La popolazione di Rigolato agli inizi del XIX secolo

Si pubblica l'articolo uscito nel 2007, con il medesimo titolo, su Metodi & Ricerche e poi confluito, con variazioni, nei capitoli 1 e 8 del libro Rigolato tra XVII e XIX secolo. La versione originale è scaricabile qui sotto in formato pdf. Si mettono, inoltre, a disposizione due tabelle cvs contenenti i dati sui quali sono state svolte le elaborazioni.

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La popolazione di Rigolato agli inizi del XIX secolo  La popolazione di Rigolato agli inizi del XIX secolo

Parrocchia e Comune

Dalla sua istituzione, avvenuta nella seconda metà del XV secolo, ai nostri giorni vi è sempre stata una sovrapposizione pressoché perfetta tra il territorio della parrocchia di San Giacomo di Rigolato1 e quello delle ville ad essa soggette, che a un certo punto, aggregate, formarono la Comune di Rigolato.

Questa ininterrotta stabilità e univocità territoriale è stata appena intaccata da due lievi incrinature:

  • la malga di Tuglia, benedetta dal parroco di Rigolato benché ubicata nel territorio di Forni Avoltri2;
  • una certa promiscuità di poteri con la confinante parrocchia di San Giorgio (Comegliàns) riguardo a Valpicetto, risalente alle origini e protrattasi per oltre tre secoli e mezzo3.

Dopo la caduta della Repubblica di Venezia (1797 - trattato di Campoformido), della quale, a partire dal 1420, la Carnia e gran parte del Friuli avevano fatto costantemente parte, finita l’occupazione napoleonica (marzo 1797-gennaio 1798), gli Austriaci s’erano affrettati a riconfermare gli antichi ordinamenti amministrativi. 4

L’anno 1800 s’apre, quindi, senza che, almeno formalmente, nulla sia cambiato rispetto al passato nella struttura amministrativa, particolarmente in quella locale. Benché il Comune di Rigolato5 nell’accezione odierna non esista ancora, in quanto ciascuna delle sue attuali frazioni (parti, appunto), mantiene la propria autonomia, fa comune a sé, adotteremo ugualmente questa espressione per riferirci sinteticamente «all’universalità delle ville».

Il territorio del comune così definito, s’estende per 29,37 Kmq6 lungo la valle in cui scorre, incassato, l’alto corso del torrente Degano, nel tratto compreso tra Forni Avoltri, verso Nord, e Comegliàns, verso Sud. I confini, una volta risaliti i versanti montagnosi che s’innalzano, appena addolciti da alcuni terrazzamenti ora più ora meno pronunciati, dalle sponde del Degano, seguono, in alto, gli spartiacque dei monti Neval/Crostis (m. 2250) - Forca di Plumbs (m. 1976) - Monte Biochia (m. 1753), a sinistra, e Talm (m. 1728) – Pleros (m. 2314), a destra.

I sette maggiori insediamenti abitativi, collocati ad un’altitudine compresa tra i 760 e i sul livello del mare7, sono: Ludaria (m. 850), Rigolato (m. 760), Magnanins (m. 760) e Valpicetto (m. 759), alla destra, e Givigliana (m. 1120), Vuezzis (m. 889), Gracco (m. 760), alla sinistra del Degano. Accanto a queste esistono diverse altre località minori che in più occasioni svolsero ruoli autonomi anche, nel contesto considerato, d’un certo rilievo; tra queste ricordiamo: Casadorno (m. 935), Pontaria (m. 965), Ricciol (885), Tors (m. 867), Sglinghin (m. 690), Stalis (m. 876), Soclap (m. 713).

La strada cosiddetta di San Candido, nel tracciato pensato e voluto (non molti anni prima, nel 1762) dai Veneziani come alternativa alla Pontebbana, benché ormai declassata al rango d’arteria locale, costituisce, per gli abitanti di Rigolato e di tutta la vallata, l’asse principale di comunicazione con l’esterno.8

Essa, che ancora nel 1809 risulta «percorribile durante tutto l’anno dai carri del paese», costeggia a sinistra il torrente Degano «fin sotto Valpicetto, dove passa su un ponte di legno largo da 2 a 3 metri e lungo all’incirca 30; in seguito costeggiando la riva destra, arriva al villaggio di Rigolato», per poi, di nuovo, «attraversare il torrente su un ponte di legno coperto, chiamato dell’Ansi, dove, continuando sulla sinistra del torrente, conduce a Sighiletto; qui attraversa un piccolo torrente su un ponte di pietra; e da questo luogo conduce a Forni-Voltri».

S’impiegano 8 ore per arrivarci da Tolmezzo, «da Tolmezzo a Villa di Villa Ore 2; da Villa di Villa a Regolato 6», 4 per raggiungere Sappada, «da Regolato a Forni-Voltri, 1 e ½, da Forni-Voltri a Villa-grande Sapada 2 e ½», e ben 16 ore e ½ per il passo di Monte Croce di Comelico.9

Il tracciato, rimasto immutato fino agli inizi del '900, ci viene descritto anche da Giovanni Marinelli nella «Guida della Carnia»:

Partendo da Comeglians si sale circa per ¼ d’ora per discendere poi a passare il rio Margò 50 m. più in basso (560 m. circa) e salire per rampa molto ripida per cavalli circa 90 metri, portandosi a Mieli di Sotto (circa ¾ d’ora), d’onde si staccano i sentieri di Tualis e di Collina. Da Mieli, discendendo rapidamente la strada porta in ¼ d’ora, al cosiddetto ponte di Lapolet (556 m.), dal quale un altro erto tronco di strada in ½ ora conduce a Magnanins (760 m.) e da qui in ¼ d’ora a Rigolato (da Comeglians Km 7,2)10.

Da Comeglians a Rigolato erano necessari, quindi, un’ora e tre quarti di cammino, mentre da Villa Santina, secondo la stessa fonte, 5 ore.

Fonti

Per effetto della sovrapposizione e stabilità territoriali ricordate all’inizio, sia i libri canonici dei sacramenti di battesimo, di matrimonio e d’estrema unzione/sepoltura, sia i nascenti registri anagrafici di nascita, matrimonio e morte fanno riferimento alla medesima comunità. Tale uniformità, una volta scontate le diversità intrinsecamente legate alla loro natura, agevola i confronti e gli intrecci tra le due tipologie di dati.11

Per quanto riguarda l’anno 1800, dal quale abbiamo deciso di far partire la nostra analisi, i dati disponibili provengono ancora esclusivamente dai registri canonici, benché ci si trovi praticamente a ridosso dell’istituzione della prima anagrafe civile12.

Nel corso del presente lavoro le fonti di provenienza ecclesiastica sono state sistematicamente utilizzate, da sole o congiuntamente con quelle civili, fino all’anno 1829, dopodiché sono state privilegiate queste ultime sia perché, superati i tempi di rodaggio, appaiono definitivamente assimilate, consolidate e standardizzate nella forma, e, per questo, più maneggevoli, sia per la loro (relativa) maggior ricchezza di dati.

Non conosciamo fonti dalle quali desumere il numero complessivo degli abitanti delle ville del comune di Rigolato al 31 dicembre 1799.13 Alcune rilevazioni risalenti al periodo immediatamente precedente (ultimi decenni del 1700) ed altre a quello immediatamente successivo (1802, 1805 e 1807), rendono plausibile una stima compresa tra le 800 e le 850 unità. Quand’anche conoscessimo questo dato nel suo esatto ammontare, magari scomposto per sesso, rimarrebbero pur sempre ancora sconosciuti elementi strutturali di fondo come la distribuzione degli abitanti per classi d’età e stato civile.

Per ovviare a questa mancanza abbiamo ricostruito a tavolino la consistenza complessiva della popolazione, intesa come sommatoria di persone residenti nel comune di Rigolato al 31.12.1799, ivi nate o immigrate, singolarmente e nominativamente individuate negli eventi biografici fondamentali (nascita, morte, eventuale matrimonio, ecc.), possibilmente collocate all’interno delle famiglie «biologiche» d’origine e di destinazione. Questo mediante attenti, minuti, artigianali confronti, incroci e selezioni a loro volta basate su un coacervo di successive scomposizioni, delimitazioni, esclusioni e ricomposizioni, dei dati relativi al periodo 1700-1871.

Di particolare aiuto ci sono stati i due «ruoli della popolazione»14, istituiti l’uno nel 1833 e l’altro nel 1850, che, oltre a coprire interamente gli eventi demografici del periodo 1833-1870, hanno consentito d’intercettare i membri delle coorti di nati nel Settecento sopravviventi e residenti nel comune al 31.12.1833.

Relativamente alle sole località di Magnanins e Valpicetto abbiamo, inoltre, reperito gli antenati di questi registri, ovvero il primo ruolo della popolazione, impiantato nel 181115, formato da «fogli di casa» contenenti i dati anagrafici dei membri dell’aggregato domestico insediato in ciascun fabbricato, oltre ad altre annotazioni, per noi d’estremo interesse, relative all’immigrazione, emigrazione, assenza, morte dei vari componenti.

Quanto esporremo non si basa, quindi, su un’unica fonte, ma sull’integrazione di tutte quelle a disposizione16.

Abbiamo tenuto conto delle ormai collaudate tecniche di ricostruzione nominativa delle famiglie, ma con l’obiettivo, vista la quantità e, soprattutto, la qualità dei dati disponibili, pressoché esenti da quelle rilevanti deficienze, come la sistematica sottoregistrazione dei decessi infantili, ancora diffuse in periodi appena antecedenti, di tentare una ricostruzione «totale» della popolazione, comprensiva dei flussi migratori.

Per colmare i vuoti dovuti all’incompletezza dei dati (come, per esempio, la mancanza della data di nascita o di matrimonio, eventualità abbastanza comune in presenza d’immigrati e di matrimoni celebrati fuori parrocchia, oppure quella d’immigrazione o emigrazione) talvolta questi sono stati integrati in base a congetture e presunzioni il più possibile caute, che illustreremo in seguito.

Una ricostruzione della popolazione «completa», «esatta», totale e definitiva, rimane in qualche misura una chimera perfino ai giorni nostri, anche in assenza di particolari deficienze nelle fonti. Distinzioni come quelle tra «popolazione presente» e «popolazione residente», «nati vivi» e «nati morti», oppure emigrazione «temporanea», «stagionale» e «definitiva», per quanto concettualmente ben definite, portano inevitabilmente con sé, quando vengono calate nella realtà, un certo grado d’approssimazione.

La base di partenza

Per determinare il contingente iniziale d’abitanti, ovvero la popolazione residente al 31.12.1799, abbiamo operato una serie di selezioni concatenate, a cascata, sintetizzate nella Tab. 1, d’alcuni eventi accaduti nel periodo 1800-1871 alle persone nate o immigrate a Rigolato nel corso del ‘700.

Delle 817 persone in tal modo intercettate 708, (l’86,66%), risultano nate a Rigolato; le restanti 109, (13,34%), nate fuori comune, costituiscono, in gran parte, un residuo delle correnti immigratorie settecentesche.

La consistenza della popolazione, come sopra determinata, appare approssimata per difetto. L’indisponibilità, seppure non assoluta, d’un’anagrafe, o di analoghe fonti di stato, per il periodo antecedente al 1833 impedisce d’eliminare del tutto le carenze insite nel metodo di selezione adottato. Così, per esempio, è altamente probabile che una parte delle persone nate nel Settecento ed emigrate definitivamente negli anni 1800-1833 sia sfuggita al conteggio.17

La Tab. 2 inquadra questo dato in un contesto temporale più vasto (1607-1818), caratterizzato da un incremento della popolazione tendenzialmente ininterrotto anche se, almeno apparentemente, più accentuato nel ‘600 che nel ‘70018.

