L'Operaio Italiano - anno III (1900)

 

L'Operaio Italiano - 1900 n. 24

 

24.02.1900 - numero 4

Movimenti di salario. Muratori. I padroni si preparano

«L'articolo di fondo era già composto, quando ci è capitato fra le mani la seguente circolare della "commissione della lega degli imprenditori edili" in data 7 Febbraio 1900, che sembra fatta apposta per illustrarlo.

"La commissione della lega degli imprenditori edili è stata domandata ripetutamente di pubblicare anche questa Primavera la tabella dei salari dell'industria edilizia nelle differenti località. Si pregano perciò i comitati delle sezioni ed i singoli imprenditori di aver la gentilezza di rispondere sollecitamente ai questionari che sono loro stati inviati.
Nel medesimo tempo la commissione prega tutti di avere la compiacenza di comunicarle gl'indirizzi mediante i quali si possono far venire dei muratori italiani o dell'alta Slesia."

La circolare specialmente per noi italiani non ha bisogno di commento. [...]»

 

10.03.1900 - numero 5

I dieci comandamenti dell'operaio all'estero

  1. Non tradire lo sciopero
  2. Non accettare lavoro a cottimo
  3. Non lavorare più dell'orario vigente sulla piazza
  4. Non accontentarti di una mercede inferiore della media stabilita pei lavoratori del luogo
  5. Appena ti fermi in un paese, entra nella Società del tuo mestiere o, se non ne esistesse una, in quella mista, e paga puntualmente le tasse sociali
  6. Intervieni a tutte le adunanze e comportati in esse da compagno educato e cosciente
  7. Leggi i giornali dei lavoratori che trattano delle tue questioni, e gli opuscoli, i libri, delle biblioteche sociali
  8. Non lasciarti fuggire occasione di persuadere altri dell'utilità dell'organizzazione, e quando torni al tuo paese, fa propaganda fra i tuoi compagni, senza rispetti umani, senza timore alcuno
  9. Rispetta la nazionalità, gli usi, i costumi del paese che ti ospita, e dignitosamente esigi uguale rispetto per te
  10. Ricordati sempre che la divisa dei lavoratori dev'essere: Tutti per uno, uno per tutti!
    E così sia.»

 

10.03.1900 - numero 5

Di un odioso intervento negli scioperi

«Tutti avranno potuto osservare che non si è padroni di seguire con attenzione lo svolgimento di uno sciopero di qualche importanza senza battere nella nota antipatica: Operai italiani della tal provincia lavorano sotto la protezione della polizia. Così nel grande sciopero di Amburgo in quello degli stuccatori di Londra, degli scalpellini nelle cave di Ecaussines nel Belgio, ed ora, seconda una notizia pubblicata nell'"Avanti" e nell'"Avvenire del lavoratore" di Trento, nello sciopero dei minatori in Boemia; coll'aggravante in quest'ultimo caso che i krumiri non sarebbero dei poveri disoccupati abbrutiti ed esauriti da mesi di miserie e di sofferenze, ma tutta gente che lavorava alla costruzione di una ferrovia.

A questa nota, che in stile telegrafico rivela tutta l'immensa, l'incommensurabile miseria morale in cui giace e si rivoltola come il porco nel fango una buona parte della classe operaia italiana che viene all'estero in cerca di lavoro e di pane, tutti quelli che nutrono in cuore un po' d'affetto patrio e che sognano un'Italia grande in civiltà non possono fare a meno di sentirsi assaliti da un senso di scoramento indicibile e d'umiliazione profonda.

Ma che proprio si debba sempre essere noi a fare la miserabile figura dei traditori? Che in fondo alle nostre anime non vi sia rimasto neppure un briciolo di sentimento di giustizia, un rimasuglio di dignità, e quasi diremmo di pietà per noi stessi? Che al nostro nome debba proprio andare sempre unita l'odiosa taccia di bravi del capitalismo?

