Note su don Pietro Cella e l'Archivio
storico della Carnia

Sacerdote, mansionario di Givigliana, storico, funzionario dello stato fascista.

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Scarica questo file (Cella110.pdf)Note su don Pietro Cella e l´Archivio storico della Carnia[versione 1.1.1 del 7-8-2016 ]830 Downloads

Memorie di Givigliana

Anche ai libri di storia più seriosi accade talvolta di assumere, per i motivi più vari, ruoli e funzioni particolari. La Storia della Carnia di Pio Paschini, per esempio, a un certo punto divenne, come osservò Giorgio Ferigo, «il manuale di ogni carnico — giovane e meno giovane — che si interessasse di storia, almeno fino a tutti gli anni Settanta»1; qualcosa di più, insomma, di un comune libro di storia locale.

In modo analogo, per i giviglianotti e i loro discendenti sparsi in ogni angolo del mondo le Memorie di Givigliana di don Pietro Cella sono divenute un testo fondante, radice e alimento, ad un tempo, della memoria e della identità comunitarie. Non può essere un caso, quindi, che l'unica traduzione finora disponibile di quest'opera2 si debba ad un giviglianotto — Piari di Vau, alias Pieri Pinčan/Pierino Pinzan, cultore di storia locale ed estremo paladino di Givigliana — che l'ha resa in rigoladotto, radicandola definitivamente nel luogo di cui tratta3.

Memorie di Givigliana Memorios di Gjviano

Primo componimento storico, almeno in apparenza, di don Pietro Cella, venne edito nel 1928 dal Premiato Stabilimento Tipografico L. Lukežič di Gorizia «per festeggiare la faustissima sagra della Messa nuova del Sac. Della Martina Amedeo»4, ultimo giviglianotto, «a distanza di centoventisei anni dalla morte di P. Giacomo Gortana»5, a vestire l'abito talare.

Si presenta modestamente, come

piccolo studio sul paese di Givigliana in tutte le sue vicende, dalle origini fino al giorno d'oggi […] È l'umile studio della vita del popolo, che non ha grandi fatti da portare all'ammirazione del pubblico, e si svolge lenta ed oscura, ma potente. Si manifesta nei costumi e nelle istituzioni, che sono il capolavoro dei paesi, nelle vicende della proprietà, nella fortuna delle famiglie6.

Dotato di una scrittura limpida ed efficace, per comporlo Pietro Cella sfruttò non solo gli archivi canonici, ma anche quelli privati, della «famiglia del fu Giovanni Gortana Denèl che, fra le altre, offrì senza ombrosità la maggior copia di carte che rese possibile la compilazione di questo opuscolo»7, in particolare. Egli poté inoltre giovarsi delle conoscenze, e della dimestichezza col luogo e con le persone, acquisite nel corso di un lungo e tormentato periodo, «dall'otto settembre 1912 fino al 30 novembre 1923»8, vissuto sul posto in qualità di mansionario9.

Le altre opere

Per quanto brevi, basterebbero le Memorie di Givigliana, da sole, a rendere degna di attenzione la figura di Pietro Cella; ma i suoi meriti nel campo degli studi storici non si fermano qui, posto che la Storia della scuola in Carnia e Canal del Ferro, pubblicata nel 1940, rimane a tutt'oggi un punto di riferimento autorevole e, per molti versi, insuperato10.

Storia della scuola in Carnia La scuola festiva artistica di Ravascletto

Già qualche anno prima, con l'articolo La scuola festiva artistica di Ravascletto, 1852-187211, edito nel 1935, si era cimentato su questo tema.

Egli fu, inoltre, un sottile, ironico, ancorché parsimonioso, narratore in friulano; le storielle e leggende pubblicate sulle riviste della Società Filologica Friulana nel periodo 1929—1936, ben cinque delle quali, uscite nel 1929, sicuramente scritte o ambientate a Circhina/Cerkno e dintorni, divenuta temporaneamente italiana dopo la prima guerra mondiale, sono una decina.

L'Archivio storico della Carnia

Più o meno nello stesso periodo in cui presumibilmente stava scrivendo le Memorie di Givigliana e i primi racconti, don Pietro Cella, che nel frattempo, tra il 1924 e il 1926, aveva recuperato il disperso archivio di Giovanni Gortani, e ricomposto ciò che ne rimaneva12, si occupò di quello che nelle intenzioni avrebbe dovuto trasformarsi nell'Archivio storico della Carnia.

Raccontò quell'esperienza in un denso opuscoletto intitolato Il dott. Giovanni Gortani e l'archivio storico della Carnia edito, dopo aver ottenuto l'imprimatur nell'agosto del 1929, dal Premiato Stabilimento Tipografico L. Lukežič di Gorizia nel 193013.

In esso tracciò un pregnante ritratto critico di Giovanni Gortani e ripercorse le travagliate vicende della collezione numismatica, del museo di antichità carniche e dell'archivio vero e proprio — prima snobbati dalle istituzioni, poi dimenticati, infine, nell'anno dell'invasione, pesantemente saccheggiati e dispersi dalla gente del posto, dagli invasori e dai liberatori14 — dalla sua morte, quando tutto era «intatto e ordinatissimo»15, alla ricomposizione.

Quest'ultima non fu impegno da poco:

Ripugna a parlare del lavoro di riesumazione, tanto fu ingrato. Entrare non desiderati in tutte le porte, esporsi ai malestri ed alle più varie dicerie, divenire la favola del vicinato, non è cosa da sopportarsi ridendo. Ma urgeva non lasciar fuggire l'occasione propizia. Certe famiglie si adombravano e non c'era caso di farle uscire dalla diffidenza; cert'altre sfuggivano alle richieste o sorridevano commiserando a tanta briga. Non mancarono le aperte ostilità, le paroline pungenti; una donnina schiamazzò a lungo e fece il diavolo a quattro fra le comari contro l'importuno inquisitore. Ma a onor del vero ci fu anche il buono. Molte furono le indicazioni date, se ben per lo più vaghe, ed alla prova fallaci. Qualche famiglia fu premurosa e perfino riconoscente della buona impresa. Esemplari furono le figlie del Gortani stesso16.

Sunteggiò il lavoro svolto in un «Prospetto dei manoscritti esumati e che formano la consistenza dell'Archivio storico della Carnia - Oltre ai documenti non ancora descritti»17 da comparare, per cogliere l'entità di ammanchi e perdite, con l'«Elenco dei manoscritti e dei documenti che esistevano nell'Archivio domestico del dott. Gortani - tratto da sue note non definitive»18.

La parte conclusiva la riservò, invece, alla Funzione dell'Archivio storico19, immaginato come «una istituzione ed una partita aperta, un vivaio, non un cimitero», e «un cenacolo di cultura carnica, di ogni ramo, che ne raccolga gli studiosi. I quali studiosi per ora svolgono opera slegata, ognuno per proprio conto e quasi all'insaputa gli uni degli altri, senza organizzazione, senza intesa, e coi danni insiti alla disorganizzazione». Il suo discorso su questo tema, svolto con i toni appassionati dell'appello, del manifesto programmatico a tratti consapevolmente illuministico ed esortativo, non ha perso attualità. Potrebbe venir ripreso oggi pari pari, solo adeguandolo alla tecnologia ora disponibile, in particolare alle potenzialità liberate dalla digitalizzazione e alla facilità di lavorare efficacemente in rete via web, salvaguardando singolarità e autonomie senza cedere alle, sempre incombenti, dispersioni particolaristiche.

Funzione primaria dell'Archivio è la raccolta delle «memorie di qualche importanza che riguardano la Carnia». Così «quelli che hanno delle memorie da salvare sapranno d'ora in poi dove affidarle, almeno in copia, da custodire» fidando su «una certa maggiore garanzia […] che deriva dall'essere l'Archivio elevato ad ente pubblico, retto e sorvegliato da un consiglio di persone degne, e posto sotto la tutela dello Stato». L'Archivio, pur rivolgendosi in particolare agli studiosi, sarà aperto a tutti. All'opera di raccolta di memorie cronistoriche dovrebbero collaborare attivamente i parroci, obbligati alla tenuta del libro storico, i maestri e i direttori didattici, che redigono annualmente la cronaca della scuola, i comuni, opportunamente sollecitati a comporre un sommario dell'attività svolta nell'anno. Da parte sua «l'Archivio terrà un suo libro della cronaca generale una specie di protocollo storico» e cercherà di «scovare i depositi di notizie rimasti inesplorati», appellandosi «a tutti gli appassionati di cronistoria carnica, noti e ignoti, perché si facciano avanti, essi che dell'Archivio dovranno essere gli alimentatori più fedeli».

Non sarà semplice. Non è da illudersi circa la facilità di questo primo gravissimo impegno dell'Archivio, e un certo qual senso di riserva si impone. A ogni modo sono voti doverosi. […] La Carnia non sarà tutta sorda. Sorgeranno, si spera, i cirenei che per amore della loro terra si addosseranno anche la croce di questa impresa20.