Tra il 1607 ed il 1701 il numero d’abitanti s’accresce di 263 unità (+57,80%, con un tasso d’incremento annuo composto del 4,85‰) e tra il 1701 ed il 1802 di ulteriori 145 (+ 20,19%, con un tasso dell’1,82‰).

C’è da considerare, tuttavia, che la qualità dei dati non è omogenea. Il loro grado d’attendibilità, o d’approssimazione, anche per l’eterogeneità delle finalità che ne determinarono la raccolta, appare variegato, così come irregolare, con ampi spazi vuoti, è la loro cadenza.19

Nonostante sfuggano i dettagli, il ritmo, la segmentazione a breve, con un’ottica più ampia e sfumata, modulata su periodi medio-lunghi, si coglie una predominante, ancorché non incontrastata, tendenza all’aumento della popolazione.

Mentre il dato del 1607, per la forma estremamente analitica in cui ci è giunto, è in genere ritenuto attendibile20, quelli successivi del 1647, del 1672 e delle Anagrafi venete (1766, 1771, 1790) s’accomunano, secondo il concorde giudizio della critica, nella sottostima del numero dei residenti. La gravità delle lacune decresce man mano che i riferimenti si fanno, dal punto di vista temporale, più vicini.21

Le fonti d’origine parrocchiale sono in genere, anche se in maniera differenziata, ritenute meno soggette a tale difetto. Questo potrebbe, almeno in parte, spiegare i decrementi rilevabili nel ‘700 tra il dato del 1736 (744 anime) e quelli delle Anagrafi venete del 1766 (724 anime) e del 1771 (711 anime), ammontanti a 20 (-2,68% in 29 anni) e 33 unità (-4,43% in 35 anni) rispettivamente.22 Sembra che, almeno nel comune di Rigolato, nel ‘700 si sia verificata una crescita demografica lenta e difficoltosa, mentre nel ‘600 l’incremento sia stato più consistente e meno perturbato.23

Quest’impressione è corroborata dalla qualità delle fonti su cui si basa; sia il dato del 1701 sia quello del 1802, benché per motivi diversi, appaiono, se non indenni, certamente poco soggetti al difetto di sottostima tipico delle Anagrafi venete, mentre, d’altro canto, quelli seicenteschi sono sospettati proprio di questo.

I dati del 1779 e del 1783, attinti indirettamente e dei quali non conosciamo l’origine, s’incasellano abbastanza naturalmente tra quelli delle Anagrafi; il balzo in avanti verificatosi tra il 1771 e il 1779 può, infatti, anch’esso essere spiegato col difetto di sottostima appena ricordato. Tra i dati delle Anagrafi venete è l’ultimo (1790) ad apparire meno deformato in questo senso.

Analogamente al resto del Friuli (e non solo), anche a Rigolato il periodo 1790-1818 si caratterizza per uno sviluppo tormentato, costantemente in bilico tra crescita e regresso demografico. Si tratta di una fase temporale in genere descritta come una parentesi a sé stante, con una lunga sequenza di eventi negativi ravvicinati, più o meno tra loro connessi, come guerre, carestie ed epidemie.

Nel nostro caso, tuttavia, l’incremento di 47 unità riscontrabile alla fine del periodo (sempre prendendo per buoni i dati ufficiali) corrisponde ad un tasso annuo composto del 1,96‰, superiore, cioè, anche se di poco, a quello medio del periodo 1701-1802. Da questo punto di vista parlare di depressione di fine secolo e di crisi demografica nel periodo napoleonico appare eccessivo; tra il 1790 ed il 1818 l’andamento demografico sembra piuttosto proseguire, senza rilevanti rotture, secondo schemi e ritmi già attivi nel Settecento; configurarsi, insomma, come l’estrema propaggine d’uno sviluppo stentato ed altalenante di durata secolare24.

Se postuliamo che il dato del 1790 sia verosimile, non lontano dalla realtà, solo leggermente approssimato per difetto, si tratterà d’individuare quale dei dati successivi abbia caratteristiche d’attendibilità perlomeno analoghe, in modo da facilitare la ricostruzione di quanto accaduto nell’intervallo.

Nella Tab. 3, partendo dal dato del 1790 sono evidenziate le variazioni quantitative intervenute nei vari intervalli, il saldo naturale (l’unico «certo») e quello migratorio «teorico», implicitamente presupposto dai dati stessi qualora venissero ritenuti completi ed omogenei.

Purtroppo basta anche una semplice occhiata per comprendere come quest’eventualità sia l’ultima a dover essere presa in considerazione. I saldi migratori positivi per 51 unità nel biennio 1806/7 e per 83 nel 1817/18, così come quelli negativi per 109 unità nel periodo 1803/1805 e 58 unità nel 1812, hanno un’entità tale da dover essere necessariamente attribuita alla disomogeneità delle fonti.25

I dati del 1802 e del 1805 appaiono fortemente difformi e tra loro contraddittori, così come quelli del 1805 e del 1807; il dato del 1811, almeno ad una prima occhiata, appare anomalo sia rispetto al 1807 (è uguale) sia rispetto al 1812. Di fronte a tali divergenze, dovendo scegliere il punto migliore da cui partire per approfondire l’analisi, privilegiamo l’anno 1812, l’unico, abbastanza vicino al punto di partenza prescelto, per il quale si abbiano dati sufficientemente analitici, suscettibili d’una verifica più approfondita.

Il «Ruolo per l’anno 1813 de’ maschi collettabili dagl’anni 14 compiti ai 60 pure compiti che di presente abbitano nel Teritorio sudetto compilato a tenore della legge 24 luglio 1802»26, si compone d’un prospetto, ordinato per frazione e numero civico (in genere, non sempre, compare anche il nome del capofamiglia), riportante il numero dei residenti ripartiti tra «maschi collettabili» (14-60 anni) e «persone di altra età e sesso», a loro volta suddivisi tra maschi con età inferiore ai 14 oppure superiore ai 60 anni e donne d’ogni età.

La data di riferimento dell’elenco è quasi certamente il 31.12.1812; difficilmente potrebbe essere altrimenti, posto che venne steso nei primi mesi del 1813. La sua chiara finalità fa presumere che sia stato compilato con attenzione e cura (è prevista anche l’indicazione di eventuali «esenti da dichiararsi dal Consiglio Comunale salvo la superiore approvazione»), tuttavia condizionate dall’interesse/dovere di considerare solo la popolazione maschile collettabile effettivamente presente, omettendo gli assenti più o meno temporanei, anche se legalmente residenti.

Ed è proprio questo l’elemento che pare in grado di spiegare lo scostamento rispetto al 1811.

Con l’ausilio del «ruolo» impiantato nel 1811, disponibile solo per le frazioni di Magnanins e Valpicetto, è possibile tentare una parziale verifica di quest’ipotesi. Emergono così dieci maschi non conteggiati dei quali almeno sette27 sono sicuramente assenti da tempi più o meno recenti (in Stiria, nel Salisburghese, in Germania, ecc.). Alcune assenze diventeranno, o forse sono già divenute, definitive, altre rientreranno di lì a poco.

Sulla scia di questo parziale riscontro, attingendo anche ad altri fonti, come il cosiddetto «Catasto case»28, d’impianto coevo, abbiamo cercato di attribuire a ciascuna famiglia ricostruita il numero di casa in cui era fisicamente insediata; riuscendoci alla fine, nonostante alcune incertezze marginali. Anche in assenza dei «ruoli», che avrebbero consentito di fugare ogni dubbio, è stato così possibile individuare gli scostamenti riferibili a ciascun insediamento, dare, insomma, nome e cognome alle persone non conteggiate nella rilevazione.

Il fatto stesso che queste siano principalmente costituite da maschi collettabili29, su 74 persone non conteggiate ben 66 sono i maschi e solo 8 (sommando algebricamente le differenze positive e negative) le femmine (Tab. 4), non fa che rafforzare l’ipotesi già in parte verificata per le frazioni di Magnanins e Valpicetto, ovvero che i dati del 1812 si riferiscano ai soli presenti e per questo sottostimino l’entità della popolazione maschile residente.

Dopo questa lunga premessa siamo ora in grado di portare a termine la ricostruzione dell’intero periodo (con maggiori incertezze dal 1800 al 1833 per la mancanza di fonti di stato, più agevolmente dal 1833 al 1871 grazie al supporto dei ruoli) e di confrontare i dati così ottenuti con quelli provenienti da altre fonti (Tab. 5)30.

Nel periodo 1800-1812 gli anni 1807 e 1811 sono quelli in cui maggiore è il contatto tre le due tipologie di dati mentre, all’opposto, nel 1802, 1805 e 1812 si hanno i punti di maggiore divergenza. Il dato relativo al 1811, che inizialmente ci aveva lasciati perplessi per essere sospettosamente identico a quello del 1807, acquisisce, invece, nuova forza, tanto da apparire decisamente verosimile.

Riguardo all’anno 1805 le ragioni della divergenza trovano una spiegazione logica analoga a quella già evidenziata per il 1812. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un dato con tutta probabilità riferito piuttosto alla popolazione presente che a quella residente, il che, nel contesto considerato, porta inevitabilmente a sottostimare quest’ultima.31

Rimane da spiegare la divergenza con la numerazione austriaca del 180232 che, per la sua entità non trascurabile (59 unità) e soprattutto per il suo segno, sembra sollecitare interrogativi opposti a quelli sin qui espressi.33

Parte della divergenza è senz’altro da attribuire al difetto di approssimazione del numero dei residenti al 31.12.1799. L’anno 1802 non è, tuttavia, un anno medio qualsiasi ma si distingue per un saldo naturale negativo d’un’entità vistosamente più elevata rispetto ai periodi prossimi, e ciò può contribuire a spiegare ulteriormente la divergenza.

Dalla scomposizione su base mensile di questo elemento si rileva, infatti, una distribuzione degli eventi disomogenea, notevolmente differenziata, con accentuazioni dei decessi collocate soprattutto nel secondo semestre; ancora a maggio il saldo naturale cumulato evidenzia un sostanziale equilibrio, che si rompe decisamente solo a partire da giugno, quando emerge una tendenza negativa che prevarrà, ininterrotta, fino alla fine dell’anno (Tab. 6).

Da qui l’ipotesi che il dato censuario non si riferisca, come quello ricostruito, alla fine dell’anno bensì ad un momento intermedio, magari collocato nel primo semestre. Se questo fosse vero l’entità della divergenza s’attenuerebbe d’un buon terzo, rimanendo confinata entro limiti d’approssimazione ordinari.34

Dei quattro dati «censuari» disponibili nel periodo 1813-1833 sono quelli di origine ecclesiastica a discostarsi maggiormente rispetto alla ricostruzione. Per uno, quello del relativo al 1820, ipotizziamo l’esistenza d’un errore, come l’omissione degli abitanti di una frazione (che potrebbe essere Givigliana, titolare di una mansioneria), tanta e ingiustificata appare l’entità della divergenza. Il dato del 1827 è, invece, esplicitamente arrotondato e riferito ad un momento intermedio dell’anno, elementi che appaiono sufficienti a spiegare la discordanza.35 Benché, almeno a prima vista, sembri ricalcare quanto già evidenziato per il 1812, non avendo consultato la fonte, sospendiamo il giudizio sul dato del 1816.