Eppure è così: quest'idea piano piano si fa strada nell'opinione pubblica di tutti gli stati esteri, e in tutte le classi sociali. Alla vecchia leggenda dell'italiano col cappello a punta, le ciocie a piedi ed il trombone fra le mani se ne sostituisce lentamente un'altra non meno antipatica e brutta: quella del mercenario sempre pronto ad offrire le braccia a qualunque prezzo, per quanto meschino, ed a prestare man forte all'oppressore comune nella lotta che in tutto il mondo civile la classe lavoratrice combatte per la sua emancipazione.

Sappiamo già che cosa pensano di noi gli operai pe' quali siamo un specie di bau bau e continuamente oggetto di diffidenza e di sprezzante commiserazione. E chi non ricorda i tristi fatti causati in Isvizzera, in Francia, in America dall'incoscienza de' nostri? Chi non rammenta Marsiglia, Zurigo ed Aigues-Mortes?

Ma neppure nella classi superiori hanno un'opinione migliore di noi. Pochi giorni fa in Friedland e in Ratzeburg avendo gli operai del paese domandato per la nuova stagione un lieve miglioramento nei salari, si sono sentiti rispondere per la stampa: Ordineremo degli italiani».

 

10.03.1900 - numero 5

Gli assistenti e la camorra

«Non è la prima volta che ci capita di dovere parlare degli assistenti e sappiamo che in linea generale ad essi rimonta la responsabilità di una buona parte delle vessazioni di cui sono vittime i muratori ed i manuali per parte degli imprenditori.

In molti luoghi oltre al solito ufficio di dirigere i lavori più materiali, di fare l'aguzzino agli operai, di spronarli al lavoro con tutti i mezzi in modo da ottenere da loro il massimo prodotto possibile, e di fare il referendario, per usare una parola benigna, all'imprenditore e al padrone di quanto succede sulla piazza di lavoro, sono spesso anche incaricati dell'ingaggiamento degli operai, di fissare il salario, e qualche volta anche di far la paga. Sempre poi i loro rapporti hanno un'influenza decisiva sul mantenimento o sul licenziamento degli operai.

Ora vi sono molti assistenti, e qualcheduno ne conosciamo anche noi, che esercitano il loro ufficio con coscienza ed umanità; ma ve ne sono altri, invece, che non solo profittano della loro posizione per tiranneggiare i loro ex compagni di lavoro ma anche per esercitare su di loro una vera e propria camorra e derubarli di una parte dei loro meschini guadagni. Cosicché i poveri operai che hanno la sventura di capitare fra le mani di uno di questi vampiri, oltre di essere sfruttati dal capitalista nella maniera che sappiamo, vengono anche taglieggiati da essi in un modo più indecente ancora.

E disgraziatamente questa forma di delinquenza si verifica in ispecial modo fra gli assistenti italiani della maggior parte dei quali proprio si può dire: Gratta l'assistente, ne vien fuori il camorrista.

La camorra piglia poi forme diversissime.

Alcuni pretendono dagli operai che lavorano sotto di loro una tassa per una volta tanto che varia dalle 3 alle 10 lire e più. Altri invece impiegano soltanto operai della loro borgata e provincia, dai quali oltre alla tassa, che chiameremo d'ammissione, esigono ancora un tributo in natura, salame, vino, ecc. quando in primavera tornano da casa. Altri invece impongono una tassa giornaliera dai cinque ai dieci centesimi e riescono in questo modo a raddoppiare e triplicare il loro salario alle spalle di quei poveri cristi.