La seconda funzione dell'Archivio «sarà quella di organo propulsore di studi cronistorici sulla Carnia». Si tratterà di scovare, sollecitare e incoraggiare ricercatori, collaboratori, dottorandi a «portare alla luce ed ordinare gli elementi vitali della storia e della vita del popolo e dimostrarne la fecondità».

Non pochi paesi hanno dei ricercatori, per lo più solitari ed oscuri, delle loro origini e vicende; ricercatori che talora si arrestano o si smarriscono per mancanza di indicazioni e di incoraggiamenti. L'Archivio storico può offrire loro il suo materiale, dove tutti troveranno traccie di quanto li interessa, ma dove tutti ancora si accorgeranno che per lo più, a rifinire le monografie particolari, si impongono ulteriori ricerche nei nascondigli delle carte dimenticate per le vecchie case o nei filoni della tradizione e della leggenda, e soprattutto un quadro vivo della vita presente. C'è della gente che per essere indotta a collaborare ha proprio bisogno dello stimolo, si tratti di timidi o si tratti di dormienti, e lo stimolo basta. […] A ogni modo, se anche i collaboratori non sorgeranno in pieno quasi per miracolo, non si avrà nemmeno, per poco che si lavori, la desolazione totale del deserto. E sarà tutto guadagnato21.

L'archivio storico della Carnia L'archivio storico di Arta

Ma quando venne effettivamente istituito l'Archivio storico della Carnia? Don Pietro Cella apre la prefazione all'opuscolo con un'affermazione — «Finalmente si riesce ad inaugurare l'ARCHIVIO STORICO DELLA CARNIA22» — che non lascia adito a dubbi sulla coincidenza con la data di pubblicazione (1930) dello stesso, rafforzata da riferimenti diretti alla natura giuridica della nuova istituzione e alla sua sede, «in una sia pure modesta aula del Municipio di Arta»23, e da una forte volontà di pubblicizzazione dell'evento:

E quest'opuscolo che si dà fuori per l'occasione, vuol essere ben altro che un tardivo elogio funebre o un freddo marmo sulla tomba di Gortani stesso. È uno scritto che per merito dell'argomento pretende, e non è pretesa, di farsi leggere per tutta la Carnia…24.

Ma non tutto dovette andare per il verso auspicato se il 23 settembre 1934, a oltre quattro anni di distanza, in occasione del convegno annuale della Deputazione di Storia Patria, svoltosi ad Arta «per inaugurare l'Archivio storico ricostituito»25, don Pietro Cella pensò di pubblicare una nuova versione dell'opuscolo26, ampiamente rimaneggiata. Senza fare alcun cenno a quella precedente27, modificò il titolo, sintetizzò le vicende dell'archivio omettendo aneddoti e riferimenti a singoli eventi, rielaborò l'«Elenco di manoscritti riesumati che si conservano nell'archivio di Arta», aggiunse una sezione su «D. Pietro Siccorti», e, soprattutto, omise del tutto l'appassionata perorazione sulla «Funzione dell'Archivio storico».

Nel 1934 si svolse, dunque, una cerimonia di inaugurazione dell'archivio che, a questo punto, non si sa bene se fosse la prima oppure una riedizione fatta per ufficializzare qualcosa di già avviato in sordina28. In ogni caso essa sancì la volatilizzazione degli ambiziosi propositi sotto i quali l'archivio era (ri)sorto, vagheggiati appena qualche anno prima. La realtà, insomma, aveva ucciso quello che si era rivelato, e continuerà a rimanere, solo un sogno.

Le traversie sofferte dall'archivio durante la Grande Guerra si ripeterono nel corso della secondo conflitto mondiale, in particolare nel periodo dell'occupazione cosacca, quando la sua integrità venne nuovamente violata29.

Nel 1953, quello che ne rimaneva fu prima affidato in deposito non transitorio alla Biblioteca Civica Joppi di Udine30 e poi, nel 1959, trasferito presso l'Archivio di Stato di Udine, dove attualmente si trova31.

Pensata, creata e riesumata per restare tra le montagne, sembra proprio che, grazie alla formula, negativa e un po' ipocrita, del deposito non transitorio (che starà per a tempo indeterminato, in perpetuo, per l'eternità), la raccolta documentaria di Giovanni Gortani sia destinata a restare lontana dalla Carnia per sempre32.

Una biografia monca

Ma chi era Pietro Cella? Da dove veniva? A fronte di tante citazioni delle sue opere, non esiste nessuno studio, nemmeno una tesi di laurea, su di lui e sulle sue opere.

Ecco il profilo che ne dà il Dizionario biografico friulano:

CELLA Pietro — sacerdote, maestro, storico (n. Cadunea, Tolmezzo 1887 - m. post 1940). Esercitò il ministero a Givigliana, Arta, Pontebba e Comeglians dove ricoprì anche l'incarico di direttore didattico. Collaborò in friulano alle riviste della Società filologica friulana. Pubblicò, tra l'altro, Memorie di Givigliana (Gorizia 1928), tradotte in friulano da P. Pinzan, e Storia della scuola in Carnia e Canal del Ferro (Tolmezzo 1940)33.

Poche e scarne notizie la cui vacuità appare quasi esaltata dalla vaghezza in cui è avvolta la data di morte («post 1940»), tanto da far sorgere il sospetto di un'allusione a qualcosa di indicibile.

E in effetti qualcosa di scomodo (… almeno a partire dall'8 settembre 1943) Pietro Cella ce l'aveva, ed era costituito dalla sua convinta adesione al fascismo.

In alcuni punti delle Memorie di Givigliana traspare una profonda avversione al socialismo34, che potrebbe lasciar spazio per ipotizzare una contiguità col fascismo di tipo meramente strumentale, magari in funzione di contrapposizione all'ateismo e all'anticlericalismo di matrice marxista, come accadde a molti cattolici, anche non inquadrati nel clero. Ma per Pietro Cella, cui certamente l'ingenuità non s'addiceva, questa motivazione è palesemente insufficiente, in quanto egli abbinò l'appartenenza al clero con l'inquadramento nei ranghi della burocrazia statale e con un aperto, attivo e convinto, sostegno al nuovo regime.

Perfino nei suoi raccontini friulani non mancano gli accenni positivi al fascismo. Se in Al Cogliàns (1936) il riferimento al Duce è inserito in un contesto ironico e apparentemente neutro35, ecco, invece, l'inequivocabile conclusione di Not d'avòst (1936) dedicata a Silverio36 che si rifiuta di resuscitare:

Operaris e soldaz di duçh i timps, scaltait: Silverio, il veçhio çhiargnel, nol à vulùt risuscitâ. Po ben, saveiso ce? Za che vuei a Paluce a è la sagre da Furlanie, anin lajù a jodi i nostis fruz vistîz da Balile, ornamènt da fieste e nove storie e nove poesie da Çhiargne. Nus contaràn lôr se il mont al è cambiât37.

Nel capitolo finale della sua opera maggiore, dedicato alla scuola fascista, l'appoggio al regime, congiunto e un sorta di integralismo fondamentalista cattolico, viene esplicitato e rivendicato con chiarezza. I passi che si potrebbero citare sono numerosi, ma ci fermeremo all'incipit:

In novembre del 1923, giusto un secolo dopo la fondazione definitiva in Friuli della scuola pubblica fu attuata la riforma fascista.
Con essa si aprì la terza fase della scuola di Stato, la fase della raggiunta autonomia spirituale ed amministrativa.
Con perfetto stile fascista, e cioè con risolutezza e celerità insolite negli annali della scuola, la riforma venne promulgata e posta in atto nel breve giro d'un anno, ed all'infuori di ogni dibattito parlamentare e d'ogni campagna di stampa. Passò originariamente sotto il nome del filosofo idealista Giovanni Gentile, allora Ministro dell'Istruzione, e come portato dalla sua dottrina, ma senza che mai il Fascismo ne abbia veramente sposata la teoria. La riforma si è in seguito sviluppata e perfezionata con assoluta indipendenza fascista.
Il cuore della riforma sta nella franca restaurazione dei principi spirituali.
Debellati i vecchi divieti dell'agnosticismo laico, la scuola fu rimessa in pieno nella corrente della vita nazionale. I principi di fede e d'autorità, sia soprannaturali della Chiesa che naturali della Patria, furono rimessi in onore, al primo rango dei valori spirituali, e con essi furono armonizzati i corrispondenti principi di scienza e libertà, professati con abuso nella fase laicista.
Aperto l'orizzonte alla libera luce di Dio, fonte d'ogni bene, la scuola si accinse alla grande opera del suo rinnovamento.
L'insegnamento religioso fu restituito con onori di primo posto e di norma d'ogni altro insegnamento. Non molte furono le ore destinate all'istruzione religiosa, ma tuttavia non minori di quanto prescrivevano, ai loro tempi, il Regolamento Organico lombardo veneto e la Legge Casati.
Senonché la riforma fascista porta un'alta impronta di superiorità, in quanto affida tutto l'insegnamento elementare all'ispirazione religiosa in senso strettamente cattolico38.