I dati non ecclesiastici si restringono al solo compartimento austriaco del 1818; la divergenza con la ricostruzione appare modesta e di segno negativo. Quest’ultimo aspetto è in linea con quanto già riscontrato per la numerazione del 1802; ambedue le rilevazioni sembrano riferirsi alla popolazione di diritto piuttosto che a quella di fatto.

Le numerazioni dei Compartimenti lombardo-veneti (disponibili oltre che per il 1818 anche per gli anni 1845, 1853 e 1862) si basano su una nuova scansione temporale, l’anno camerale (1 novembre - 31 ottobre), che ha creato ulteriori incertezze.36 Il registro dell’Anagrafe nuova del Comune di Rigolato, impiantato nel 1850, contiene dei quadri riassuntivi in cui (per alcuni anni) sono riportati i totali dei residenti sia secondo l’anno camerale sia secondo quello civile. La modalità grafica seguita nel raggruppamento consente di fugare i dubbi su una possibile divergenza riguardo all’anno di riferimento delle due periodizzazioni.37 In base a questo riscontro riteniamo che il dato del 1818 si riferisca alla popolazione residente alla fine dell’anno camerale 1818 (1 novembre 1817/31 ottobre 1818), ovvero al 31 ottobre 1818.

Nel periodo 1833-1870, la disponibilità di due registri anagrafici sistematicamente aggiornati, i ruoli della popolazione, anche se non consente d’invocare un’inversione dell’onere della prova rende comunque meno urgente il confronto con i dati desunti delle altre fonti. Notiamo, tuttavia, che sia il punto di massima convergenza (anno 1853) sia quello di maggiore divergenza (1845) sono riconducibili ai compartimenti. Mentre la concordanza (1853) può essere spiegata con la vicinanza alla data d’impianto della nuova anagrafe (1850), ben più difficili da chiarire sono le ragioni della divergenza. La sua entità (superiore al 10%) ed il suo segno sembrano quasi suggerire un ennesimo richiamo alla sfasatura tra popolazione presente e residente. Sennonché per quanto riguarda i compartimenti il riferimento alla popolazione presente appare improbabile in quanto si basano sui ruoli della popolazione, strutturati piuttosto per censire la popolazione residente. Relativamente ai dati delle altre fonti le divergenze si mantengono entro limiti modesti, oscillanti tra l’1,12% (1861) e il 3,67% (1862). La divergenza col primo censimento italiano (1871) per la sua esiguità (21 unità) va anch’essa inscritta tra quelle inevitabili, legate all’aleatorietà del momento di registrazione d’ alcuni eventi (come, per esempio, la trasformazione d’un’assenza da temporanea a definitiva).

Struttura della popolazione al 31 dicembre 1799

Nelle Tab. 7 e Tab. 8 è stata sintetizzata la distribuzione della popolazione alla fine del 1799 per classi d’età, sesso e stato civile. La piramide delle età, che ne costituisce la corrispondente rappresentazione grafica, è riportata in Fig. 1

 

Rigolato~31.12.1799: popolazione per età, sesso e stato civile

 

Partiamo da quest’ultima, che consente una percezione più pregnante e forse meno arida di quella meramente numerica.

La base della piramide, con la sua relativa ampiezza, segnala che ci troviamo di fronte ad una popolazione giovane, almeno rispetto agli standard attuali. I primi quattro raggruppamenti, formati dalle generazioni fino ai 20 anni, assorbono, infatti, il 39,41% dell’intera popolazione (Fig. 2).

Rigolato~31.12.1799: popolazione per grandi gruppi d'età

 

L’età media e mediana ammontano rispettivamente a 30,48 e 26,97 anni.

Le femmine sono, nel complesso, più numerose dei maschi per 59 unità (a fronte di 100 femmine abbiamo 86,53 maschi) così che mentre per questi l’età media è di 28,37 e la mediana di 24,49 anni per quelle sono, rispettivamente, di 32,31 e di 29,48. Le femmine, oltre ad avere un’età mediamente più alta dei maschi per 3,94 anni ed essere complessivamente più numerose, sono la maggioranza in quasi tutte le fasce d’età. Fanno eccezione i primi due raggruppamenti, in cui il vantaggio iniziale per i maschi, geneticamente determinato alla nascita, si fa ancora sentire, e le fasce tra i 20-24 e 45-49 anni, presumibilmente a causa di una supermortalità legata al parto. Rimane, invece, da quantificare l’incidenza dell’emigrazione definitiva sul rapporto tra i sessi, anche se appare probabile che abbia accentuato lo squilibrio naturale derivante da una mortalità differenziale favorevole alle femmine38 in quasi tutte le fasce d’età maschili.

Relativamente alla suddivisione per sesso e, per i soli maschi, a quella per grandi fasce d’età, sono possibili alcuni confronti, riassunti nella Tab. 9, con le rilevazioni di stato settecentesche già citate. Tra il 1766 e il 1799 il rapporto tra i sessi subisce oscillazioni non facilmente spiegabili senza ulteriori indagini; il dato del 1790 è, tuttavia, particolarmente vicino a quello, ricostruito, del 1799. L’incidenza percentuale delle due fasce estreme della popolazione maschile, cioè quella fino ai 14 e quella oltre i 60 anni, rimane sostanzialmente stabile, con una modesta tendenza all’aumento, più lineare nella prima fascia, e lievemente contrastata nell’ultima. Fa eccezione il 1766 che si differenzia alquanto anche nel tasso di mascolinità. 39

Questo conferma, pur con l’approssimazione derivante dalla mancata conoscenza del saldo migratorio, che ci troviamo di fronte ad una popolazione colta in una fase di crescita lenta40, con una struttura per età stabile; spiega, inoltre, la regolarità della piramide, relativamente ampia alla base, ad indicare una natalità ancora sostenuta, ma senza vistosi rigonfiamenti nelle classi più anziane, quindi con una mortalità anch’essa abbastanza sostenuta in tutte le classi d’età.

Gli indici (Tab. 10):

  • di vecchiaia, che misura il rapporto tra la popolazione con oltre 65 anni d’età e quella sotto i 15 anni e col suo 26,19% ci dice che per ogni anziano si hanno 3,82 giovani;
  • di struttura della popolazione attiva, che misura l’invecchiamento del settore attivo della popolazione mediante il rapporto delle 25 generazioni comprese tra i 40 e i 64 anni con quelle 25 più giovani comprese tra i 15 e i 39 anni e col suo 73,26% ci informa che per 3 appartenenti alla fascia più anziana ce ne sono quella più giovane;
  • di ricambio della popolazione in età attiva, che rapporta la classe d’età 60-64 anni, vicina all’abbando-no dell’attività lavorativa, a quella di 15-19, presumibilmente in procinto d’intraprenderla e col suo 37,14% ci dice che per ogni anziano teoricamente in procinto di lasciare il mondo del lavoro ci sono oltre 2,69 giovani che stanno per farne parte;
  • di dipendenza, che misura il rapporto tra le fasce di popolazione presumibilmente non autonome per ragioni d’età, cioè i giovani fino ai 15 anni e gli anziani oltre i 65 anni, e quindi dipendenti dalla popolazione attiva, costituita dalle persone tra i 15 e i 64 anni, e col suo 63,73% ci dice che ad ogni persona inclusa nelle fasce deboli ce n’è 1,57 che lavora per sostenerla,

evidenziano ulteriormente, in altra forma, il peso rilevante delle fasce giovanili.

Una maggiore percezione di quanto esposto può venire dal confronto con la struttura demografica di una popolazione matura e in declino com’è quella riscontrabile, sempre nel comune di Rigolato, esattamente due secoli dopo.

La piramide delle età al 31.12.1999, Fig. 3, con la sua base stretta e le vistose protuberanze in prossimità delle classi d’età più anziane, espressione di natalità e mortalità contenute, evidenzia un notevole invecchiamento della popolazione, tanto da apparire quasi l’antitesi di quella rappresentata in Fig. 1, tipica d’una popolazione giovane, con natalità e mortalità ancora sostenute.

 

Rigolato~31.12.1999: popolazione per età, sesso e stato civile

 

Nella Rigolato del 1999 le classi d’età fino ai 20 anni costituiscono, infatti, appena il 13,40% della popolazione, contro il 39,41% del 1799, e l’età media e mediana complessive salgono rispettivamente a 49,9 e 51,25 anni, dai 30,48 e 26,97 del 31.12.1799. Questo valori disaggregati per sesso sono notevolmente maggiori per le femmine (52,7 e 56,46 anni) che per i maschi (46,82 e 48,33).

Ma ritorniamo alla struttura della popolazione al 31.12.1799. Dalla suddivisione per stato civile è desumibile un’età d’accesso al matrimonio relativamente alta per i maschi, accompagnata da un peso significativo del nubilato definitivo.

Tra i residenti a Rigolato al 31.12.1799 nessuno si è sposato prima dei venti anni. L’età media di accesso al matrimonio per le classi sotto i 50 anni, calcolata col metodo Hajnal41, è di 28,72 anni per i maschi e di 23,4 per le femmine. Queste ultime, quindi, negli ultimi trentacinque anni del ‘700 si sposavano mediamente quasi cinque anni prima dei maschi i quali, dal canto loro, dimostravano, almeno in apparenza, una maggior propensione al matrimonio.

Nella fascia d’età 20-24, quella d’ingresso al matrimonio, le nubili rappresentano il 60% ed i celibi l’82,35%, mentre in quella di 45-49 anni, in cui nubilato e celibato divengono presumibilmente definitivi, queste percentuali ammontano rispettivamente al 26,32% e al 8,33%. Nelle classi d’età più anziane, superiori ai 50 anni, i maschi che non hanno mai contratto matrimonio sono l’8,82%, contro il 18,18% delle femmine; le stesse percentuali standardizzate42 divengono rispettivamente del 8,47% e del 25,02%.

Se concentriamo l’attenzione sulla composizione della popolazione femminile in età feconda, compresa tra i 15 ed i 50 anni, la proporzioni delle nubili, delle sposate e delle vedove ammontano rispettivamente del 45,63%, 48,06% e 6,31%, le stesse proporzioni standardizzate divengono del 41,64%, 50,50% e 6,86%. L’indice di carico di figli per donna feconda, che pone in rapporto la popolazione compresa nella fascia d’età di 0-4 anni con le donne che presumibilmente la ha generata (15-44 anni) ammonta a 51,46%.

Senza un’adeguata analisi dei dati di flusso è arduo indicare con esattezza i processi che hanno determinato la composizione dello stato civile sopra descritta; sulla minore rilevanza del celibato definitivo è, per esempio, probabile che abbia influito una maggior propensione all’emigrazione definitiva da parte dei maschi celibi rispetto alla femmine nubili.

Questa relazione è, per esempio, stata osservata a Sauris nel 1857, dove il celibato e nubilato definitivi nelle classi d’età superiori a 45 anni ammontavano all’11,8% e al 33,3%43.