E guai a chi tentasse di ribellarsi. L'anno scorso un compagno, Mattia Cozzi, lavorava a Felsenkeller, quando disgraziatamente per lui, capitò sul posto un assistente suo compaesano, certo Bortoluzzi Fortunato di Castalnuovo del Friuli, con una piccola squadra di operai, e cominciò a lavorare colla medesima ditta per la quale lavorava il Cozzi. Bisogna notare che fino allora il direttore Heine era stato contentissimo del nostro amico, tanto è vero che mai gli avevano mosso un appunto e fatto un rimprovero. Ma arrivato l'assistente siccome il Cozzi non sapeva capacitarsi di dovere levarsi di tasca ogni quindicina una settantina di centesimi per darli a lui, questi cominciò a metterlo male coll'impresa, a dire che era un fiaccone, un buon a' nulla, un pigro e che faceva restare indietro tutta la squadra; e siccome tutto questo non bastava l'accusò di sobillare gli altri contro l'impresa, fino a tanto che questa lo licenziò. [...]».

 

02.06.1900 - numero 11

Il primo maggio a Prato Carnico

«La corrente delle idee che tende alle legittime rivendicazioni sociali, comincia ad infiltrarsi in questo estremo lembo dell'Italia (Carnia) che sin oggi sembrava refrattaria a qualsiasi movimento civile, perché monopolio di pochi borghesi, la maggior parte negozianti di legnami tanto prepotenti quanto ignoranti.
Ne fa fede l'essersi costituito in questo piccolo comune da pochi mesi il primo Circolo democratico socialista della regione, con non meno di 70 soci, dei quali nella ricorrenza del 1° Maggio i pochi rimasti a casa si sono riuniti a fraterno convegno per affermare la loro solidarietà coi compagni d'Italia e del mondo e per brindare all'estrema sinistra, vindice della libertà conculcata. la quale nonostante l'imperante e brutale reazione non può tardar molto a risplendere quale benefico solo sugli apostoli della libertà.
A quadro edificante di quei lavoratori, dai volti abbronzati e dalle mani incallite piene di forza e di fede, facevano elegante cornice alcune gentili e intelligenti signorine intervenute opportunamente alla geniale riunione a offrire fiori primaverili, simboli della nuova vita e delle future speranze.
Prato Carnico G. G.»

 

28.07.1900 - numero 15

Come sono trattati gli italiani. Ai compagni d'Italia

«Wisbaden. (B.V.) A chi vive in mezzo alla massa degli emigranti fa un'impressione tristissima vedere questi poveri stracci che non trovando pane nella loro terra natia e vissuti sempre nell'abbrutimento e nella più crassa ignoranza, allucinati da fantastiche speranze di lavoro sicuro e di lauti guadagni facendo debiti e vendendo gli ultimi cocci vanno verso l'ignoto, e privi di mezzi e d'indicazioni sono obbligati ad arrendersi al primo che offre loro del lavoro a qualunque condizione, facendo spesso, come avviene in questo sciopero di muratori, la concorrenza agli operai indigeni e acquistandosi così l'antipatia e l'odio degli operai fra i quali è costretto a vivere.

L'Italiano si adatta sempre tranquillamente a qualunque condizione e crede che chi pensa veramente a lui sia il padrone, perciò non si cura neppure di cercare dei compagni che per la conoscenza della lingua e la pratica dei luoghi potrebbero informarlo sulle condizioni di lavoro, e sulle tariffe concordate fra padroni ed operai. Per lo più appone la firma o una croce a piè di un contratto scritto nella lingua del paese e di cui non conosce le disposizioni, e da ciò una serie di abusi e d'inganni perché molte volte le condizioni sottoscritte sono diversissime da quelle fissate verbalmente.

Dai giornali democratici di qui rileviamo che nel lavoro di un canale assunto dalla ditta Drackerhoff e Widmann si trovano occupati non meno di 500 italiani, i quali dormono in baracche di legno costruite lungo la campagna, su poca paglia stesa per terra, come le bestie, e peggio ancora perché lo spazio assegnato a ciascuno di loro è assai minore di quanto si concederebbe ad un asino. È facile immaginare quali effetti produca quell'essere ammucchiati gli uni sugli altri! Le malattie sono all'ordine del giorno, e la baracchina-ospedale poco distante dalle altre è sempre piena di disgraziati ai quali manca perfino la solerte cura di un medico cosicché i poveri malati invece di migliorare peggiorano sempre mancando loro un buon letto, le necessarie medicine e il cibo adatto alle loro condizioni.