Anche per questo aspetto, certamente non secondario della sua figura, Pietro Cella meriterebbe di essere studiato39.

Tracce e indizi

In assenza di ritratti fotografici, possiamo figurarci vagamente l'aspetto fisico del Pietro Cella giovane sfruttando i dati biometrici e descrittivi raccolti durante le visite di leva cui si sottopose nel 1907, 1908 e 190940: - altezza 174 cm; - torace 78 cm; - capelli castani lisci; - occhi castani; - dentatura guasta; - colorito bruno. Dalla stessa fonte apprendiamo che era figlio di Leonardo Cella e Maria Nin e che, in quegli anni, era studente.

Il luogo e la data di morte, la data di ordinazione sacerdotale e altre notizie su di lui ci sono state procurate dal dottor Faustino Nazzi, che ringraziamo per la sua disponibilità e gentilezza. Egli dall'esame della Rivista diocesana di Udine e gli Stati Personali del Clero Udinese, ha tratto le seguenti, preziose, informazioni:

Ebbene scorrendo quella raccolta [della Rivista diocesana] sono giunto al necrologio di don Pietro Cella:

 

Sac. Pietro Cella, nato a Cadunea nel 1887, ordinato nel 1912, fu Cappellano di Givigliana, Economo Spirituale della Pieve di Santa Maria di Gorto, Delegato Arcivescovile di Forni a Voltri, Cappellano di Arta, Delegato di Cadunea. Ultimamente ricopriva la carica di Direttore Didattico di Tolmezzo. Si spense lentamente nell'Ospedale Civile di Tolmezzo il 24 gennaio 1948.

Dallo spoglio dei singoli numeri della Rivista e da qualche Stato Personale del Clero dell'Arcidiocesi di Udine disponibile risultano queste altre indicazioni.
La sua ordinazione è avvenuta il 23 marzo 1912 nella chiesa del Seminario di Udine (p. 118).
Il 25 luglio del 1914 ed ancora nel luglio del 1915 è sollecitato a dare gli esami quadriennali, cioè un ripasso delle materie degli ultimi quattro anni di teologia per rinverdire le nozioni apprese in funzione pastorale. In quel momento risulta ancora cappellano di Givigliana (p. 114).
Nel 1916 è soldato di sanità, nominato l'anno prima insieme ad altri 131 confratelli (p. 203) ed ora rinviato come inabile (p. 223). Nello stesso anno non ha ancora sostenuto tutti i quattro i famosi esami quadriennali e siccome è esentato dal servizio militare li deve sostenere (p. 239).
Non risulta nel 1917 tra i sacerdoti profughi durante l'occupazione austro-germanica del Friuli (p. 12/21).
L'arcivescovo mons. Anastasio Rossi nel 1919 rinnova il permesso ai sacerdoti di acquisire la patente di maestri (p. 147).
Ancora un richiamo nel 1920 per non aver sostenuto tutti gli esami quadriennali (p. 167).
Non appare nell'elenco del clero in cura d'anime del 1926 (p. 195). Nello Stato Personale del Clero di Udine del 1931, cappellano di Givigliana dall'anno prima è don Amedeo della Martina, mentre don Cella è direttore didattico a Pontebba.
Dalla Rivista Diocesana del 1934 don Cella è delegato arcivescovile in Cadunea, succedendo già nel 1932 (p. 11) a don Tommaso Calderini che fungeva da vicario fin dal 1925.
Delegato Arcivescovile di Cedarchis e Cadunea nel 1937 è don Dante Minzolini (p. 211).
Don Cella non è citato nello Stato Personale incluso nella Rivista del 1939.
Non abbiamo altre notizie nelle due fonti citate fino al necrologio del 1948 sopra riportato41.

Così come la voce del Dizionario biografico friulano, anche il necrologio della Rivista diocesana tradisce una buona dose di reticenza. Le locuzione «ultimamente ricopriva la carica di Direttore Didattico di Tolmezzo» buttata lì, dopo il minuto elenco degli incarichi ecclesiastici, quasi solo per ragioni di prossimità temporale, seguita da quel «si spense lentamente», che evoca una morte per consunzione naturale o per vecchiaia, quando, invece, Pietro Cella aveva appena varcato i sessant'anni, nonché l'assenza di qualsiasi cenno alla sua attività di studioso, sono spie, indirette ma abbastanza chiare, d'imbarazzo.

Pierino Pinzan, in una breve nota posta in calce alla sua traduzione delle Memorie di Givigliana, fornisce qualche ulteriore dettaglio biografico:

Pre Piari Cella al ero našut a Cjadunêo lu 16.10.1887. Al è rivât Manšionari a Gjviano lu 8.9.1912 e al è reštât fin al 30.11.1923 trašferintši a Circhina, cumò in Jugošlavio. Da ì al è passât a Puntêbo epò como Diretuor Didatic a Comalians42.

Lasciato l'incarico di mansionario di Givigliana, assunto poco dopo l'ordinazione sacerdotale, Pietro Cella si sarebbe, quindi, subito trasferito (già nel 1923) a Circhina/Cerkno. La notizia sembra verosimile, anche se al momento mancano prove inconfutabili in grado di avvalorarla pienamente; ecco gli indizi, diretti e indiretti, che sembrano confermarla:

  • il suo nome, come rilevato da Faustino Nazzi, non compare nell'elenco del clero in cura d'anime del 1926, il che, pur non provando alcunché, è comunque coerente con l'eventuale trasferimento a Cerkno;
  • nel febbraio 1927 la presenza a Cerkno è sicura, in quanto subentra a certo Chierego, del quale era stato vice, nella carica di Direttore didattico43, ed è ulteriormente confermata alla fine dello stesso anno, quando diviene segretario della sezione locale dell'Anif (Associazione nazionale insegnanti fascisti)44;
  • Miroslav Zorn45, cappellano di Cerkno dal 1927 al 1930, impegnato nella resistenza all'opera snazionalizzatrice dello Stato italiano, ricorda la sua presenza in quel periodo come direttore didattico e sacerdote46. Quasi per ironia, la sorte volle che Miroslav (Mirko) Zorn, nel secondo dopoguerra, ripercorresse a ritroso il tragitto di don Pietro Cella, fino a divenire, dal 1947 all'estate del 1952, mansionario di Givigliana47;
  • nel 1929 Pietro Cella firma alcuni racconti in friulano da quella località e pubblica I lusìnz di Otàles, in cui riporta tre leggende slovene raccolte a Ottales/Otalež48.
  • infine, anche la pubblicazione (nel 1928 e nel 1930) di due sue opere dal contenuto strettamente locale (carnico) presso il Premiato Stabilimento Tipografico L. Lukežič operante a Gorizia, ovvero in una zona eccentrica rispetto a quella d'interesse, va verosimilmente connessa alla permanenza a Cerkno, che invece gravitava su Gorizia (su Ludvik Lukežič si veda la nota biografica stesa da Mirko Humar per il «Primorski slovenski biografski leksikon», Goriška Mohorjeva Družba, Gorizia 1983, vol. 9, pp. 314-315).

Il 1923 è l'anno in cui, per usare parole di Pietro Cella, «con perfetto stile fascista, e cioè con risolutezza e celerità insolite negli annali della scuola, […] venne promulgata e posta in atto nel breve giro d'un anno, ed all'infuori di ogni dibattito parlamentare e d'ogni campagna di stampa49» la riforma Gentile.

La nuova legge, imponeva l'uso dell'italiano in tutte le scuole elementari del regno, relegando in secondo piano le lingue delle minoranze, e all'articolo 17 stabiliva che già «a cominciare dall'anno scolastico 1923-24, in tutte le prime classi delle scuole elementari alloglotte l'insegnamento sarà impartito in lingua italiana»50.

L'impatto nelle zone slovene da poco annesse all'Italia fu devastante. «Gli insegnanti elementari per poter continuare ad insegnare nelle scuole italianizzate dovevano superare un esame entro l'aprile del '24, ma molti vennero allontanati prima, essendo i licenziamenti in massa iniziati già dall'ottobre 1923»51. Nel 1927 le scuole medie slovene erano scomparse52.

Il trasferimento a Circhina/Cerkno di don Pietro Cella avvenne in questo contesto; si può ipotizzare, anzi, che si sia trattato di uno spostamento volontario, su domanda, favorito dalle incentivazioni previste per i maestri che raggiungevano le nuove zone di confine. In questo luogo iniziò la sua carriera di direttore didattico.

Tra il 1925 e il 1926 si occupò anche del recupero della raccolta documentaria di Giovanni Gortani, ma dovette trattarsi di un impegno svolto non a tempo pieno, nei periodi di chiusura delle scuole e di rientro in Carnia53.