Quanto all’età media di accesso al matrimonio i confronti, assumibili con una certa cautela in quanto basati su dati tra loro non omogenei, evidenziano un buon grado d’affinità con quanto avvenuto a Sauris nell’ultimo decennio del Settecento (età media per i maschi 28,6 e per le femmine 25,1), ad Alagna Valsesia nel periodo 1751-1800 (27,57 e 24,64), a Comeglians nel corso di tutta l’età moderna (26,8 e 24,5), a Tolmezzo nel 1670-1769 (26,4 e 24,9)44. Valori notevolmente più alti si registrano in Carnia nell’800, soprattutto a partire dagli anni venti, come, per esempio, a Tolmezzo nel periodo 1815-1824 (29,5 e 26,08) e nella stessa Sauris tra il 1821-1830 (29,3 e 27,3)45. Valori sempre alti sono stati riscontrati in zone limitrofe anche in periodi anteriori, per esempio a Clauzetto tra il 1691 e il 1726 (31,88 e 27,59).46

In base ai dati ed agli indizi sopra esposti sembra plausibile inferire che sulla struttura demografica della Rigolato di fine del ‘700 abbiano significativamente inciso alcuni comportamenti, come l’accesso tardivo al matrimonio da parte dei maschi, l’alta incidenza del nubilato definitivo e una propensione all’emigrazione permanente più alta, rispetto a quella degli altri strati della popolazione, tra i maschi celibi, riscontrabili in altre zone montane, ubicate in Carnia e in diverse parti dell’arco alpino.

L’uso del condizionale più che sottolineare l’incertezza di questa conclusione serve ad evidenziare la sua ragionevole probabilità.

Aggregati domestici

Nel primo decennio dell’800 prendono avvio, per concludersi rapidamente, i lavori di formazione del primo, per l’ex Friuli veneto, moderno catasto fondiario, consistenti nella mappatura del territorio, suddiviso in particelle numerate progressivamente ed iscritte (con l’indicazione dei rispettivi possessori, dell’ubicazione, della qualità e dell’estensione - espressa in un’unica e nuova unità di misura superficiale, la pertica censuaria, pari a dieci are, ovvero a 1.000 mq) nei sommarioni con lo scopo di consentire il classamento e la determinazione del valor capitale di ciascuna particella47. In questo contesto, come già accennato, vengono censite anche le abitazioni, ovvero i beni di seconda stazione, univocamente identificate, per la prima volta, oltre che nelle mappe, anche col numero civico.

Benché posteriore di quattordici anni, non ci sono ragioni per dubitare che la breve descrizione delle abitazioni indirettamente desumibile nelle Nozioni generali territoriali date dal Comune censuario di Rigolato (comprendente Rigolato, Ludaria e Givigliana), restituisca un’immagine, valida anche per le altre località, sostanzialmente immutata rispetto al 1812:

«Case coloniche. In questo paese non vi sono coloni; tutti sono piccoli possidenti ed Agricoltori insieme, sicché non vi esistono case coloniche, ma gl’abitati servono nello stesso tempo al proprietario ed all’agricoltore. Dette case sono tra loro riunite e formanti tre borgate e villaggi. Sono anguste e servono a stentatamente ricoverare il bestiame e le persone. Parte sono edificate a muro e parte sono di legno, ed i loro coperti sono parte di paglia e parte di pianella.»48

La combinazione delle informazioni desumibili dal catasto e di quelle contenute nel ruolo per l’imposta personale consente di cogliere ulteriori particolari sugl’insediamenti abitativi.

Dei 173 edifici censiti come abitazioni 11 risultano disabitati (Tab. 11). Di queste case inabitate almeno una, quella collocata al n. 43 di Rigolato, sede della «Municipalità di ragione del Sigr Dn Giuseppe Capellari», è presumibilmente riservata ad usi istituzionali.

Il numero degli aggregati domestici è pressoché uguale a quello degli edifici disponibili il che, se anche non ha facilitato, certamente non ha ostacolato la loro formazione. Ad un assetto demografico a bassa pressione, cui abbiamo accennato precedentemente, s’affianca, quindi, un quadro insediativo a bassa tensione abitativa.

Se questo è il quadro generale scendendo a livello di singole frazioni si notano alcune diversità che, per il momento, ci limitiamo a segnalare benché siano degne di ulteriori approfondimenti. Per quanto riguarda l’entità media dei componenti di ciascun aggregato è Givigliana a distinguersi col suo valore (3,67) notevolmente inferiore alla media complessiva (5,13) mentre, all’opposto, valori superiori di una certa entità si hanno a Ludaria (5,79) e Valpicetto-Magnanins (5,63). Relativamente agli insediamenti abitativi sembra invece che siano Vuezzis e Gracco le località con, mediamente, più frequenti coresidenze di aggregati nel medesimo edificio (1,29 contro 1,07).

Ma torniamo alla nostra rilevazione dei maschi collettabili per esporre alcuni problemi interpretativi. Come già chiarito essa va ricondotta alle disposizioni sulla tassa personale che colpiva tutti i maschi validi dai 14 ai 60 anni e consiste in un’elencazione, ordinata secondo il numero civico, degli aggregati domestici identificati, in genere, col nominativo del capofamiglia.

Rispetto a quest’ultimo aspetto, infatti, fanno eccezione le Famiglie senza maschi collettabili e quelle per le quali vengono forniti più nominativi. Mentre per le prime la ricostruzione ha permesso di fugare gran parte, anche se non la totalità, dei dubbi connessi alla vaghezza dell’indicazione, per le seconde si è posto il problema di capire se ci si trovasse di fronte ad una pluralità di aggregati tra loro distinti ed autonomi, benché insediati nel medesimo edificio, oppure ad un unico aggregato multiplo e, soprattutto in quest’ultimo caso, d’identificare il capofamiglia, ovvero il nucleo familiare principale.49

Dovendo operare una scelta, sulla scorta di quanto è stato possibile accertare per Valpicetto e Magnanins nei «ruoli della popolazione», la modalità espositiva dei dati è stata ritenuta l’elemento discriminante; in presenza di indicazioni numeriche raggruppate e di un unico totale l’aggregato è stato considerato unico (con riguardo all’insediamento) e, in genere, ma non sempre, il primo nominativo della lista quello del capofamiglia; in presenza di indicazioni numeriche distinte corrispondenti a due o più totali gli aggregati sono stati considerati distinti, anche se insediati nel medesimo fabbricato.

L’attenzione posta ai dettagli più minuti non è stata sufficiente a fugare tutti i dubbi e le incertezze in merito alla classificazione degli aggregati, specie di quelli estesi e multipli, ciononostante riteniamo che il quadro ricomposto (Tab. 12) sia, almeno nei tratti generali, sostanzialmente valido.

Degli 893 residenti al 31.12.1812:

  • 420 (47,04%) convivevano in 89 (51,15%) aggregati domestici semplici o nucleari, unità familiari coniugali composte in prevalenza da coppie con figli, quindi da vedove o vedovi con figli ed infine da coppie sposate senza figli;
  • 281 (31,47%) facevano parte di 45 aggregati (25,87% del totale) domestici estesi, comprendenti oltre ai membri di un’unità familiare coniugale anche altri parenti non sposati oppure vedovi: in primo luogo fratelli, sorelle, zii/e (10,53%), quindi un genitore vedovo (9,63%) al quale, alle volte, s’aggiungeva un, o più, fratello/sorella (8,29%), oppure uno o più nipoti (3,02%).
  • 150 (16,79%) vivevano in 16 aggregati (9,21% del totale) domestici multipli, composti, cioè, da più unità familiari coniugali, una principale e le altre, o l’altra, secondarie, con relazioni di parentela tra di loro. Rispetto a quella principale le unità secondarie erano quasi equamente distribuite tra quelle di tipo ascendente (col capofamiglia di una generazione precedente), discendente (col capofamiglia di una generazione successiva), collaterale e frérèche (fratelli o sorelle sposati con l’aggiunta di un genitore vedovo oppure senza) e con altri legami parentali.
  • 36 (4,3%) erano quelli che risiedevano in 7 (4,02%) aggregati senza struttura e in 15 (8,62%) nuclei formati da una sola unità.

Benché, quindi, l’aggregato domestico semplice o nucleare, in cui viveva il 47,04% della popolazione, fosse il tipo più diffuso, quelli complessi (estesi e multipli), considerati congiuntamente racchiudevano una quota di popolazione superiore (48,26%).

Le famiglie ceppo, genericamente intese come le convivenze tra genitori e almeno un figlio sposato (le combinazioni possibili sono quelle tra i tipi 5 b, e ), e quelle congiunte, intese come le convivenze tra fratelli (le combinazioni possibili sono quelle tra i tipi 5 d, 5 c, 4 c e ), includevano, complessivamente, 306 persone (34,26% del totale), quasi equamente tra loro distribuite (150, 16,79%, nelle famiglie ceppo e 156, 17,47%, in quelle congiunte).

Diversamente che in altre località, nella Rigolato del 1812 il lavoro servile era praticamente inesistente; abbiamo contato, infatti, la presenza di una sola serva.50

La forza lavoro necessaria per l’economia agricola di sussistenza veniva, presumibilmente, reperita in via prevalente all’interno degli aggregati domestici, tra gruppi di parenti, ed il matrimonio non comportava necessariamente per i maschi il raggiungimento dello status di capofamiglia (Fig. 4).

 

Rigolato~1812: maschi e capifamiglia sposati o vedovi

 

Un metodo per approfondire l’immagine appena delineata, rendendola in qualche modo dinamica, consiste nel suddividere i maschi sposati e vedovi per età e tipo di aggregato.

È, infatti, possibile leggere la Tab. 13 come la sequenza cronologica del percorso compiuto all’interno degli aggregati domestici da una coorte di maschi sposati o, anche, da un individuo sposato medio, vissuto per 70 anni e più51.

Scopriamo così che sia nella fascia d’età d’ingresso al matrimonio (20-29 anni) sia in quella immediatamente successiva (30-39 anni) i maschi sposati hanno maggiori probabilità di risiedere in aggregati estesi e multipli piuttosto che in nucleari; tra i 40-49 anni, all’opposto, la probabilità di risiedere in famiglie nucleari, anche per la morte di ambedue i genitori, raggiunge l’apice ed il peso degli aggregati estesi e multipli decresce notevolmente. La preponderanza degli aggregati semplici continua, almeno per questo segmento della popolazione, anche nelle classi d’età successive in cui ci si aspetterebbe, invece, un significativo riaffioramento di quelli complessi.

L’accesso al matrimonio avviene quindi secondo un modello di residenza prevalentemente patrilocale e ad un’età, come abbiamo precedentemente osservato, soprattutto per i maschi, relativamente tarda; elementi questi condivisi con diverse località dell’arco alpino e presumibilmente predominanti anche in Carnia52.

Per verificare in maniera puntuale quest’affermazione sarebbe necessario ricostruire le modalità d’insediamento di tutti i nuclei familiari costituitisi almeno nei venti anni precedenti. In difetto di ciò possiamo tentare una verifica parziale, limitando l’analisi ai comportamenti delle coppie sposate nel periodo più prossimo al momento d’osservazione, nel presupposto che la brevità del tempo trascorso non abbia consentito sostanziali modifiche al quadro iniziale.

Delle quattro coppie che si sposarono nel 1812 una formò un nucleo neolocale, due s’inserirono in altrettante famiglie estese, mentre la quarta uscì dalla comunità (il marito proveniva da altro comune)53. Alle fine del 1812 dei nove nuclei familiari costituitisi nel 1811, tolto uno che, analogamente a quanto rilevato nel 1812, s’insediò fuori comune54, un altro si era già spezzato per la morte del marito e la vedova supersite risiedeva in un aggregato esteso (famiglia dell’ex marito), due costituivano delle unità familiari coniugali (probabilmente in seguito alla iniziale formazione di altrettanti nuclei nuovi, neolocali), e gli altri cinque facevano parte di nuclei complessi (due estesi e tre multipli).

I casi presi in considerazione sono numericamente troppo esigui per corroborare definitivamente la tesi che la formazione di nuovi nuclei familiari seguisse prevalentemente un modello d’insediamento patrilocale, ma forniscono un quadro indiziario che non la contraddice ed, anzi, è sufficientemente coerente con essa oltre che con quanto rilevato, con altri mezzi, dagli studiosi del costume.

