferdinando non fa che confermare questo quadro: “adesso come si vede ce un lavoro per otto o dieci mesi, se no sucede inconvenienti, perché qui oggi è una cosa domani non è più, mai si sta sicuros di un giorno al’altro”. Il tutto, nel suo caso, è stato ulteriormente accentuato dagli esborsi necessari per curare una recente malattia, “io stavo per spedirti questi soldi, mi sucede questa cosa che lavoravo 40 chilometros fuori di paese... oh pagato 258 pesos col medico i asistencia. Subito che posso ti mando qualche cosa sempre non andrà male”. Il senso di sconforto è accentuato dai ricordi e dalla consapevolezza delle difficoltà in cui si dibatte la famiglia rimasta in Italia: “oh ricevuto lettera da Onorio... sempre quando ricevo sue lettere stoi piangendo e cuando scrivo iguale... Pensando a tutte le cose che passa e che sono passate molti giorni mi fa male il capo già di notte pochissimo dormo tranquillo sempre con susultos e sognando con la famiglia disgraciata che sempre tengo a cuore”.

Il dato certo successivo è che il 3 luglio 1943, alle ore 18.30, Ferdinando morì, all’età di 58 anni, 15 dei quali vissuti in Argentina, nell’ospedale della città di La Paz (circa 90 chilometri da San José de Feliciano) per una ferita d’arma da fuoco alla testa. Le circostanze esatte della morte ancora non si conoscono. Le voci pervenute in Italia, tramandate oralmente, parlavano di morte per ammazzamento intervenuta o nel corso di manifestazioni e scontri di piazza o di semplici risse e tafferugli. La moglie di Ervino, morta, ottantanovenne, il 31 ottobre 1999, ricordava invece un suicidio provocato dalla depressione e dal dispiacere conseguenti alla notizia, pervenuta dall'Italia, della morte della figlia più amata.
Ambedue le ipotesi rimangono ancora aperte.

L’ultima lettera disponibile è stata scritta da Daniele al figlio Dante il 13 agosto 1946, sempre da San José de Feliciano. In essa s’adombra la possibilità di un ritorno, che tuttavia non avverrà, “tu mi fai sapere che mama non è contenta di venir aqui, e così, per le tue condizioni non puoi venire neanche tu. Io ero molto contento che veniste perché qui non cé miseria. Ma visto le cose come stanno è deciso a venire, certo es necessario un poco di tempo per fare le pratiche necesarie, però no ancora tanto lunga”. Daniele ha ora una visione più tranquillizzante della vita in Argentina, “qui non cé miseria”, mentre, dopo diciotto anni, emerge l’opposizione della moglie a rescindere definitivamente ogni rapporto con Casador.
Gli ulteriori dati certi sono i seguenti:

  • Daniele muore a San José de Feliciano il 26 febbraio 1964, all’età di 84 anni, 37 anni dopo aver lasciato Casador;
  • Ervino lo seguirà poco più di due anni dopo, il 29 giugno 1966, all’età di 58 anni, la maggior parte dei quali (39) vissuti in Argentina.

Note


  1. Nel foglio matricolare dell’Esercito italiano di Daniele, conservato all’Archivio di Stato di Udine, sono annotati i seguenti, certamente incompleti, movimenti: - 1903 Germania; - 1907 Germania; - 1910 Austria e Germania. Inoltre nel febbraio del 1912 Daniele viene dispensato dall’istruzione (richiamo periodico) perché all’estero. Dallo stesso documento apprendiamo che quando si presentò alla visita di leva, il 29 luglio 1900, aveva una statura di metri 1,65, colorito roseo, capelli castani lisci, occhi castani, dentatura sana ed esercitava la professione di muratore.  

  2. Puppini, Marco e Laura Puppini, L'emigrazione dalla Val Degano fra Otto e Novecento, in In Guart. Anime e contrade della Pieve di Gorto, a cura di Manlio Michelutti, Società Filologica Friulana, Udine, 1994, pp. 235-246.