Sia come sia la sua permanenza a Cerkno dovette terminare verso il 1930, in quanto l'anno successivo lo troviamo a Pontebba come direttore didattico54 e nel 1932 a Cadunea, suo borgo natale, come delegato arcivescovile55.

Stando ai vividi ricordi di Pierino Pinzan, nel 1935 era direttore didattico a Comeglians56. Concluse le sua carriera di dipendente pubblico come direttore didattico a Tolmezzo, ma non sappiamo quando venne nominato e per quando tempo rivestì questa funzione57.

Anche le durate e la consistenza dei suoi incarichi ecclesiastici (Cappellano di Givigliana, Economo Spirituale della Pieve di Santa Maria di Gorto, Delegato Arcivescovile di Forni Avoltri, Cappellano di Arta, Delegato di Cadunea) sono, Givigliana a parte, tutte da definire.

Appello finale

Per la sua consuetudine con gli studi storici, c'è da credere che Pietro Cella abbia lasciato, alla sua morte, un ricco archivio — che sarebbe bello ritrovare, ordinare, rendere accessibile e valorizzare — incentrato soprattutto sulla storia della scuola in Carnia. La morte, infatti, non dovette coglierlo impreparato, dato che scorrendo l'inventario dell'Archivio parrocchiale della pieve matrice di San Pietro in Carnia di Zuglio scopriamo un fascicolo (Cartolare n. 163) intitolato Lascito pratica di D. Pietro Cella, contenente documenti del periodo 1946-4858.

Terminiamo questa rassegna d'indizi — che ci auguriamo possa invogliare qualcuno a cimentarsi in una ricerca approfondita su Pietro Cella, mediante l'esplorazione degli archivi parrocchiali, comunali, dei provveditorati agli studi59, delle scuole/direzioni didattiche in cui operò e prestò servizio, e l'approfondimento critico della sua opera di studioso e di narratore — facendo appello a tutti coloro che possiedono notizie, informazioni, documenti, fotografie, ricordi, anche vaghi e di seconda mano, su di lui a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Appendici

Fotografie

Gruppo con Pietro Cella

Si riconoscono don Pietro Cella, Carmelo Bruno Russello, la maestra Lea Zanier, la maestra Lieta D'Agaro (che diverrà moglie di Carmelo Bruno Russello, madre dello scrittore Bruno, negli anni '30 emigrerà con la famiglia nel Comasco), Enrica D'Agaro (sorella di Lieta, diplomata in ostetricia nel 1920 all'Università di Bologna) e la levatrice Marieta (collezione privata)

Cantores di Givigliana - 29 giugno 1908

Cantores di Givigliana - 29 giugno 1908, festa di san Pietro, patrono di Givigliana (l'anno è di incerta lettura; il sacerdote "sembra" Pietro Cella, che però venne ordinato nel 1912. Nel periodo 1898-1908 cooperatore di Givigliana fu don Luigi della Savia da Rivolto)

Don Pietro Cella

Don Pietro Cella

Opere di Pietro Cella

Saggistica

  1. Memorie di Givigliana, Premiato Stabilimento Tipografico L. Lukežič, Gorizia 1928. — Memorios di Gjviano, voltât dal talian da Piari di Vau,Graphik Studio, Udine 1987.
  2. Il dott. Giovanni Gortani e l'archivio storico della Carnia, Premiato Stabilimento Tipografico L. Lukežič, Gorizia 1930.
  3. Il dott. Giovanni Gortani e l’archivio storico di Arta, Stabilimento Tipografico Carnia, Tolmezzo 1934.
  4. La scuola festiva artistica di Ravascletto, 1852-1872, Arti grafiche Giuseppe Tabacco, San Daniele 1935.
  5. Storia della scuola in Carnia e Canal del Ferro, Libreria editrice Aquileia, Udine-Tolmezzo 1940.

Narrativa

  1. Lu muart de staipo: (dialet ciargnel), in «Ce fastu?», a. 5 (1929), n. 2, p. 22-23.
  2. I lusìnz di Otàles: (lejende slovene), in «Ce fastu?», a. 5 (1929), n. 4, p. 58-61.
  3. L'Anticrìst da lu Comeli: (dialèt di Guart), in «Ce fastu?», a. 5 (1929), n. 6, p. 92-94.
  4. Nel regno delle leggende. Liendes di vuere, in «Ce fastu?», a. 5 (1929), n. 8, p. 129-132.
  5. Liendes di vuere (dialèt dal Cianal di S. Pieri), in «Ce fastu?», a. 5 (1929), n. 9, p. 149-153.
  6. Il Salvàn da Marùe, in «Ce fastu?», a. 5 (1929), n. 12, p. 211-213.
  7. Las ombres da vuere: (dialetto di Rigolato [sic!] ), in «Ce fastu?», a. 6 (1930), n. 3-4, p. 68-69.
  8. Ombres da vuere: (dialet dal Çhianal di San Pieri, in Chiarnie), in «Ce fastu?», a. 10 (1934), n. 5-6, p. 152-155.
  9. Idòneo, in «Il strolic furlan», a. XVI (1935), pp. 52-55.
  10. Al Cogliàns, in «Ce fastu?», a. 12 (1936), n. 1-2, p. 10-15.
  11. La not d'avòst, in «Ce fastu?», a. 12 (1936), n. 7, p. 208-209.

Funzione dell'Archivio storico

Si trascrive l'intera sezione, così intitolata, dell'introvabile opuscolo Il dott. Giovanni Gortani e l’archivio storico della Carnia.