Lo stesso tipo d’approccio adottato per i maschi sposati può essere seguito per la popolazione nel suo complesso.

Dalla Tab. 14 si desume che, all’inizio dell’800, per una persona residente a Rigolato, le probabilità di vivere in aggregati complessi erano nettamente più alte fino al compimento del decimo anno. Successivamente, fino a trent’anni, era la residenza in una famiglia nucleare a divenire più frequente; in maniera più accentuata tra i 10 e i 20 anni e più attenuata nel decennio successivo.

Tra i 30 ed i 40 anni si verificava un’ulteriore fase di prevalenza netta degli aggregati complessi a cui seguiva di nuovo, anche se in maniera più contrastata di quella riscontrata in precedenza, l’aumento delle probabilità di risiedere in aggregati nucleari.

Ulteriori dettagli si ricavano dalla suddivisione della popolazione per aggregato, età e stato civile (Tab. 15).

Celibi e nubili tra i 45 ed i 60 anni risiedono prevalentemente in famiglie estese o multiple e successivamente, a file ormai decisamente assottigliate, alimentano gli aggregati unipersonali e senza struttura.

La disaggregazione dei dati relativi alle persone coniugate e vedove consente di chiarire, almeno in parte, l’anomalia registrata in precedenza riguardo alle ultime classi d’età dei maschi sposati o vedovi. Si nota infatti chiaramente che nelle classi d’età più anziane l’aggregato nucleare prevale se sopravvive un’unità coniugale ma tende a scomparire, assorbito in quelli complessi, quando uno dei due coniugi viene a mancare.

Tabelle

Rigolato~31.12.1799: schema selettivo di determinazione della popolazione

 

Rigolato~1607-1818: ammontare della popolazione

 

Rigolato~1790-1818: saldo migratorio teorico

 

Rigolato~1812: diversità tra popolazione ricostruita e ruolo sulla sovraimposta personale

 

Rigolato~1802-71: raffronto tra dati ricostruiti e dati censuari

 

Rigolato~1802: saldo naturale scomposto per mese

 

Rigolato~31.12.1799: popolazione per gruppi d'età quinquennali

 

Rigolato~31.12.1799: popolazione per grandi gruppi d'età

 

Rigolato~1766-99: maschi per gruppi d'età, femmine e rapporto di mascolinità

 

Rigolato~31.12.1799: indici di struttura della popolazione

 

Rigolato~1812: edifici ed aggregati domestici

 

Rigolato~1812: aggregati domestici secondo il criterio della parentela

 

Rigolato~1812: maschi sposati e vedovi per aggregato ed età

 

Rigolato~1812: popolazione per aggregato domestico ed età

 

Rigolato~1812: popolazione per aggregato, età e stato civile

 

Note


  1. Sulla parrocchia di San Giacomo: G. Vale– A Roja, Note di storia della parrocchia di San Giacomo di Rigolato, Tolmezzo, Tip. Carnia, 1926. 

  2. F. Molinaro, La cura di Sopraponti e le sue ville (Carnia), Udine, Doretti, 1960, p. 9. 

  3. F. De Vitt, Pievi e parrocchie della Carnia nel tardo Medioevo (sec. XIII-XV), Udine, Soc. Fil. Friulana Edizioni Aquileia, 1983, pp. 165-166; Ead, Una visita pastorale del Carnia, in « Memorie storiche forogiuliesi», LXV (1985), pp. 76-78 e 90-93. L’1.9.1497 il vicario dell’abate di Moggio sentenziò che i fedeli di Valpicetto potevano accedere ai sacramenti e seppellire i morti indifferentemente a San Giacomo o a San Giorgio. Questa decisione continuò a produrre effetti anche nei secoli successivi, tenacemente riguardo a sepolture e matrimoni, in misura via via più attenuata per i battesimi, limitatamente alle casate dei Di Qual e De Palù. Nel 1602 (visita pastorale) fanno ancora capo a S. Giorgio « le casatte de Palù et de Qual, della villa di Vapizetto, che sono 5 fochi», citazione riportata da G. Ferigo, Ancora di cifre e di anime, in M. Michelutti (a cura di), In Guart. Anime e contrade della Pieve di Gorto, Udine, Società Filologica Friulana, 1994, p. 147; la collocazione del documento è cambiata in seguito al riordino dell’archivio; quella attuale è Archivio della Curia Arcivescovile Udinese (d’ora in poi: ACAU), b. 806/82 (numerazione delle buste a catena). Nel periodo 1584-1819 abbiamo contato 33 sepolture, 26 battesimi e 15 matrimoni con la sposa residente a Valpicetto annotati nei registri parrocchiali di Comeglians. Ringraziamo il dott. Giorgio Ferigo per averci fornito la trascrizione dei registri canonici di quest’ultima parrocchia. L’epilogo ufficiale della vicenda si avrà solo il 6.9.1858, 361 anni dopo la sentenza appena ricordata, quando, non senza aver prima ottenuto l’assenso dai rispettivi parroci, preso atto che ormai « nel territorio della Parrocchia di Rigolato, nel villaggio cioè di Valpicetto, si trova una casa che ora possiede il Signor Giuseppe Gortan-Cappellari ed è segnata col civico N. 137, la quale appartiene alla cura spirituale del Rev. Parroco di Comeglians», l’Arcivescovo Giuseppe Luigi Trevisanato provvederà a cassarla definitivamente; da « Copia d’un decreto rilasciato ai Rev. Parrochi di Comeglians e di Rigolato», in ACAU, b. 246. 

  4. Sulla struttura amministrativa durante il primo periodo austriaco: L. Stefanelli, Il Friuli provincia austro-veneta (1798-1805), in La provincia imperfetta. Il Friuli dal 1798 al 1858, Udine, Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Udine, 1992, pp. 17-31. 

  5. Durante la seconda occupazione francese (1805-1813), viene attuata una riforma amministrativa che, tra l’altro, istituisce il Comune denominativo, suddiviso per classi in base al numero degli abitanti, con conseguenti aggregazioni. Su questi aspetti: R. Corbellini, Il Dipartimento di Passariano (1805-1813), in La provincia imperfetta cit., pp. 84-92; L. Antonini Canterin, Tolmezzo napoleonica e lombardo-veneta, in G. Ferigo, L. Zanier. (a cura di), Tumiec, Udine, Società Filologica Friulana, 1998, pp. 199-202. 

  6. Questa è l’estensione desunta da M. Michelutti (a cura di), op. cit., p XI, che rinvia a dati forniti dal Comune di Rigolato. Per l’Istat, e tutta la pubblicistica che ad esso si rifà, compresa quella prodotta dalla Regione FVG, la superficie censuaria del comune è attualmente di 30,47 Kmq. Preferiamo il primo dato in quanto ci sembra più vicino a quello dei sommarioni napoleonici conservati all’Archivio di Stato di Udine, secondo i quali l’estensione, espressa in pertiche, corrispondenti a 10 are (), dei singoli comuni censuari è la seguente: Campiut: 6.225,05; Givigliana: 5.497,27; Gracco: 2.984,09; Ludaria: 491,65; Magnanins e Valpicetto: 3.814,27; Rigolato: 7.286,91; Vuezzis: 3.215,81 – per un totale di 29.515,75 pertiche. I dati dei sommarioni presentano qualche incongruenza; la somma della superficie delle singole particelle di Rigolato (7.286,91) è probabilmente errata in eccesso per 200 pertiche (questa è la divergenza tra il totale generale riportato nel registro e quello che si ottiene sommando le pertiche attribuite ai singoli proprietari) per cui la superficie complessiva del comune amministrativo dovrebbe essere in realtà di 29.315 pertiche, valore particolarmente vicino a quello dichiarato dal Comune di Rigolato nel 1994. 

  7. L’altitudine è stata desunta dalle carte tecniche pubblicate dalla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia. 

  8. Sulla strada di San Candido: L. Morassi, 1420/1797 Economia e società in Friuli, Udine, Casamassima, 1997, pp. 52-59; E. Polo, Le strade percorse da mercanti, contrabbandieri, mendicati e tesseri nel Carnia, in in età moderna. Oltre Linussio, Udine, Coordinamento circoli culturali della Carnia, 1992, pp. 76-92; S. Zilli, Le Carte della Strada di S. Candido. Nuovi elementi sulla viabilità dell’Alta Val Degano nel XVIII secolo, in «In Alto», CXIV (1996), pp. 99-110. 

  9. Le citazioni sono tratte dalla «Memoria topografica, storica e militare della Regione compresa tra il Piave e l’Isonzo negli ex Stati Veneziani», datata 10.4.1809, redatta dal francese Corpo Imperiale degli Ingegneri Geografi, nel testo tradotto e pubblicato a cura di P. Foramitti, Il Friuli di Napoleone. Atlante dei territori compresi tra il Tagliamento e l’Isonzo, Monfalcone, Edizioni della Laguna, 1994, pp. 64-65. Già alcuni anni prima, nel 1805, il perito fiscale Giovanni Carlo Iacotti aveva osservato che la strada «è tanto difficile ed aspra, che non vi reggono che piccoli carretti, che due Bovi tirano solo libbre in 800 di peso veneto, mentre al Piano ne tirano libbre 1400 ed anco più, ed è quasi ridotta intransitabile, e di più li mancano, due Ponti sopra il Torrente Degan», G. C. Iacotti, Statistica del Friuli, Cargna e Canal del Ferro, vol. 11, in Biblioteca Civica V. Joppi di Udine (d’ora in poi: BCU), Fondo Generale, ms 965; il testo citato è tratto dalla trascrizione riportata in F. Bianco, D. Molfetta, Cramars. L’emigrazione dalla montagna carnica in età moderna (Secoli XVI-XIX), Udine, CCIAA di Udine, 1992, p. 107. 

  10. G. Marinelli, Guida della Carnia (Ristampa dell’edizione di Tolmezzo, 1906), Bologna, Arnaldo Forni Editore, 1981, p. 302. 

  11. Fonti d’origine ecclesiastica: Archivio parrocchiale di Rigolato (d’ora in poi: APR): rg. I Canonicus Liber: Matrimoniorum (1576-1702), Baptizatorum (1581-1701), Mortuorum 1618-1701; rg. II Liber Matrimoniorum 1702-1829; rg. II Liber Baptizatorum 1701-1764; rg. III Liber Baptizatorum 1765-1829; rg. II Liber Mortuorum 1702-1799; rg. III Liber Mortuorum 1799-1829. Fonti d’origine civile: APR, rg. Atti matrimonio 1817-1871; rg. I Atti nascita 1817-1838; rg. II Atti nascita 1839-1853; rg. III Atti nascita 1854-1871; rg. I Atti morte 1817-1846; rg. II Atti morte 1846-1871; rg. Ruolo della popolazione esistente al 31.12.1833 e dei movimenti successivi per mantenerlo sempre in giornata (d’ora in poi: Anagrafe vecchia). Archivio Comunale di Rigolato (d’ora in poi: ACR): rg. Ruolo della popolazione esistente al 31.12.1850 e dei movimenti successivi per mantenerlo sempre in giornata (d’ora in poi: Anagrafe nuova); rg. Atti di nascita dal 1871 al 1875. Archivio di Stato di Udine (d’ora in poi: ASU), Stato civile napoleonico (d’ora in poi: Scn): b. 388: serie di n. 9 (1806-1814, uno per anno) Registri degli atti di nascita più tre indici alfabetici distinti, e di n. 9 (1806-1814, uno per anno) di Registri degli atti di morte più tre indici alfabetici distinti; b. 389: serie di n. 10 (1806-1815, uno per anno) Registri degli atti di matrimonio più tre indici alfabetici distinti; serie di n. 10 (1806-1815) Registri atti di pubblicazione ed opposizione di matromonj; b. 184: fascicolo composto da fogli singoli contenente gli Atti necessari per la stipulazione dei matrimoni (allegati di matrimonio 1806-1815) – gli inserti sparsi nei registri sono stati considerati come facenti parte di questa busta quando si riferivano ad atti di matrimonio. Archivio Privato di Rigolato (d’ora in poi: APrR): rg. Nascite avvenute nella Parrocchiale e Comune di Rigolato dal primo gennaio 1812 al 31 giugno 1819; rg. Morti accadute nella Comune di Rigolato dal primo Gennaio tutto giugno 1819; Ruolo generale di Popolazione (istituito nel 1811), fz. relativa a Magnanins e Valpicetto (38 fg.) più un fg. relativo a Vuezzis e Gracco. 