Le leggi sanitarie di questo paese sono severissime per i trasgressori, e se a un operaio capita di tenere tre letti in una stanza invece dei due prescritti vien colpito inesorabilmente dalla multa di Mk. 50; ma trattandosi di grossi sfruttatori, e quindi insigniti di ordini cavallereschi, come quegli impresari Drakenhoff e Widmann le cose cambiano e nessuno dice nulla se tengono i 500 italiani nel modo che abbiamo descritto, e anziché richiamarli all'osservanza della legge si fanno loro dei complimenti.

Per proteggere 120 capitalisti ed uomini d'affari italiani che sono in Cina il governo manda 2000 soldati e 4 navi, ma nessuno provvede a questi 500 straccioni, neppure il consule pensa a richiamare i padroni e le autorità all'osservanza della legge; anzi si mette d'accordo colla polizia per perseguitare ed imprigionare coloro che osano ricordargli il suo dovere.»

 

28.07.1900 - numero 15

La propaganda fra gli emigranti italiani nel Württemberg

«Il compagno Serrati, segretario del Partito Socialista Italiano in Isvizzera, ha fatto un giro di conferenze nel Württemberg ed in qualche città del Baden, per incarico dell'Unione Centrale dei Muratori di Germania. Domenica 8 luglio fu a Stuttgart, il Lunedì 9 ad Heilbronn, Martedì 10 a Pfarzheim, Mercoledì 11 a Goppingen, Giovedì 12 a Gmund, Venerdì 13 a Ulm, Sabato 14 a Costanza e per ogni dove ha trovato un elemento vergine alla propaganda nostra.

Gli italiani che emigrano in quelle regioni sono in massima parte provenienti dal Settentrione del Veneto, specialmente dal Friuli; hanno sempre vissuta una vita dolorosa di privazioni e di miserie e mai hanno inteso suonare al loro orecchio le parole solidarietà ed organizzazione. Quale meraviglia adunque se, ad onta del loro buon cuore e della intelligenza loro, si sottomettono a tutte le pretensioni padronali, lavorano dodici ed anche quindici ore e si accontentano di miseri salari, provocando il tal modo un generale deprezzamento della mano d'opera? Quale meraviglia se ancora non hanno saputo emanciparsi dai capisquadra che in triplice modo succhiano il loro sudore col farli lavorare a prezzi inferiori a quelli della piazza, coll'obbligarli a prendere pensione ad alloggio in casa loro e coll'adescarli con lusinghe al giuoco d'azzardo specie al 21? Lo stato di miseria fisica ed intellettuale in cui si sono trovati finora scusa ad esuberanza i loro difetti.

Nessuna scusa potrebbe invece addurre il nostro partito quando continuasse a lasciare tanta gente senza la necessaria propaganda che valga ad aprirle gli occhi ed a farla compresa della necessità della propria organizzazione. L'elemento è buono, il terreno fertilissimo più di quello che si crede. Qui molte cagioni di disorganizzazione, che in altri paesi sono forte ostacolo al nostro lavoro, non esistono. L'operaio indigeno è organizzato e non vede di cattivo occhio l'operaio italiano, in qualche luogo anzi gli italiani sono veramente amati. La sfiducia nel movimento proletario non è ancora entrata nell'animo di questi lavoratori, vergini del tutto alle nuove idee. Né hanno il cuore corrotto e la mente guasta dalla vita passata tra i piaceri delle città e i mille allettamenti del vizio.

Questo dobbiamo pensare onde indurci a lavorare seriamente. I nostri compagni di lingua tedesca ci aiuteranno certamente con tutto il loro potente appoggio, e noi godremo della soddisfazione di aver strappata alta gente dall'ombra dell'ignoranza e della disorganizzazione per portarla al sole fecondo della solidarietà e della fratellanza.

Parrasio»

 

08.09.1900 - numero 18

Bravi compagni!