Funzione dell'Archivio storico
L'Archivio storico della Carnia vuol essere, per il presente e futuro, una istituzione ed una partita aperta, un vivaio, non un cimitero.
Deve vivere e svilupparsi, non giacere nel sonno dei morti.
Vivere come cenacolo di cultura carnica, di ogni ramo, che ne raccolga gli studiosi.
I quali studiosi per ora svolgono opera slegata, ognuno per proprio conto e quasi all'insaputa gli uni degli altri, senza organizzazione, senza intesa, e coi danni insiti alla disorganizzazione.
La prima mira dell'Archivio sarà quella di continuare a raccogliere le memorie di qualche importanza che riguardano la Carnia.
Questa funzione è essenziale e va organizzata.
Le memorie disperse·qua e là per i paesi vanno incontro a sicure distruzioni o perdite, e nel passato, remoto e prossimo, ciò è avvenuto fin troppo spesso, sia per incuria, per ignoranza o pregiudizi di privati, sia perché spesso non si sapeva dove porre al sicuro quei documenti. La stessa sorte, recentissima, dell'Archivio Gortani, ne è la più grave riprova.
Gli archivi parrocchiali furono·sempre i migliori asili per le memorie del passato, ma anche là o incendi o topi o altro, compresa certa trascuranza di parroci, fecero scomparire cose preziosissime.
Quelli che hanno delle memorie da salvare sapranno d'ora in poi dove affidarle, almeno in copia, da custodire.
Non s'intende con questo di garantire all'Archivio una sicurezza assoluta ed eterna; le cose umane son sempre umane: ma una certa maggiore garanzia sì, garanzia che deriva dall'essere l'Archivio elevato ad ente pubblico, retto e sorvegliato da un consiglio di persone degne, e posto sotto la tutela dello Stato.
Giustizia vuole poi che le memorie vi siano nella maggior copia possibile depositate a comodità degli studiosi, che altrimenti difficilmente se le potrebbero procurare, perché l'Archivio è aperto a tutti.
Da qualche tempo, in alcuni rami della vita pubblica, si nota un vero risveglio nella cura di conservare o assicurare le memorie cronistoriche man mano che i fatti si svolgono. I parroci hanno l'obbligo del libro storico della parrocchia; i maestri, nella cronaca della scuola, segnano anno per anno i fatti e lo sviluppo della vita scolastica. L'Archivio storico conta di avere collaborazione e soccorso dalla rete in buona parte salda e capace dei parroci e da quella anche più fitta ma più debole dei maestri, sebbene non essendo nemmeno la cronistoria cosa da tutti, i loro scritti si presentino talora viziati da vedute meschine o partigiane.
I direttori delle scuole, riassumendo le cronache, potrebbero fornire anno per anno un quadro sostanzioso della vita scolastica della Carnia.
Ma sarebbe opportuno che anche ogni comune tenesse un suo libro storico.
Il Consiglio dell'Archivio cercherà di provocare annualmente dai comuni un breve sommario dell'attività svolta nei vari rami dell'amministrazione. Per il presente l'Archivio terrà un suo libro della cronaca generale una specie di protocollo storico, dove in breve saranno annotate le notizie man mano che vengono conosciute; cercherà di procurarsi in copia la documentazione dei fatti più importanti; acquisterà copia di tutte le pubblicazioni relative alla Carnia, di qualunque genere esse siano.
L'Archivio intende anche di arrivare dove non giunse il Dott. Gortani, cioè a scovare i depositi di notizie rimasti inesplorati e completare con essi, o continuare gli annali.
Per questo fa appello a tutti gli appassionati di cronistoria carnica, noti e ignoti, perché si facciano avanti, essi che dell'Archivio dovranno essere gli alimentatori più fedeli.
Si sa che la molla dei miglioramenti della Carnia è stata e sia in massima parte nella libera iniziativa dei privati e dei paesi. Le provvidenze pubbliche sono state sempre molto scarse.
Ma fra il popolo è scarsa ed incerta e spesso mancante la consuetudine di lasciare memoria scritta delle sue opere migliori, ed il merito di quelle iniziative sfugge, di conseguenza per lo più alla conoscenza comune. Quelle qualunque memorie che pure restano stanno nascoste nelle case private e spesso scompaiono. Eppure sono esse gli elementi migliori della .storia del popolo e si devono ricuperare.
I liberi ricercatori e cronisti, esaminando pazientemente le carte dei paesi, registrando le notizie vive della tradizione popolare, recente e remota, riusciranno a ricostituire il quadro della vita dei paesi e delle istituzioni.
Non è da illudersi circa la facilità di questo primo gravissimo impegno dell'Archivio, e un certo qual senso di riserva si impone.
A ogni modo sono voti doverosi. Voti che vorrebbero riprendere l'attività spiegata dal Dott. Gortani e a cui, verso la fine, non bastavano più le sue sole forze, essendosi il compito di troppo allargato.
A disturbare il pubblico c'è da tirarsi addosso sorrisi, ire e altro, ma non per questo è lecito di ristare.
La Carnia non sarà tutta sorda.
Sorgeranno, si spera, i cirenei che per amore della loro terra si addosseranno anche la croce d i questa impresa.
Per ora c'è molto lavoro interno da sbrigare nell'Archivio stesso, e cioè la sistemazione dei documenti disordinati e la trascrizione di quelli i cui manoscritti sono smarriti.
C'è poi da fare l'indice degli Annali.
E a lungo andare saranno da raccogliere gli indici di informazioni degli archivi notarili e degli archivi di Stato per ciò che concerne la Carnia e possibilmente gli estratti degli atti.
La seconda funzione dell'Archivio, corrispondente alla fase costruttiva e di avviamento alla storia vera della Carnia, sarà quella di organo propulsore di studi cronistorici sulla Carnia.
S'è già detto che il Dott. Gortani, con eroica risoluzione, sulla massa dei documenti trascritti cominciò ad un certo punto a tracciare degli schemi di monografie particolari su molti paesi di tutta la Carnia, citando i documenti che li riguardano ed aggiungendo in copia certe memorie loro speciali. Il vastissimo impegno va ripreso ed affidato, qua e là, a delle persone che possano aggiornarlo e portarlo o compimento. Sacerdoti e maestri sono singolarmente indicati per questo ufficio.
Non pochi paesi hanno dei ricercatori, per lo più solitari ed oscuri, delle loro origini e vicende; ricercatori che talora si arrestano o si smarriscono per mancanza di indicazioni e di incoraggiamenti. L'Archivio storico può offrire loro il suo materiale, dove tutti troveranno traccie di quanto li interessa, ma dove tutti ancora si accorgeranno che per lo più, a rifinire le monografie particolari, si impongono ulteriori ricerche nel nei nascondigli delle carte dimenticate per le vecchie case o nei filoni della tradizione e della leggenda, e sopratutto nel quadro vivo della vita presente.
C'è della gente che per essere indotta a collaborare ha proprio bisogno dello stimolo, si tratti di timidi o di tratti di dormienti, e lo stimolo basta. Il Dott. Gortani stesso ebbe molti collaboratori o aiutanti. Perché si dovrà disperare ora?
A ogni modo, se anche i collaboratori non sorgeranno in pieno quasi per miracolo, non si avrà nemmeno, per poco che si lavori, la desolazione totale del deserto. E sarà tutto guadagnato.
Fra i più esperti studiosi sarà poi necessario che si dia mano a delle monografie storiche di carattere più generale. Finora è abbastanza ricca di cultori e di monografie solo la storia religiosa della Carnia, per opera sopratutto di dotti sacerdoti, sebbene manchi anche in questo campo una vera opera d 'insieme.
Gli studi cronistorici generali s'impongono per avvicinare alla vera storia della Carnia, storia di popolo che per lo più ha dovuto fare da sè, o, peggio, ha dovuto vivere faticosamente sopportando le molestie delle diverse dominazioni, da sé ha dovuto trarre le risorse per campare, da sè ha dovuto svilupparsi ed istruirsi. Quegli studi dovranno portare alla luce ed ordinare gli elementi vitali della storia e della vita del popolo e dimostrarne la fecondità.
Ecco alcuni argomenti che vanno svolti:
La vita economica in Carnia; il lavoro; i mestieri e l'emigrazione; le strade come fattori di sviluppo; la proprietà e le sue vicende; piccole industrie; commercio e mercati; usi e costumi scomparsi; usi e costumi che sopravvivono; rivalità e campanilismi; le abitazioni; le amministrazioni pubbliche; la vita religiosa e morale; la scuola e l'istruzione; la beneficenza; le arti; letterati e letteratura carnica.
I futuri dottori potrebbero farne oggetto di studio per le tesi di laurea, come già qualche esempio si è avuto, ed altri uomini maturi oggetto di serie ricerche ed esercitazioni.
Tutto questo ci vuole per preparare la vera storia della Carnia.
L'Archivio cercherà di rifarsi del tempo perduto.
Esso, come s'è già detto, è aperto a tutti, si appella a tutti.
Sarà fortuna se incontrerà favore, se riuscirà a polarizzare attorno di sè gli studiosi di cose carniche, se avrà la virtù di suscitare nuove energie.
Un consiglio dell'Archivio, sarà indispensabile, per ogni buon conto.
I compiti si preciseranno man mano che l'istituzione si svilupperà.
La Società Friulana di Storia Patria ne darà mano e Consiglio.
E Dio ne sia propizio. 
Pietro CELLA, Il dott. Giovanni Gortani e l'archivio storico della Carnia, Premiato Stabilimento Tipografico L. Lukežič, Gorizia 1930, pp. 30-33.

Sinossi biografica

  • 1887
    • 16 ottobre: Pietro Cella nasce a Cadunea da Leonardo e Maria Nin60.
  • 1907
    • Si sottopone alla visita di leva; dichiara di essere studente. Vengono rilevati i seguenti dati: - altezza 174 cm; - torace 78 cm; - capelli castani lisci; - occhi castani; - dentatura guasta; - colorito bruno61.
  • 1908
    • Seconda visita di leva (revisione)62.
  • 1909
    • Terza visita di leva (revisione)63.
  • 1912
    • 23 marzo: viene ordinato sacerdote nella chiesa del Seminario di Udine64.
    • 8 settembre: diviene mansionario di Givigliana65.
  • 1914
    • 25 luglio: «è sollecitato a dare gli esami quadriennali, cioè un ripasso delle materie degli ultimi quattro anni di teologia per rinverdire le nozioni apprese in funzione pastorale»66.
  • 1915
    • Luglio: è nuovamente sollecitato a dare gli esami quadriennali67.
    • È nominato soldato di sanità insieme ad altri 131 confratelli68.
  • 1916
    • Non ha ancora sostenuto tutti i quattro i famosi esami quadriennali e siccome è esentato dal servizio militare li deve sostenere69.
  • 1920
    • Ancora un richiamo nel 1920 per non aver sostenuto tutti gli esami quadriennali70.
  • 1923
    • 30 novembre: cessa dalla carica di mansionario di Givigliana71.
  • 1925
    • Inizia a occuparsi del recupero dell'archivio di Giovanni Gortani72.
  • 1926
    • Non appare nell'elenco del clero in cura d'anime del 192673.
    • Conclude il recupero dell'archivio di Giovanni Gortani74.
  • 1927
    • Febbraio: si trova a Circhina/Cerkno dove subentra a certo Chierego, del quale era stato vice, nella carica di Direttore didattico75.
    • Dicembre: diviene segretario della sezione locale dell'Anif (Associazione nazionale degli insegnanti fascisti)76.
    • Miroslvav (Mirko) Zorn, cappellano di Cerkno dal 1927 al 1930, destinato a divenire mansionario di Givigliana dal 1947 al 1952, ricorda la sua presenza a Cerkno77.
  • 1928
    • Pubblica le Memorie di Givigliana.
  • 1929
    • Firma da Circhina/Cerkno su vari numeri di «Ce fastu?»: - Lu muart de staipo; - I lusìnz di Otàles; - L'Anticrìst da lu Comeli; - Nel regno delle leggende. Liendes di vuere; - Liendes di vuere (dialèt dal Cianal di S. Pieri); - Il Salvàn da Marùe.
  • 1930
    • Pubblica l'opuscolo Il dott. Giovanni Gortani e l'archivio storico della Carnia e, su «Ce Fastu?», Las ombres da vuere.
  • 1931
    • È direttore didattico a Pontebba78.
  • 1932
    • È delegato arcivescovile a Cadunea, suo paese natale, succedendo a don Tommaso Calderini che fungeva da vicario fin dal 192579.
  • 1934
    • Esce su «Ce fastu?» Ombres da vuere.
    • È ancora delegato arcivescovile a Cadunea80.
    • In occasione del convegno annuale della Deputazione di Storia Patria, svoltosi ad Arta il 23 settembre, pubblica Il dott. Giovanni Gortani e l'archivio storico di Arta.
  • 1935
    • Pubblica La scuola festiva artistica di Ravascletto, 1852--1872 e, su «Il stralic furlan», il divertente racconto Idòneo, avente per protagonista Jacom di Dati, Giacomo Di Qual, il suo nonzolo di Givigliana81.
    • È direttore didattico a Comegliàns82.
  • 1936
    • Escono su «Ce fastu?»: - Al Cogliàns; - La not d'avòst.
  • 1940
    • Pubblica la Storia della scuola in Carnia e Canal del Ferro.
  • 1943
    • Dicembre: il 5 e il 12 celebra messa a Villa Santina83.
  • 1944
    • 23 gennaio: celebra messa a Villa Santina, ed è direttore didattico a Tolmezzo84.
  • 1948
    • 24 gennaio: muore all'ospedale di Tolmezzo85.