  12. Con l’entrata in vigore del codice civile napoleonico (gennaio 1806) compare per la prima volta anche in Friuli il moderno ufficio di stato civile. Nel 1816 (applicazione del codice civile austriaco) le funzioni di stato civile sono affidate ai parroci. Per un sintetico inquadramento di questi avvenimenti nel contesto friulano: L. Stefanelli, L’anagrafe in Friuli: disposizioni legislative in epoca ottocentesca, in M. L. Iona (a cura di), Il ciclo della vita. Demografia, documenti e altre memorie in Friuli Venezia-Giulia, Catalogo della mostra tenutasi a Gorizia dal nel 1990, Monfalcone, Edizioni della Laguna, 1990, pp. 163-167; C. Sava, Lo Stato Civile, in Dopo Campo Formio, 1797-1813. L’età napoleonica a Udine, Pordenone, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, 1997, pp. 241-242. 

  13. Fa eccezione Givigliana: «Nell’anno 1800 Givigliana contava 24 fuochi compresi i forestieri; 115 abitanti: paese e Germania. Uomini in villa 19, giovani 18, donne 28, donzelle 26, ragazzi 19. Uomini in Germania 11, giovani 4», P. Cella, Memorie di Givigliana, Gorizia, Stabilimento Tipografico L. Lukezic, 1928, p. 24. Grazie alla gentilezza del sig. Pierino Pinzan da Givigliana abbiamo potuto consultare la fonte dalla quale P. Cella ha verosimilmente attinto l’informazione. Trattasi d’un catastico datato 21.10.1800. Purtroppo proprio i dati che ci interessano risultano pasticciati e di difficile decifrazione. Quella data da P. Cella non appare convincente in quanto stride con i dati noti immediatamente precedenti e successivi e, soprattutto, perché presenta un rapporto di mascolinità (103,7%) improbabile. Da come si presentano le sovrapposizioni manoscritte pare che sia stata tentata una modifica dei totali degli uomini e dei giovani in villa, attuata mediante la sottrazione a queste categorie degli uomini in Germania, i quali, invece, costituivano una mera disaggregazione dei maschi (un di cui), senza alcuna influenza sul totale generale. Suggeriamo, pertanto, un’altra interpretazione: Uomini: in villa Germania 11; Giovani: in villa Germania 4; Ragazzi: 19 (Totale maschi 49); Donne: 28; Donzelle: 26 (Totale femmine: 54) – Totale complessivo 103. Per le «Anagrafi della popolazione del dipartimento di Passariano, raccolta per Censuaria, 1808», in BCU, Fondo principale, ms. 960, la popolazione di Givigliana a quella data (1808 ?) ammontava a 98 persone, mentre, come si vedrà, secondo altre fonti, nel 1802 e nel 101 e 87 unità, rispettivamente. 

  14. «Il Ruolo di popolazione viene reso obbligatorio in ogni comune con la legge dell’11 giugno 1811, art. 37. Vedi: Bollettino delle leggi del regno d’Italia, Milano, Reale Stamperia, 1811, vol. I, p. 583» desumiamo la notizia da Ead, L’anagrafe in Friuli cit., p. 167. Alcuni studi demografici su località carniche si basano sui Ruoli istituiti successivamente dagli Austriaci, ed in parte li descrivono. Vedi D. Marino, Mortalità infantile in una comunità di montagna. Treppo Canico (1834-67), in M. Breschi (a cura di), Vivere in Friuli. Saggi di demografia storica (secc. XVI-XIX), Udine, Forum, 1999, pp. 193-214. 

  15. Sembra che in Friuli questo tipo di fonte sia andato disperso o perduto L. Stefanelli, L’anagrafe in Friuli… cit., p. 165. Per un inquadramento più ampio sul Ruolo generale di popolazione: A. Schiaffino, Il «ruolo generale della popolazione» nell’esperienza storica del Regno Italico, in Comitato Italiano per lo Studio della Demografia Storica, Le fonti della demografia storica Italia, Roma, Cisp, 1974, pp. 519-587, e A. Bellettini, Alcune considerazioni sul ruolo generale della popolazione istituito nel periodo napoleonico, in id., id., pp. 453-462. 

  16. L’integrazione, per quanto attiene i registri di battesimo, morte e matrimonio, si è estrinsecata principalmente nella composizione dei cosiddetti legami nominali, ovvero: a) nel collegamento univoco di ogni atto di morte al rispettivo atto di nascita/battesimo o al nominativo d’un immigrato; b) nel collegamento, anch’esso univoco, degli atti di nascita all’atto di matrimonio di provenienza e nell’individuazione dell’eventuale matrimonio, o più matrimoni, di destinazione. In questo modo si sono cercati d’intercettare gli eventi biografici salienti (nascita, morte, matrimonio di provenienza e di destinazione) di ciascun individuo. I problemi maggiori sono posti dai casi che sfuggono, in tutto o in parte, a tale incasellamento, riconducibili principalmente agli effetti dei movimenti migratori, a carenze strutturali delle fonti e alla qualità dei supporti. 

  17. Non sempre il numero dei nati e dei morti considerato coincide con quello dei registri «anagrafici» in quanto: a) sono stati espunti i casi riguardanti non residenti; b) sono, invece, stati considerati alcuni eventi, relativi a residenti ma avvenuti fuori comune e, presumibilmente per questo motivo, non annotati nei registri. 

  18. I dati sono stati attinti da: -1607: Archivio di Stato di Venezia (d’ora in poi: ASV), Provveditori sopra beni comunali, b. 471; -1647: C. Puppini, Tolmezzo. Storie e cronache di una città murata e della contrada di Cargna dalle origini al XVII secolo, Udine, Ed. Co.El., 1996: pp. 448-452; -1672: Molinaro, op. cit., p. 61; -1701 e 1736: ACAU, Visite pastorali, b. 807; - 1766 e 1771: Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, Anagrafi; - 1790: ASV, Deputati aggiunti alla provision del denaro pubblico, b. 210 bis; - 1802: «Compartimento territoriale delle città, terre, castella, borghi, ecc. ed anagrafi della popolazione delle provincie austro venete – Formato con il fondamento delle note manoscritte spedite dalle provincie l’anno 1802» in ASV, Biblioteca legislativa, b. 351; - 1805: BCU, Fondo principale, ms. 965, Vol. 11; - 1807 e 1811: R. Corbellini, L. Cerno e C. Sava (a cura di), Il Friuli nel 1807. Dipartimento di Passariano. Popolazione, risorse, lavoro in una statistica napoleonica, Udine, Società Filologica Friulana, 1992, pp. 356-357 e p. 631; - 1812, APrR, «Ruolo per l’anno 1813 de’ maschi dagl’anni 14 compiuti ai 60 pure compiuti, che di presente abbitano nel Territorio sudetto compilato a tenore della Legge 24 luglio 1802, e delle susseguenti istruzioni» (affisso sulla piazza di Rigolato dal 14 al 17-3-1813); - 1779, 1783 e 1816: G. Vale–A. Roja, op. cit., p. 19; - 1794: Biblioteca del Museo Gortani di Tolmezzo, Archivio Roja, b.10.38 (gli appunti di don A. Roja, collocati in quest’ultima busta, rinviano, alle seguenti fonti: per l’anno BCU, Wolf, Carnia, f. sec. XIII; per il 1783 all’ACAU, vol. VI D. Mosacensis; per il «Schede Wolf»; per l’anno «don Michele Vidale, ex Archivio par. Monaio»); - 1818: Compartimento territoriale delle provincie venete (ristampa del 1821, «agggiuntavi la popolazione e la classificazione delle comuni»), Venezia, Andreola, 1821. Relativamente al 1816 abbiamo deciso, in attesa di esami più approfonditi, di non utilizzare i dati dello «Stato della popolazione e del bestiame bovino, caprino e pecorino dei sottoindicati distretti formanti il riparto boschivo dell’Ispettorato forestale della Carnia, nell’anno 1816» collocato in ASV, Ispettorato generale dei boschi, rg. 206, e trascritto in F. Bianco, A. Lazzarini, Forestali, mercanti di legname e boschi pubblici, Udine, Forum, 2003, pp. 186- quanto il numero complessivo degli abitanti (960) pare decisamente sovrastimato (corrisponde a quello d’almeno quindici anni dopo). 

  19. Le considerazioni che seguono devono molto a A. Fornasin, Ambulanti, artigiani e mercanti. L’emigrazione dalla Carnia in età moderna, Verona, Cierre Edizioni, 1998, pp. 169-198, che dopo un esame critico delle fonti censuarie conosciute, traccia un quadro complessivo della popolazione della Carnia nei secoli XVI-XIX. Per quanto riguarda il comune di Rigolato osserviamo che sono state erroneamente incluse nel suo ambito le località di Stalis e Palù (anni 1607 e 1647) situate invece in quello di Monaio. Anche nel comune di Rigolato esiste una località denominata Stalis, che nelle fonti prese in considerazione compare indicata separatamente solo nel 1647 (con 12 anime). Per effetto di questo spostamento anche le integrazioni ivi proposte per gli anni 1805 (+250 unità) e 1807 (+ 200 unità) appaiono eccessive. 

  20. Qualche ulteriore indizio a favore dell’attendibilità di questo dato, nel contesto di cui ci occupiamo, viene dal confronto con le notizie raccolte nel corso di una visita pastorale svoltasi nel 1602. Secondo quanto riferito dal parroco la popolazione era allora suddivisa in 80 fuochi (86 nel 1607) e le anime da comunione ammontavano a 280 (ACAU, b. 806/82). Assumendo che il numero medio di persone per fuoco nel 1602 sia uguale a quello rilevato nel 1607 (5,29 persone) avremmo un totale di 423 abitanti (contro i 455 del 1607) dei quali 143 non da comunione; la popolazione figurerebbe così ripartita tra un 66,20 % di persone da comunione ed il rimanente 33,80% non da comunione. Nel 1672 queste proporzioni saranno del 67,90% e 32,01% rispettivamente, ovvero particolarmente vicine a quelle ipotizzate per il base ai dati del 1607. 