«Nel numero passato abbiamo pure noi parlato dello sciopero degli operai edili di Bolzano per ottenere delle migliori condizioni di lavoro e l'abolizione del sistema del cottimo. Gl'imprenditori austriaci, non meno navigati di quelli tedeschi, portarono sulla piazza di Bolzano dei lavoratori friulani, guardandosi bene dall'avvertirli che essi venivano a lavorare in una città in cui vi era uno sciopero. Giunti sul posto, e avuta notizia delle vere ragioni per le quali erano stati portati a Bolzano si rifiutarono di lavorare, e trovarono un giudice galantuomo e di buon senso che non solo ha dichiarato legittimo il loro rifiuto a lavorare, ma ha pure condannato gl'imprenditori ad indennizzarli.
Ecco come il giornale il "Popolo" di Trento narra la cosa:

"Evviva i friulani". Con questo grido si salutava ieri a Bolzano una comitiva di friulani che condotti su quella piazza per rompere lo sciopero dei muratori indigeni si rifiutarono di lavorare non appena si accorsero dell'inganno che era stato loro teso. Non erano stati avvisati dagli imprenditori che a Bolzano c'era lo sciopero; colla scusa della sovrabbondanza di lavoro erano stati ricercati di portarsi dalla Pusteria dove avevano occupazione a Bolzano colla promessa di una mercede altissima superiore alla normale. Giunti alla stazione, scortati dai gendarmi colla baionetta in asta e da poliziotti, furono condotti dall'imprenditore sul patto del lavoro; ma quella vigilanza speciale fece subito capir loro che sulla piazza c'era lo sciopero. E avuta di ciò la conferma si rifiutarono di tradire i loro fratelli.
Ma fecero di più.
Si recarono al giudizio, raccontarono al giudice che ad essi gl'imprenditori avevano sottaciuto lo stato di sciopero in cui era la piazza e chiesero in via legale un indennizzo pel viaggio di ritorno e per le giornate di lavoro perdute. Dire degli epiteti e degli insulti, degli scherni che valse loro questo atto da parte degli imprenditori e, diciamolo pure, da certi agenti dell'autorità, non ci è possibile. Furono chiamati lazzaroni, mascalzoni, briganti, "porca italiana", pitocchi, faulenzer, pidocchiosi. Fieri della loro coscienza, fidenti nel loro diritto; non curarono gl'insulti, non s'allontanarono dall'ufficio giudiziale finché non fu loro resa giustizia. Il giudice obbligò l'imprenditore a indennizzare ogni lavoratore con corone 3,50. Di questa sentenza i friulani si dichiararono soddisfatti non per l'entità dell'importo, che era inferiore alla perdite ad essi causate, ma per la vittoria morale che in tal modo avevano ottenuto.»

 

8.12.1900 - numero 24

Il caso di Halle

«Lo chiamiamo semplicemente "il caso di Halle" nella speranza, forse troppo ottimista, che non trovi imitatori e rimanga un caso isolato; ché altrimenti significherebbe che la congiura tramata l'anno scorso dalla Lega dei padroni contro la classe lavoratrice e le sue organizzazioni e che per una serie di circostanze, le quali in questo momento non merita il conto di ricordare, andò a monte, sia stata ripresa e debba essere tradotta in atto nella Primavera prossima. Diciamo poi che questa speranza è forse troppo ottimista, perché il giornale ufficiale della lega dei padroni edili, il "Baugewerkszeitung", in uno degli ultimi articoli intorno alle condizioni del mercato del lavoro e dell'industria edilizia, dopo giri e rigiri di frasi che sembravano voler mascherare le vere intenzioni dell'autore concludeva che ove la crisi nell'industria edilizia non cessasse prontamente gl'imprenditori non potrebbero più pagare i salari stipulati cogli operai senza rovinarsi; e forse questa è la parola d'ordine gettata dalle lega de' padroni a tutti gl'imprenditori soci e non soci. Ma veniamo al fatto:
[...]
In Halle l'estate dell'anno scorso (1899) vi fu uno sciopero per migliorare le condizioni di salario e di lavoro che su quella piazza erano assolutamente tristi, e per nulla corrispondenti al costo dei generi di prima necessità e degli alloggi che negli ultimi anni avevano subito un rialzo piuttosto sensibile. Lo sciopero terminò dopo una quindicina di giorni grazie ai buoni uffici dei Pribiviri costituitisi in ufficio di conciliazione con un accomodamento accettato dalla lega de padroni...
[...]
Ora in questo documento firmato dal vicepresidente della corporazione in nome di tutti i suoi colleghi è affermato:

  • 1. che fino al 31 Marzo 1901 il salario doveva essere di 50 Pf. all'ora;
  • 2. che anche a scadenza del contratto le parti non erano libere, ma che in autunno, dal 15 Novembre fino al 15 Dicembre, una commissione mista avrebbe dovuta studiare le modificazioni di tariffa che sarebbero risultate necessarie per l'avvenire.

Quindi in ogni caso sino al 31 Marzo in Halle non avrebbe dovuto sorgere nessuna contestazione.

[...]

Non sappiamo se il caso di Halle è la prima mossa di un piano prestabilito. Ma in ogni caso la classe lavoratrice farà bene a tenere gli occhi bene aperti e di non trascurare il più piccolo sintomo onde non essere colta all'improvviso e impreparata. [...]»

 

08.12.1900 - numero 24

Mercanti di carne umana

«Il giornale era già impaginato quando ci è capitata fra le mani la seguente circolare della "Lega degli imprenditori edili" diretta agli uffici di presidenza di tutte le sezioni.

Lega tedesca degli imprenditori edili
Ufficio di Berlino SW Anhalterstrasse 15
Organo della lega "Baugewerks-Zeitung"

Notifichiamo a tutti gli uffici di presidenza i seguenti indirizzi mediate i quali si possono far venire degli operai italiani:
  • Zanier Giovanni, Spilimbergo Clanzetto (Udine)
  • Luigi Provedani, Treppo Carnico (Udine)
  • Ceccani Francesco, Vito d'Assio (Spilimbergo, Celante)
  • Stefani Luigi, Muina di Ovaro (Udine)
  • Cescutti Giuseppe di Giov. Butta Norat Carnico
  • Diana Vittorio, Ampero Cremonza
  • Zoffo Magno Comp., Amaro Carnico
  • Feruglio Giovanni, Canova di Tolmezzo
  • Ingegnere Costruttore Gostalda, Döbeln
  • Otto Thomas, Halle Tröbel 4 (Vedo art. di fondo)
  • Oscar Deina, Dresda
  • Capo mastro Marin, Belgrado (Serbia)
  • Marsilio Pietro, Canova di Tolmezzo
  • Ufficio di collocamento, Basilea, Bodtengasslein.

In oltre operai italiani si possono anche avere mediante annunzi nei giornali della provincia di Udine e mediante i sindaci delle città e dei comuni della provincia medesima.
Quasi tutta la popolazione maschile di questa provincia si compone di muratori i quali tutte le primavere vanno in cerca di lavoro nei paesi confinanti, Muratori sono specialmente quelli di Clanzetto, Castelnuovo, Prinzano, e Nicoto; manovali invece si possono avere da Dalvasone.
L'esperienza ha dimostrato finora che, meno poche eccezioni, gli italiani si sono ancora mantenuti buoni, sono diligenti, attivi e sobri.
Vengono via da casa in isquadre e in isquadre si possono più proficuamente utilizzare. Se lavorano in pochi con altri operai si lasciano facilmente influenzare da questi. Resistono a giornate lunghe di lavoro e si contentano di poco, specialmente quando vien data loro la comodità dell'alloggio.

Presidenza della lega tedesca degli imprenditori edili
B. Flisch, Berlino
H. Simon, Breslavia K. Blum, Colonia

I commenti a un altro numero.»