Note


  1. Giorgio FERIGO, Lettura/recensione di Alessio FORNASIN, Ambulanti, artigiani e mercanti. L’emigrazione dalla Carnia in età moderna, Verona, Cierre, 1998, in «Quaderni dell’Associazione della Carnia Amici dei Musei e dell’Arte», 6 (1999), pp. 91-92. 

  2. Pietro CELLA, Memorios di Gjviano, voltât dal talian da Piari di Vau, Graphik Studio, Udine 1987. 

  3. Tanto più se, come è stato osservato, la traduzione costituisce una riscrittura e, conseguentemente, il traduttore un coautore. 

  4. Pietro CELLA, Memorie di Givigliana, Premiato Stabilimento Tipografico L. Lukežič, Gorizia 1928, p. 3. 

  5. Ivi, p. 64. 

  6. Ivi, p. 3. 

  7. Ivi, p. 66. In premessa aveva inoltre precisato che si tratta di uno studio sulla storia di Givigliana «per quanto fu possibile ricavarlo dalle memorie, dalla tradizione, dai documenti rimasti, raccolti un po' dovunque per le case e negli archivi della Mansioneria, della Parrocchia, della Pieve», ivi p. 3. 

  8. Ivi, p. 46. 

  9. Per ulteriori dettagli si veda questo sito

  10. «La produzione di studi ed opere sulla storia dell’istruzione in Carnia, seppur meno cospicua rispetto ad altri ambiti, gode di riscontri di rilievo, in modo particolare per i secoli XVIII e XIX. Sul Novecento, fatta eccezione per alcuni seri ma circoscritti contributi, la ricerca rimane ancorata a quella Storia della scuola in Carnia e Canal del Ferro pubblicata da don Pietro Cella nel 1940, tuttora fonte imprescindibile per qualsivoglia approfondimento dedicato al settore, almeno fino ai tempi in essa trattati», Denis BARON, Una storia tra le tante. Le vicende del Giardino d’Infanzia come specchio della società tolmezzina (1885-1973). Prima parte, Direzione Didattica di Tolmezzo, Tolmezzo 2012, p. 23. 

  11. Pietro CELLA, La scuola festiva artistica di Ravascletto, 1852-1872, Arti grafiche Giuseppe Tabacco, San Daniele 1935. 

  12. «La riesumazione avvenne negli anni 1925 e 1926», Pietro CELLA, Il dott. Giovanni Gortani e l’archivio storico di Arta, Stabilimento Tipografico Carnia, Tolmezzo 1934, p. 17; «In ultimo, nel mese di dicembre del 1926 mi fu portato in casa, tolto da una legnaia di cucina dove aspettava il suo turno per accendere il fuoco, il volume su Giulio Carnico e le sue antichità, mutilato di alcune pagine in principio e alla fine», Pietro CELLA, Il dott. Giovanni Gortani e l’archivio storico della Carnia, Premiato Stabilimento Tipografico L. Lukežič, Gorizia 1930, p. 25. 

  13. Ivi

  14. Il saccheggio della casa rimasta vuota per la fuga delle figlie di Gortani, iniziò per opera di «una frotta di fanciulli randagi» i quali prima dispersero la raccolta numismatica e «fecero poi scempio di libri e di mobili». Dalla diffusione della notizia «derivò un accorrere sfrenato di tutta la ragazzaglia dei dintorni, e dalla stanza delle monete passarono alla casetta del museo archeologico, e l’armi furono impugnate per le battaglie campali degli scolari e i mille oggetti preziosi per importanza storica servirono a tutte le frotte per sollazzo e capriccio nei giochi, finché non li gettarono fracassati come oggetti inutili. La stanza dell’archivio non si sa chi entrò a scompigliarla. In quei giorni ovunque lì attorno erano sparsi documenti, carte, libri, a tappezzare la strada, a coprire l’orto, a ingombrare le stanze. Nell’universale sbalordimento nessuno pensava a ricuperare quel materiale e così restò abbandonato alla ventura. Solo qualche donniciuola, ricordando il gran lavoro del Scior Zaneto raccoglieva qualche fascio di carte e lo riportava dentro o lo metteva in salvo. Furono visti anche dei passanti prender su libri o fascicoli e portarli a seppellire per sempre nel mistero delle loro case», ivi, pp. 20-21. 

  15. Ivi, p. 20. 

  16. Ivi, p. 24. 

  17. Ivi, pp. 28-30. 

  18. Ivi, pp. 26-28. 

  19. Si veda in appendice, la trascrizione integrale di questa sezione dell’articolo di Pietro Cella. 

  20. CELLA, Il dott. Giovanni Gortani e l’archivio storico della Carnia, cit., pp. 31-32. 

  21. Ivi, p. 32. 

  22. Ivi, p. 3. 

  23. Ibidem. 

  24. Ibidem.

  25. CELLA, Il dott. Giovanni Gortani e l’archivio storico di Arta, cit., p. 18. Si veda anche il resoconto de Il Convegno del 23 settembre 1934 ad Arta, in «Memorie Storiche Forogiuliesi», a. XXI (1934), pp. 243-247. 

  26. CELLA, Il dott. Giovanni Gortani e l’archivio storico di Arta, cit. 

  27. Sarà per questo, e per la difficile reperibilità, che non viene mai citata; né la Biblioteca Joppi di Udine, né la Biblioteca statale isontina, che pur possiede le Memorie di Givigliana, ne conservano copia; l’esemplare da noi consultato proviene dalla Biblioteca nazionale centrale di Firenze. I curatori di una recente riproduzione del secondo opuscolo (quello del 1934) continuano a definirlo come il «primo contributo organico che appronta biografia e nota bibliografica di Giovanni Gortani a poco più di vent’anni dalla scomparsa», Marina DI RONCO, Claudio LORENZINI e Gloria VANNACCI LUNAZZI, nota anteposta alla riproduzione de «Il dott. Giovanni Gortani e l’archivio di Arta di Piettro Cella», in Giovanni Gortani. Archeologo, storico, letterato, a cura di Ead., Id. e Ead., «Quaderni dell’Associazione della Carnia Amici dei Musei e dell’Arte», n. 18-19 (2013-2014), Andrea Moro Editore, Tolmezzo, 2015, p. 174; nel medesimo contesto, con riguardo all’importanza del contributo di Pietro Cella, essi, inoltre, osservano: «Tutti i biografi successivi e chi si è cimentato nel riordinare le carte Gortani si sono avvalsi di questa pubblicazione, che rappresenta pure un sincero omaggio ad una personalità notevole per la storia della Carnia. Lo scritto, inoltre, è dimostrazione dell’impegno profuso da don Pietro Cella di Cadunea per la cultura della Carnia, che in questa e in altre ben più impegnative sue opere si dimostra una personalità di rilievo che ancora attende una più giusta attenzione», ibidem

  28. Nessuno tra chi se ne è occupato ha messo in dubbio che si trattasse della prima. Si veda Aldo RIZZI, Vicende dell’archivio Gortani, in «Ce Fastu?», a. XXX (1954), n. 1-6, p. 156. 

  29. «Ma altri tristi giorni attendevano l'archivio. Nel 1944, durante l'occupazione cosacca, un gruppo di sbandati bivaccò proprio nella stanza del municipio in cui era sistemata la raccolta, ed è immaginabile ciò che accadde: si ricorderà soltanto che le pergamene servirono… per rattoppare le scarpe», ibidem

  30. «Con provvedimento consiliare del 27 settembre 1953, n. 45, il comune di Arta decideva di cedere alla Civica Biblioteca di Udine, in deposito non transitorio, l'archivio Gortani. Il trasporto del materiale veniva effettuato nel marzo dello scorso anno», ivi, p. 155. 