  21. «Grave lacuna nella prima cifra, sensibile nella seconda, contenuta nella terza», Fornasin, op. cit., p. 180. Per quanto attiene i dati seicenteschi sembrano, tuttavia, necessari ulteriori approfondimenti, almeno nel contesto in esame. Se partiamo dal postulato che il dato del 1607 sia attendibile e quelli successivi pecchino di approssimazione per difetto, dobbiamo dedurre che nei quarant’anni successivi la popolazione cresca di almeno 86 unità (in media 2 persone all’anno equivalenti ad un tasso d’incremento annuo composto del 4,33‰), e che tra il 1647 e il 1672 l’aumento assoluto di 76 unità corrisponda ad un tasso proporzionale maggiore (tasso d’incremento annuo del 5,26‰). In 65 anni la popolazione si sarebbe così accresciuta di 162 unità, ovvero di oltre il 35% (con un tasso d’incremento annuo composto del 4,69‰). Se i dati del 1647 e del 1672 sono sottostimati la crescita sarà stata ancora maggiore, il che è possibile ma rimane da dimostrare. Relativamente al 1771 si conosce anche il dato fornito dal parroco in occasione della visita pastorale di quel anno: anime da comunione 550 circa, fanciulli 300 circa (ACAU, b. 797/48) per un totale di 850 anime. Nonostante l’evidente ed esplicita approssimazione, il confronto col dato dell’Anagrafe veneta di quel anno (711), inferiore per ben 139 unità (16,35%), rafforza l’impressione d’un’eccessiva approssimazione per difetto di quest’ultima. 

  22. Analoghe, più o meno accentuate, incongruenze sono state segnalate da A. Fornasin per Comeglians, Sutrio, Enemonzo, Forni Avoltri ed altre località Fornasin, cit., p. 183, il quale conclude: «Insomma, le registrazioni delle Anagrafi risultano in molti casi inferiori alle rilevazioni precedenti, eccezion fatta per quella del 1672. Calo della popolazione ? Credo si possa escludere. Parlerei piuttosto di calcoli effettuati con criteri diversi», ivi, pag. 184. Relativamente ai dati del 1701, che non abbiamo visto citati da altri, segnaliamo che presentano la popolazione scomposta tra persone «di comunione», «di cresimare d’anni più» e «di cresimare d’anni meno»; rispettando questa sequenza riportiamo i dati ed il totale per singola località: Rigolato: 106+41+6=153, Ludaria: 140+44+19=203; Valpicetto e Magnanins: 101+39+15=155; Givigliana: 78+28+9=115; Vuezzis e Gracco: 58+23+11=92; Totale complessivo: 483+175+60=718; l’incidenza dei tre raggruppamenti è del 67,27%, 24,37% e 8,36%. Rimane da chiarire cosa s’intenda per persone «di cresimare». Supponendo che il terzo raggruppamento comprenda la popolazione con meno di 5 anni d’età, la sua incidenza sul complesso appare, in effetti, un po’ bassa, rispetto alle attese ed anche rispetto a quella riscontrata un secolo dopo. I dati relativi al 1736 seguono la più comune suddivisione tra «anime di comunione» e «non di comunione» e sono i seguenti: Rigolato: 118+51=169; Ludaria: 154+62=216; Vuezzis: 38+14=52; Valpicetto: 59+33=92; Givigliana: 82+23=105; Gracco: 40+25=65; Magnanins: 32+13=45; Totale complessivo: 523+221=744. 

  23. Può essere utile il confronto con la suddivisione in tre fasi dell’andamento della popolazione per l’intera Carnia nel periodo considerato fatta da A. Fornasin: I) da metà ‘500 a metà ‘600 «di sostanziale stabilità» con «un tasso di incremento annuo della popolazione molto basso, tendente a zero»; II) da metà ‘600 alla fine del ‘700 periodo di «lenta crescita con un tasso di incremento medio del 2,1 per mille»; III) dalla fine del ‘700 al 1871 fase in cui si verifica un aumento consistente «documentato dagli alti tassi di crescita della popolazione che si collocano tra il 3,8 e il 13,7 per mille», Fornasin, cit., p. 182 

  24. M. W. Flinn sintetizza efficacemente questo tipo di andamento quando osserva che per buona parte dell’ancien régime «…il bilancio demografico fu di norma in attivo. Sebbene attivo, esso rimase tuttavia a lungo precario, perché sia il tasso di mortalità che quello di fertilità erano la risultante di un insieme di forze soggette a variazioni tanto nel breve quanto nel lungo periodo», M. W. Flinn, Il sistema demografico europeo 1500-1820, Bologna, Il Mulino, 1999 (I edizione inglese1981), p. 39. Proprio questa precarietà, non eccezionale ma ordinaria, sembra persistere almeno fino alla crisi di sussistenza del 1817/18. 

  25. Come si vedrà in seguito è necessario, inoltre, aver presente che una certa distorsione è prodotta dal disallineamento temporale dei dati messi a confronto; mentre, infatti, le rilevazioni censuarie sono riferite a momenti sconosciuti, ma molto probabilmente intermedi, dell’anno di riferimento, i dati ricostruiti in base ai movimenti anagrafici si riferiscono all’ultimo giorno dell’anno. 

  26. Collettabile sta per soggetto alla tassa personale che colpiva tutti gli uomini validi dai 14 ai 60 anni compiti. Introdotta una prima volta nel primo periodo austriaco, «nel 1807 l’imposta venne definitivamente confermata nella misura di 6 lire di cui beneficio dei comuni, 3,60 dell’erario»; «La legge 25 luglio Bollettino della leggi della Repubblica Italiana, I (1802) pp. 209-211» – citazioni da M. Berengo, L’agricoltura veneta dalla caduta della Repubblica all’unità, Milano, Banca Commerciale Italiana, 1963, p. 64. 

  27. Valpicetto: al civico n. 4 GioBatta Di Qual di Giovanni, calzolaio, «da sei anni è nella Stiria»; al n. 9 Antonio Gussetti di Giovanni, droghiere, «da un anno e mezzo negozia in giro nel Salisburghese»; al n. 20 Giuseppe Antonio Gracco di Gio Batta, scolaro, «da un anno e mezzo è alla scuola in Augusta»; al n. 23 Gio Batta Pascutti fu Giuseppe, apprendista negoziante, «da quattro trasportò a Pols alla Stiria presso un di lui zio»; inoltre al n. 10 non risultano inclusi i fratelli Gio. Giacomo e Gio. Pietro Vidale, figli di Giacomo, per i quali c’è il fondato sospetto che l’esclusione derivi da un’assenza temporanea legata all’emigrazione (nel 1820 Giovanni Pietro si sposerà a Gurten, distretto di Ried, nell’Innviertel (Austria superiore), dove nel 1838, dopo un breve rientro, trasferirà definitivamente il domicilio con l’intera famiglia, APR, Anagrafe vecchia, Valpicetto, c. 65); Magnanins: al civico n. 31 Giovanni Mecchia fu Gio: Battista, direttore d’osteria, «da 38 anni è a Trieste». Nei fogli di casa le annotazioni relative agli assenti temporanei sono più numerose; ci siamo limitati ad elencare quelle in grado di spiegare ragionevolmente le discordanze tra le due fonti. 

  28. ASU, Catasto Napoleonico, Catasto case (si riporta anche quello che dovrebbe essere un numero d’inventario ma che non è significativo, in quanto la collocazione dei registri è fatta in base alla località) per Rigolato e Ludaria (rg. 606), Givigliana (rg. 279), Vuezzis e Gracco (rg. 785), Valpicetto e Magnanins (rg. 365); il numero civico appare indicato per la prima volta nei registri anagrafici dei morti nel 1807 (ASU, Stato Civile Napoleonico, b. 388, rg. Atti di morte anno 1807, atto n. 10 del 23.8.1807), successivamente, negli stessi registri verrà riportato saltuariamente e con più regolarità a partire dal 1811. 

  29. Dei 66 maschi non registrati 8 (12%) sono compresi nella prima fascia d’età, 56 (85%), 44 dei quali celibi, in quella intermedia, e due (3%) nell’ultima. Tra i 56 maschi compresi nella fascia centrale mentre per 19 (34%) non conosciamo la professione esercitata, degli altri 2 (4%) erano gli scolari, 7 (12%) i boscaioli/falegnami, 14 (25%) i variamente impiegati nel settore del commercio (trafficanti, droghieri, mercanti, negozianti, apprendisti negoziante), 4 i sarti/tessitori (7%), 4 (7%) i villici (termine poco significativo in quanto usato genericamente), e 6 (11%) esercitavano altre attività (calzolaio, oste, muratore, ecc). 

  30. I dati sono stati desunti da: -1802, 1805, 1807, 1811, 1812, 1816, 1818: vedasi quanto già esposto alla nota 18; -1820, 1827, 1849: ACAU, b. 797/48; -1845: Compartimento territoriale delle provincie dipendenti dall’I.R. Governo Veneto, Venezia, Andreola, 1845; -1853: Compartimento territoriale delle provincie venete, Venezia, G. Antonelli, 1853; -1862: Compartimento territoriale delle provincie soggette alla luogotenenza lombardo-veneta, Venezia, G. Antonelli, 1862; -1861: G. Ciconi, Udine e sua provincia (Grande illustrazione del Lobardo-Veneto, vol. V, parte II), Milano, Corona e Caimi, 1861 (copia anastatica, Udine, Agraf, 1992), p. 458; -1863: Id., Udine e sua provincia, Udine, Trombetti Murero, 1862 (l’anno è errato in quanto il testo contiene espliciti riferimenti al 1863), p. 521; -1871: ISTAT, Popolazione residente e presente dei comuni. Censimenti dal 1861 al 1971. Tomo 1, p. 201 (con rideterminazione della popolazione residente, vedasi le avvertenze collocata a p. VIII). 

  31. A. Fornasin rileva che «il dato del 1805 sembra un po’ troppo basso», Fornasin, op. cit., p. 180. La finalità fiscale (determinazione di una tassa, il Quintello) della rilevazione rende credibile l’ipotesi che i risultati scontino gli effetti d’un atteggiamento reticente da parte degli informatori. 

  32. Muovendosi su un piano diverso, decisamente più generale, sia P. Fortunati sia G. Ferrari hanno utilizzato i dati della numerazione austriaca del 1802 (il primo in forma mediata, senza accesso diretto alla fonte). P. Fortunati ha ritenuto che fossero sovrastimati, tanto da supporre un errore di trascrizione per 10.000 unità proprio riguardo alla Carnia; P. Fortunati, Quattro secoli di vita del popolo friulano (1548-1931), Padova, Tipografia Antoniana, 1932, p. 17. Tale ipotesi è stata decisamente scartata da G. Ferrari per il quale «se errore per eccesso vi è stato, questo non può riguardare » in quanto «se vi è una zona per la quale nei vari censimenti le cifre si succedono senza bruschi salti, è proprio …», G. Ferrari, Il Friuli. La popolazione dalla conquista veneta ad oggi, Udine, CCIA, 1963, p. 50-51. 

  33. Resta l’impressione che questi dati, i primi dettagliati e completi disponibili nell’800, qualche problema interpretativo lo pongano proprio perché si distinguono per non sottovalutare il numero dei residenti. Per quanto riguarda segnaliamo la presenza di storpiature esilaranti, degne d’una geografia immaginaria, dei nomi di località (tipo Quartiere di Gojto per Gorto, Runichia per Runchia, Riguluto e Luduria, Trave per Trava, ecc.) e un’anomalia relativa al Quartier di Tolmezzo. Il totale che si ottiene sommando i dati delle singole ville di quest’ultimo (7.533) è inferiore a quello riportato nel registro (7.778) per 245 unità. Riteniamo che il numero corretto di abitanti sia 7.778 e che l’anomalia derivi forse da una errata trascrizione della popolazione di Mezzafuori e Riù (Mezzafuori pare l’acronimo di Villamezzo e Villafuori di Paularo), indicata in 315 unità, cifra identica a quella, annotata immediatamente dopo, per Paularo. 