  31. «Le vicende di questo carteggio sono ben note: lasciato in perfetto ordine dal Gortani al momento della sua morte (1912) nella casa paterna di Avosacco, subì in un primo tempo danni e dispersioni durante l'invasione del 1917. Riordinato tra il 1925 e il 1926 dal rev. don Pietro Cella, che ne pubblicò un inventario sommario, forse il più fedele al vecchio ordinamento dato dal Gortani alle proprie carte, rimase presso il municipio d'Arta. Nel 1944 subì purtroppo altri danni, a seguito dell'invasione cosacca; infine, nel 1953, per interessamento del dottor Corgnali, fu ceduto in deposito alla Biblioteca Civica di Udine. Nel giugno del 1959 fu dato ulteriormente in deposito all'Archivio di Stato di Udine», Ivonne ZENAROLA PASTORE, La raccolta documentaria di Giovanni Gortani, in «Ce Fastu?», a. XL (1964), n. 1-6, p. 160. 

  32. C'è solo da augurarsi che, in un futuro non lontano, il vuoto venga colmato dall'integrale digitalizzazione e dall'accessibilità via web. 

  33. Maria Cristina Cescutti, nel Nuovo Liruti, riprende i medesimi dati biografici contornandoli con più attenti riferimenti alle sue opere; ecco l’incipit: «CELLA PIETRO, sacerdote e maestro. Sacerdote, nato a Cadunea, in comune di Tolmezzo, nel 1887, è ricordato in particolare per uno studio storico sulla scuola in Carnia e Canal del Ferro, nel quale sono ricostruite le circostanze dell’istruzione pubblica nell’area montana, con particolare riferimento alle scuole dei lasciti e legati pii e con una rassegna, veloce ma informata, sulle scuole comunali e le loro precarie condizioni nel difficile passaggio dalla gestione clericale a quella laica.», Maria Cristina CESCUTTI, «Cella Pietro, sacerdote e maestro», in Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei friulani, a cura di Cesare Scalon, Claudio Griggio e Giuseppe Bergamini, n. 3. L’età contemporanea, Forum, Udine, 2011, p. 861. 

  34. Ecco alcuni dei passi più significativi: - «Ma per molt'anni ci fu una specie di gara nel lavorare a cottimo per più guadagnare e più risparmiare, e per l'eccesso non senza danni, però che la salute ne soffrì spesse volte, ed uomini di belle speranze furono ancora giovani portati al sepolcro. Quella vita di eccessivo lavoro accese e sviluppò negli operai una oscura coscienza quasi di fatale condanna alla vita degli stenti e perciò furono facile esca alle fantasie socialistiche e ai sensi di viva avversione contro i ricchi. Ma ciò non di meno, anche nei più arrabbiati l'attaccamento alla loro piccola proprietà si mantenne fortissimo. Socialismo per ricevere, non per dare. E il senso cristiano della vita non fu mai morto», CELLA, Memorie di Givigliana, cit., pp. 47-48; - «Nel 1914 fu istituito anche un Circolo di cultura a intonazione socialista, che non fu altro che una osteria sociale con qualche sfogo di minuta propaganda demagogica. Quanto a cultura, zero. I nostri più bravi socialisti non conoscono che un po' di tecnica geometrica e contabile mentre ogni idea umana di civiltà e progresso, ogni intuizione spirituale esula completamente dal loro animo», ivi, pp. 49-50. 

  35. Il racconto è costruito sulle annotazioni del registro degli ospiti del Ricovero Marinelli. Ecco il passo, dove compare anche Gnà Vitorio, ovvero Vittoria Tolazzi (Novella DEL FABBRO, «’Gna Vitorio dal Ricovero Marinelli. Zia Vittoria del Ricovero Marinelli», in I cento anni del Rifugio Giovanni e Olinto Marinelli, a cura di Società Alpina Friulana sezione di Udine del CAI, Società Alpina Friulana sezione di Udine del CAI, Udine 2001, pp. 37-47), mitica gestrice dello stesso: «Subìt sot a dà tal vouli une novitat c'a fas sturni; a è dal Professôr, chel da piche dal Cogliàns. «- 29 di avost. Dux in altum. Dux in altum? Diaul, sul sèrio? Vitòrie, il Duce al è stât cassù? Cemût ese c'a no si à savût nue? Ma Vitòrie, la locandiere dal Ricovero, a ven donge zueteànt e protestànt: - Ma nò ma nò, cui dîs chês rubos? Pensait se lu Duce al à timp da vignî cassù!… E sarà un'âto strambarìo da lu Professùor. An fasevo ed an disevo tantos c'a l'ero un câs. E alore? I torni a chialâ: no son sanz, al è scrit propi: Dux in altum. In-t-un lamp m'impensi di une frase dal Vanzeli: - Duc in altum. Pal professôr al è ènchie un ricuart di famee, nome che par fâlu plui biel a lu à un tic cambiât: Dux in altum inveze di duc in altum; ma dopo dut, chel o chel, numen o nomen, al è dut… latìn. Il biel becanòt a nol è une strambarie o un scherz, ma une perle giaponese cui flocs, roubes da Professôr», Pietro CELLA, Al Cogliàns, in «Ce Fastu?», a. XII (1936), n. 1-2, pp. 13-14. 

  36. Per chi non conoscesse Silverio ecco un elenco delle sue caratteristiche: «demoni das nostes monz, spavent dai todescs, marçhiel dai turcs, difensor disperat in duçh i timps di ogni quarte da noste tiere […] salvan disperât dai boscs par difindi la to libertât, çhiaçadôr ardît das monz, malghîr e pastôr fedel di dute la Çhiargne, cuintrebandîr par fuarce di dutes las cretes, caluniât di dutes las falsitâz e di duçh i delìz […] manavuâl dai çhisçhiei e das tores da noste antighe difese nazionâl, vuardie fedêl da patrie, muradôr e artist das nostes pleifs […] Çhiargnel di dutes las fadies, condanât dal picon e da manarie, dal sapin e dal maçùl, cence pâs e cence contentece, vitime di dutes las umiliazions, e sfuarçât a dutes las figures par vivi, […] emigrant di dut il mont, di duçh i secui, di duçh i mistîrs, çhiargnel di dutes las lenghes, om di dutes las proves […] usurpator di salèz, e di roncs, falsificatôr di documenz e zuramenz, om da quarte di tiere, lambìc da morâl, violatôr dai cunfins, anime danade da miserie, çhiargnel cence pas ma no cence Diu, Silverio, çhiàr da noste çhiàr e vuès dai nostis vuès […] vite da noste muart o muart da noste vite, mago da Çhiargne, e campion da noste int, om di peçhiâz ma di lealtât e di carater, om di rasòn e di cûr, tradît ma no traditôr, caluniât ma no caluniatôr, pover ençhie da sciôr, Silverio, Lazer da Çhiargne», Pietro CELLA, La not d’avòst, in «Ce Fastu?», a. XII (1936), n. 7, p. 209. 

  37. Ibidem.

  38. Pietro CELLA, Storia della scuola in Carnia e Canal del Ferro, Libreria Editrice Aquileia, Udine-Tolmezzo 1940, pp. 154-155. 

  39. «Pietro Cella […] Fu autore di un’opera importante per la storia della Carnia, Storia della scuola in Carnia e Canal del Ferro, edita nel 1940, che rappresentava la summa delle sue conoscenze storiche e personali maturate in qualità di direttore didattico a Tolmezzo, carica istituzionale questa che gli fu affidata dal regime. Dai suoi scritti emerge chiaramente un atteggiamento antibolscevico unito ad un palese entusiasmo per la scuola fascista e per la sua riorganizzazione attuata dai ministri per l’Educazione nazionale Cesare De Vecchi e Giuseppe Bottai rispettivamente nel 1935 e nel 1939», Luca MARIN e Claudio LORENZINI (a cura di), Attorno a pre Saete. Don Bernardino Coradazzi e le comunità di Villa Santina e Invillino nella primametà del Novecento. Volume primo: Libro storico parrocchiale, 1908-1944, Comune di Villa Santina, Villa Santina 2012, p. 202. 

  40. Friulinprin, Pietro Cella. Un «medaglione» col suo volto, tratto dall’«album dei sacerdoti della diocesi di Udine realizzato nell’anno giubilare della redenzione 1933-1934, Bologna 1933», è riprodotto in CESCUTTI, cit., p. 861. 

  41. Estratto da Faustino NAZZI, Don Pietro Cella, [e-mail] (Comunicazione personale, 13.12.2012), 2012. 

  42. CELLA, Memorios di Gjviano, cit., p. 47. 

  43. «Namesto didaktičnega ravnatelja Chierego je prišel v Cerkno kot njegov namestnik prof. Cella Pietro», Premešèanja in nameščanja državnih fukcijonarjev, in «Edinost», 27 feb 1927, p. 2

  44. «Mesto učitelja Avalio-Alcesta, ki je imel funkcijo tajnika tukajšnje sekcije Anifa (Associazione Nazionale Insegnanti Fascisti), je sedaj zasedel dosedanji didaktični ravnatelj duhovnik in profesor Peter Cella», Cerkno. Premestitev, in «Edinost», 24 dic 1927, p. 2

  45. Miroslav (Mirko) ZORN, (* 1 aprile 1903, Prvačina - † 13 maggio 1995, Gorizia), fu ordinato sacerdote nel 1927 dall’arcivescovo di Gorizia Francesco Borgia Sedej (originario proprio di Cerkno). È possibile leggere una breve nota biografica sul web in questo sito

  46. «Dekan Kunsič je sporočil njihovo željo nadškofu Sedeju, ki je takoj dovolil binacijo, to je, da lahko en duhovnik mašuje isti dan dvakrat, kar je bilo takrat izjema. Nadškof pa je dostavil pogoj, da se sme sv. maša ponoviti le, če bo vsaj 30 udeležencev italijanskega jezika. Dekan je seveda vpregel mene, ker maše ni hotel sprejeti italijanski duhovnik, didaktični ravnatelj Peter Cella», Miroslav ZORN, Spomini na težka leta, in «Koledar Goriške Mohorjeve družbe za leto 1979», p. 132. 

  47. Pierino PINZAN, Gjviano di uno vôlto, [Tipografia Andrea Moro], [Tolmezzo] 2003. «V Breginju je ostal do 8. apr. 1947, ko se je umaknil v Cedad, vse poletje upravljal Sv. Višarje, nato šel eno leto v Osais (Prato Carnico), zatem do 1952 v Givigliano nad Rigolatom», Marija Ceščut, ZORN Mirko, in «Primorski slovenski biografski leksikon», Goriška Mohorjeva Družba, Gorizia 1992, vol. 18, p. 365; Dva letošnja goriška zlatomašnika, in «Katoliški glas», 28 lug 1977, p. 3. 

  48. «Saveiso voaltris dulà ca l'è Otàles? Ben, us el disarai jo. Otàles al è sot la Mont di Beuk. Veiso capît cumò? Se no, mi spiegarai incimò miei. Otàles al è un biât paisùt cal passone su pa’ rive da Mont di Beuk slargiât tal miec' da campagne in face di Masora, enfre Lasez, Plusne e Jasne. E cumò veiso capît? Alì, no? Po' ben, i disarai ence cheste. Otàles al è jù pal cianâl da l'Idrie, dos ores di sòt da zitât di Idrie. E avonde. Si no veis zirât il mont miei di cussì, làit a platâsci. […] No saveiso che cheste int, e chesc’ paîs a son i nostis confinanz dal Friûl, i Slovenos da noste nove patrie? Parcè no vino di scoltâ ence la lor vòus?», Pietro CELLA, I lusìnz di Otàles: (lejende slovene), in «Ce Fastu?», a. V (1929), n. 4, pp. 58-59. 

  49. CELLA, Storia della scuola in Carnia, cit., p.140. 

  50. R.D. 1 ottobre 1923, n. 2185, Ordinamento dei gradi scolastici e dei programmi didattici dell'istruzione elementare, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, parte prima, 24 ottobre 1923, n. 250. «Il R.D. 1 ottobre 1923, n. 2185, imponeva, dall'anno scolastico 1923-24, l'italiano come lingua d'insegnamento nelle prime classi di tutte le scuole elementari del regno. La stessa norma sarebbe stata applicata nelle seconde classi l'anno seguente, e poi gradualmente, anno per anno, nelle classi superiori, fino ad eliminare totalmente le altre lingue. Il decreto prevedeva bensì l'insegnamento della lingua materna degli allievi, ma solamente in ore supplementari, dietro richiesta scritta dei genitori dell'allievo, e per di più senza l'impiego di libri di testo, in forma esclusivamente orale. Persino questo tipo d'insegnamento fu poi abolito dal R.D. legge n. 2191, del 22 novembre 1925, che consentiva solo l'insegnamento in lingua italiana, in tutte le scuole», Adriano ANDRI e Giulio MELLINATO, Scuola di confine. Le istituzioni educative della Venezia Giulia 1915-1945, Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia, Trieste 1994, p. 133. Su questo tema si veda Alessandro GRUSSU, Società, educazione e minoranze nazionali al confine orientale tra regime liberale e fascismo, anno accademico 2003-2004, tesi di dott., Università degli studi di Messina, pp. 95-155. 

  51. Alberto BUVOLI, Il fascismo nella Venezia Giulia e la persecuzione antislava, in «Storia contemporanea in Friuli», n. 27 (1996), p. 75. 

  52. «Nel giugno del 1927 il Ministro della P.I. di turno dichiarò in Parlamento che la lingua italiana era divenuta l'unica lingua d'insegnamento nella scuola media della Venezia Giulia. Il ministro sbagliava perché gli era sfuggita una scuola slovena privata: la scuola commerciale biennale privata che sopravvisse ancora un anno in forma autonoma prima di essere soppressa», Pavel STRANJ, La questione scolastica delle minoranze slave nella Venezia Giulia tra le due guerre, in «Storia contemporanea in Friuli» a. XVII (1987), n. 18, p. 116. 

  53. Egli accenna e giustifica lungaggini e ritardi con queste parole: «L'affare fu portato a compimento così tardi perché altri non lo fece prima e perché al sottoscritto mancò la possibilità, non il desiderio, di fare più presto», CELLA, Il dott. Giovanni Gortani e l’archivio storico della Carnia, cit., p. 3. 

  54. NAZZI, «Don Pietro Cella», cit. 

  55. Ivi

  56. «Dal 1935, d'atom, al è vignût su a Gjviano da Comalians lu diretuor didatic, pre Pieri Cella, par fâ j ešams di riparazion, ma no a ducj, nomo a chêi che ju luor gjenituors ei vevo ju mièz par mandâju indevant cu' la šcuelo. Ei son passâts ducj! - Passaimi encje me, j ai dèt jo, che j voi imparâ priadi -. Ei an ridût ducj ma jò j ài šcuignût ripeti la tierčo… Ju mio gjenituors ei no vevo ju mièz par mandâmi indevant», PINZAN, Gjviano di uno vôlto, cit., p. 63. 

  57. Ne parla, nel quadro dei rapporti tra fascismo, chiesa cattolica e Michele Gortani, Denis Baron, sottolineando come «In Carnia il connubio tra scuola fascista e la Chiesa locale fu molto favorevole a quest'ultima. L'iniziativa cattolica fu infatti al centro dell'istruzione, sia nella nascita di scuole, confessionali (nel 1937 fu istituito il biennio ginnasiale) e non (l'istituto magistrale, attivo dal 1932), sia nella presenza di personalità ecclesiastiche all'interno delle stesse. Oltre agli ispettori di religione, ai quali spettava il controllo del personale laico, previsti ancora dalle legge Gentile, il fascismo nominò come direttore didattico di Tolmezzo proprio don Pietro Cella», Denis BARON, Michele Gortani e il fascismo carnico, Museo Carnico delle Arti Popolari, Tolmezzo 2006, p. 162. 

  58. Soprintendenza archivistica del Friuli Venezia Giulia, Archivio parrocchiale della pieve matrice di San Pietro in Carnia di Zuglio

  59. On-line è reperibile l'inventario del Provveditorato agli studi di Gorizia; Archivio di stato di Gorizia, Provveditorato agli Studi di Gorizia

  60. Friulinprin, Pietro Cella e CELLA, Memorios di Gjviano, cit., p. 47. 

  61. Friulinprin, Pietro Cella

  62. Ivi

  63. Ivi

  64. NAZZI, «Don Pietro Cella», cit. 

  65. CELLA, Memorie di Givigliana, cit., 46. 

  66. NAZZI, «Don Pietro Cella», cit. 

  67. Ivi

  68. Ivi

  69. Ivi

  70. Ivi

  71. CELLA, Memorie di Givigliana, cit., p. 46. 

  72. CELLA, Il dott. Giovanni Gortani e l’archivio storico di Arta, cit., p. 17. 

  73. NAZZI, «Don Pietro Cella», cit. 

  74. CELLA, Il dott. Giovanni Gortani e l’archivio storico della Carnia, cit., p. 25; CELLA, Il dott. Giovanni Gortani e l’archivio storico di Arta, cit., p. 17. 

  75. Edinost, 27 feb. 1927, p. 2. 

  76. Edinost, 24 dic. 1927, p. 2. 

  77. ZORN, «Spomini na težka leta», cit., p. 132. 

  78. NAZZI, «Don Pietro Cella», cit. 

  79. Ivi. 

  80. NAZZI, «Don Pietro Cella», cit. 

  81. CELLA, Memorios di Gjviano, cit., p. 47. 

  82. PINZAN, Gjviano di uno vôlto, cit., p. 63. 

  83. MARIN e LORENZINI, Attorno a pre Saete…, cit., p. 202. 

  84. Ivi. 

  85. NAZZI, «Don Pietro Cella», cit.