  34. Esistono indizi d’un andamento similare, benché meno netto e marcato, anche per altri comuni carnici. Ravascletto: «Dal 1800 al 1803 nella parrocchia di S. Matteo i morti superano i nati e soprattutto a Monaio il dato è impressionante: nel 1800 per 14 nati si contano 25 decessi, nel 1801 10 nati e 22 decessi, nel 1802 4 nati e 16 morti, nel 1803 infine 8 nati per 15 decessi, anche per un’epidemia contagiosa ob inflatione gutturis che ha il suo apice in aprile. Il saldo passivo totale del triennio è di –42» , P. Casanova, Attraverso il tempo, in Ead. (a cura di), Valcalda. Il tempo, i luoghi, le voci, Monfalcone, Comune di Ravascletto-Edizioni della laguna, 1996, p. 57. Sauris: nel 1802 si verifica un’accentuazione delle morti; «è soprattutto il vaiolo, secondo una dichiarazione fornita dai rappresentanti della comunità, a determinare quest’anno l’accresciuta incidenza della mortalità». A Sauris durante le crisi di mortalità ottocentesche si verifica «una concentrazione dei decessi nei mesi di febbraio-aprile o di agosto-settembre», E. Navarra, La comunità di Sauris tra Settecento e Ottocento: profilo demografico, in D. Cozzi, D. Isabella, Ead. (a cura di), Sauris Zahre, una comunità delle Alpi Carniche, Udine, Forum, 1998, pp. 124-5. Forni Avoltri: qui il fenomeno sembra diversamente cadenzato; un picco di decessi si ha nell’anno 1800 (60 sepolture), con un saldo naturale negativo per ben 35 unità; nel 1802 la loro entità è decisamente inferiore (16 eventi in totale, 6 dei quali nel primo semestre), ma il saldo naturale permane di segno negativo (-4); nei primi sei mesi dell’anno, tuttavia, concentrandosi le nascite quasi interamente nel primo semestre (10 su 12), il saldo naturale è di segno opposto (+4) (dati desunti dai registri parrocchiali). Comeglians: nel fronte di 26 battesimi si hanno 35 sepolture (saldo: -9); anche in questo caso nel primo semestre si riscontra un saldo naturale positivo: 17 nati contro 16 morti (dati desunti dai registri parrocchiali). 

  35. Nella visita pastorale del 26.06.1820 il parroco comunica i seguenti dati: «Quantità delle anime: 737 – Adulti di comunione: 536 – Adulti incapaci di comunione: 2 – Fanciulli non di communione: 201» (dal che si deduce che gli adulti incapaci di comunione non vengono inclusi tra le anime) mentre nella visita del 12.08.1829 quantifica la popolazione più sbrigativamente: «Nro della popolazione di Comunione: 700 circa – senza comunione: 200 circa» (ACAU, b. 797/48). 

  36. Come ha osservato P. Fortunati «Sotto il governo austriaco…si parla di anno camerale, che va dal 31 ottobre al 1° novembre: ne consegue che, quando le fonti non specificano, si è incerti se la consistenza della popolazione sia riferita al 31 ottobre di un anno o al 1° novembre dell’anno antecedente» P. Fortunati, op. cit., p. 42. Forse più correttamente G. Ferrari parla di «incertezza sulla data delle numerazioni, alcune essendo riferite all’anno così detto camerale, senza specificare se la data indicata è quella d’inizio (1° novembre) o della fine (31 ottobre) dello stesso, altre al 31 dicembre…» , G. Ferrari, op. cit., p. 75.. 

  37. Il «Riassunto della popolazione della Frazione di. . .desunto dal Ruolo generale della medesima», anteposto al ruolo, è stato compilato per cinque anni civili (1851, 1852, 1854, 1856 , 1857) e quattro camerali (1852, 1853, 1854, 1855). Per l’anno camerale 1853 la somma dei totali riportati per ciascuna frazione coincide con quella del Compartimento dello stesso anno (Rigolato: 326, Ludaria: 302, Valpicetto e Magnanins: 319, Givigliana: 148, Vuezzis: 131, Gracco: 50, Totale: 1276) il che conferma che quest’ultimo si basava sui ruoli. 

  38. In realtà esisteva anche una certa emigrazione femminile, legata principalmente al mercato matrimoniale che, relativamente alle femmine, era costantemente in deficit. Anche se questo elemento rimane da quantificare appare verosimile che abbia contribuito ad accentuare un certo squilibrio tra i sessi soprattutto nelle fasce d’età di accesso al matrimonio. 

  39. Nel 1766 il rapporto di mascolinità appare troppo basso ed eccessivamente esigua la fascia attiva della popolazione (14-60 anni) maschile. Sia l’uno sia l’altro elemento sembrano strettamente tra loro correlati; l’esiguità della fascia centrale va presumibilmente ricondotta alla mancata rilevazione degli assenti temporanei, in maggioranza costituiti da maschi adulti. 

  40. È vero che l’aumento di 93 unità in trentatre anni verificatosi tra il 1766 e il 1799 corrisponde ad un tasso d’incremento annuo medio composto del 3,59‰. Poiché, come già osservato, il dato di partenza (1766) sottostima notevolmente la popolazione residente, in realtà l’aumento della popolazione nei trentatre anni considerati deve essere stato inferiore. Partendo dal dato del 1779 il tasso c’incremento si riduce allo 1,62‰. 

  41. Si tratta di un metodo utile quando non si dispone di statistiche sul flusso effettivo dei matrimoni secondo l’età ma di statistiche di stato, come per esempio i censimenti. Pur utile è una misura ambigua in quanto «rispecchia una situazione antecedente al periodo di censimento (infatti le varie proporzioni di nubili – o di celibi – sono il risultato della nuzialità nei 35 anni precedenti) e non è interpretabile né come misura per contemporanei, né per generazioni.», così M. Livi Bacci, Introduzione alla demografia, Torino, Loescher, 1993, p. 195. 

  42. La standardizzazione consiste nel commisurare i rapporti ad una «popolazione ipotetica a struttura per età rettangolare (tutti vivono fino a 100 anni e poi scompaiono) con popolazione in ciascuna classe di età pari a 1 (o 10, 100, 1000)», ivi, p. 182. 

  43. Per Sauris: E. Navarra, Demografia di un villaggio alpino della Carnia. La popolazione di Sauris fra ‘700 e ‘800, in «Memorie storiche forogiuliesi», LXXV (1995), pp. 94-95. 

  44. Per Sauris: ivi, p. 95; per Alagna: P.P. Viazzo, Comunità alpine. Ambiente, popolazione, struttura sociale nelle Alpi dal XVI secolo ad oggi, Bologna, Il Mulino, 1991, p. 268; per Comeglians: G. Ferigo, Ancora di cifre cit., pp. 156-157; per Tolmezzo: G. Rizzi, Dentri Muraes. Le dinamiche del movimento della popolazione a Tolmezzo nel ‘700, in G. Ferigo, L. Zanier. (a cura di), op. cit., pp. 87-88. 

  45. E. Navarra, Demografia di un villaggio cit, p. 95. 

  46. Per Tolmezzo: L. Tosoni, Le anime di San Martino, in G. Ferigo, L. Zanier. (a cura di), op. cit., p. 99; per Clauzetto: C. D’Agostini, Le anime di Clauzetto nel 1726. Popolazione e famiglie, servi e migranti agli inizi del Settecento, .in M. Michelutti (a cura di), As. Int e cjere. Il territorio dell’antica pieve d’Asio, Udine, Società Filologica Friulana, 1992, p. 314. 

  47. Per le vicende relative alla formazione del catasto si rinvia a M. Berengo, op. cit., pp. 25-63 e a F. Bianco, Nobili castellani, comunità, stottani. Il Friuli dalla caduta della Repubblica alla Restaurazione, Monfalcone, Edizioni della Laguna, 19972 , pp. 87-108. 

  48. ASV, Censo austriaco, atti preparatori, b. 292 «1826. Circondario censuario n. 44. Nozioni generali territoriali date dal Comune censuario di Rigolato... 18.8.1826.» 

  49. In merito al capofamiglia, elemento cruciale nella classificazione degli aggregati domestici, si è cercato di seguire l’assioma di P. Laslett «La prima persona menzionata all’inizio di una lista dei membri di un aggregato domestico viene considerato capofamiglia, qualunque sia il tipo di aggregato domestico», P. Laslett, Famiglia e aggregato domestico, in M. Barbagli (a cura di), Famiglia e mutamento sociale, Bologna, Il Mulino, 1977, p. 35 – anche se la chiara finalità della rilevazione lo ha, ci sembra, in parte reso inapplicabile. Scorrendo l’elenco si ha la sensazione che, spesso, dovendo scegliere tra il nominativo di diversi maschi coresidenti, sia stato privilegiato, per motivi di chiarezza, quello che rientrava nella casistica dei collettabili; questo soprattutto negli aggregati multipli e nei casi di padri ultrasessantenni (esclusi dalla tassa) coresidenti con figli celibi collettabili. In alcuni casi, , per es. al n. civico 11 di Ludaria, l’indicazione di più nominativi non corrisponde a più nuclei familiari (nel caso indicato trattasi di padre e figlio maggiore celibe coresidente con altri fratelli minori). In queste evenienze abbiamo assunto che capofamiglia sia il genitore, a madre o madre, ancora in vita. 

  50. È possibile che questo dato sia lievemente sottostimato. Resta il fatto che il lavoro servile nei termini definiti da J. Hajnal e P. Laslett come tipico del modello di famiglia nord-occidentale certamente non esisteva nella Rigolato di fine Settecento inizio Ottocento. Benché si abbia l’impressione che questa situazione sia quella prevalente anche nel resto della Carnia non mancano indizi diversi, soprattutto nel ‘700. Ad Amaro, per esempio, nel 1745 vengono rilevati «164 famèis, famigli, su una popolazione di circa 558 anime pari a circa il trenta per cento del totale» G. Moroldo, Se il prin paîš de Cjargne…(Damar e le so int) Storia genealogica di una comunità, Comune di Amaro, 1999, p. 43. 

  51. Si tratta d’un procedimento improprio, da cogliere con le dovute cautele, in quanto utilizza elementi statici (riferiti ad un determinato momento) in senso longitudinale (un’analisi corretta dovrebbe essere condotta per generazioni). 

  52. La netta prevalenza delle forme complesse di aggregato domestico e la residenza patrilocale sono state analizzate per Sauris da E. Navarra, Famiglie e casate. Forme di residenza e sistemi ereditari a Sauris (1780-1860), in D. Cozzi, D. Isabella, Ead. (a cura di), op. cit., pp. 135-153. 

  53. Trattasi di Maddalena Gracco fu Pietro che sposò Valentino Gerin fu Valentino da Frassenetto (Archivio Parrocchiale di Forni Avoltri, Liber matrimoniorum, 5.2.1812). Relativamente agli altri matrimoni si veda APR, rg. II Liber Matrimoniorum (1702-1829) alle date 5.2.1812 e 22.6.1812. 

  54. Trattasi di Anna Maria Pellegrina di Giuseppe che sposò Gasperin Francesco di Giovanni da Ciroi di Castion (APR, ivi, alla data 27.4.1811). Relativamente agli altri matrimoni si veda APR, ivi, alle date 6 e 26 febbraio, 22 e 29 aprile, 7 e 26 giugno, 26 luglio ed inoltre APR, Anagrafe vecchia, fg. 43, per il matrimonio di Giovanni Giacomo Pascutti da Valpicetto con Maria Rovis da Agrons.