LUIGI GRIGNANI

 

Il paese di Forni-Avoltri con la sua miniera di Avanza

Già alcuni anni dopo la sua comparsa, avvenuta nel 1868, l'opuscoletto di Luigi Grignani, che qui si trascrive, venne, a ragione, stroncato senza pietà. «L'autore di questo libello è una guardia di finanza, lombardo. Parla di tutto e di tutti in una lingua spropositata nei primi dieci capitoli, e anche da trivio nell'ultimo. Non c'è garanzia alcuna, che le notizie storiche della miniera e dei luoghi sieno attinte a fonti attendibili, e perciò questa bibliografia non può occuparsene. Questo libro che, se non suscita la bile, è un rimedio contro la malinconia si porge come saggio mirifico di vanità ebra e sconclusionata: lo stampatore è andato a gara con l'autore nel mantenerne gli spropositi.» ­­— così Giuseppe Occioni-Bonaffons, Bibliografia storica friulana dal 1861 al 1882, Tipografia G.B. Doretti e soci, Udine, 1884, p. 79-80.
Ciò non toglie che, a dispetto dello spropositato ego dell'autore, da esso emergano alcuni particolari interessanti. Tra questi metterei l'accenno a un «un opuscoletto manoscritto» nell'ottavo capitolo, e a 2096 morti dal «1450, a tutto il 1600» nel capitolo decimo (cosa significa? Esistevano davvero delle registrazioni di sepolture antecedenti al 1600?). Magari queste due ipotetiche fonti uscissero dal buio in cui sono avvolte! Infine, nel capitolo nono, c'è la prima esposizione scritta delle leggende fondative di Collina… . (A.P.)

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Il paese di Forni-Avoltri con la sua miniera di Avanza

 

AL MIO LETTORE

Era una sera, anzi, era una mattina allorquando mi venne in lesta di abbozzare alla rinfusa poche linee intorno al paese di Forni-Avoltri con la sua miniera di Avanza, ornando il tutto di quelle poche nozioni statistiche e dati storici che la località ed i pochi mezzi mi hanno favorito.

Prego quindi il mio lettore a volermi compatire se mai non secondasse al suo genio questo mio esordio, e di soffrire ancora se trovasi nel novero di quelli che il Pungolo si diletta dipingerlo per dovere di cronista.

GRIGNANI LUIGI

Capitolo I.
Della strada scalabrosa che mena alla miniera, e timor panico che s’incute entrando nelle sue gallerie.

Se tu lettore saresti tanto curioso, o che ti saltasse il ticchio di pagare le tue brame col vedere la miniera di Avanza, transita per Forni, da cui dipende, passa il ponte che mette ad Avoltri, da quinci calca tosto la viuzza a destra del bivio la quale serpeggia a più riprese a fianco della montagna denominata dalla mappa corografica locale il Cadino.

A destra poi osserverai che scorre a precipizio il rio Degano che si agglomera ad altri rii al Tagliamento, avente i suoi primi raccoglimenti d'acque all’estrema regione delle vallee Fleons e Bordaglia; il muggito delle sue acque è smisurato a cagione delle sue divergenze e cadute, che man mano tenzonano colle roccie scoscese che infestono l’alveo del rio.

Questo torrente ha il suo termine a Piera-Beck, ove perviene obbliquando a destra dall'insù, ma la via che conduce alla miniera anzidetta segue percorrere a manca per un buon tratto alla montagna di cui è verbo salendo lentamente sino ad un prato di figura ovale cui versa il suo declivio su Piera-Beck, indi la strada in disamine solca a destra emergendo a fronte un semicerchio; da qui s’inoltra infra frondose foreste innalzandosi tortuosa vieppiù per l'irta costa della medesima e mette la sua situazione a ponente, laonde, si dispone in prospettiva alla prima; al vertice di questa seconda, traccia dolcemente all'ingiù fino ai così detti pestoni.

Di quivi se vuoi giungere alle gallerie ti converrà oltre camminare, e più irta troverai la via, e se ancorché non lunga, giungerai dopo un'ora di laborioso cammino in prossimità di Avanza, ove crederai sicuramente d'esserti appropinquato per l'ammasso colossale che a' tuoi occhi si presenta, ammasso che t'incute il brivido per la sua orrida positura; si discerne macigni divelti posti diagonalmente e quasi perpendicolari da lasciarti emergere il tutto una repentina caduta; altri in più dimensioni sembrano svincolarsi dalla madre situazione per piombare sul tuo capo; passa avanti sino agli stabilimenti posti sulla schiena della rocciosa e sterile montagna del minerale dove vedrai in più situazioni le entrate delle gallerie, entra in una di queste, colassù trogloditi di buona voglia ti accompagneranno con lumi occorrenti, cammina avanti lunghesso all'antro tenebroso e prosegui nella sua longitudine che coincidesi quasi colle viscere della gigantesca montagna; nell'avanzarti sentirai sovrastarti da un sudor freddo, esalazioni nitridinose e gravide d'umidità provocheranno a toglierti il ghiribizzo di giungere alla meta sua totale; prosegui coraggioso, non curare se ti drizzeranno i cappelli in testa, le goccie perenni d'acqua, coagulate dal rigido, cadenti da quell'opaca atmosfera ti faranno voglia senza meno di riedere; ma no, avanti ti dico, non essere pusillanime, calca pur la via binaria o fangosa di quell'antro cavernoso; al prossimarsi della sua estremità l'aria, che non ha il suo corso naturale, ti si accumulerà intorno a guisa ti tromba aerèa e sembrerà spalanchi le sue cento braccia come un Briareo onde accarezzarti il volto colle mani ghiacciate d'una vecchia megera nonagenaria; ritorna, se vuoi; quel fluido ariatico vorticenoso ed elastico che teco portavi fuor via ti passerà repente, e retro ti si porrà, ed eziandio parà invidioso di espellerti dal baratroso suo domicilio che ha tutta l'analogia di una bolgia infernale.

Allorché sarai giunto all’imboccatura nella quale agognasti penetrare, malgrado lo stimolo di quell'obbietto d’orrore, respirerai un'aura salubre colla giunta della luce di un bel cielo desiderata con avidità, e che poco pria ti sei privato volontariamente in quel soggiorno avernoso, dove la perseveranza degli uomini, sempre stabile nel suo intento, soltanto ha potuto penetrare, mercé assidui lavori allo scopo di scoprire minerali.

Capitolo II.
Del monte Paralba gigante delle alpi carniche; vista che offre la sua sommità, ed il pericolo nel discenderlo.

In questo luogo, quantunque la posizione sia malagevole, pur tuttavia voglio scientarti di proseguire sino sulla vetta del monte Paralba; impiegherai poco tempo ma oltremodo faticoso; in quel cammino la tua vista potrà pascersi nel faceto presentimento sul gran vano che non a guari si porrà avanti, e non appena sarai giunto sul vertice potrai contemplare a tuo bell’agio l’immenso spazio o spaventevole abisso che umana persona sembra impossibile immaginare; osserverai che le più alte creste delle carniche alpi stanno sotto a tuoi piedi, e sembrano umilianti ancelle sotto all'atletica forma del superbo Paralba1.

Su di questo altissimo poggio la cui tremenda altezza pare contrasti col cielo, potrai ampliare la tua vista nelle parti circostanti, e vedrai il tratto illimitato con il meraviglioso spettacolo d'innumerevoli vette snudate dai secoli, che pajono nell'orizzonte accavalarsi l'une sopra l'altre come onde sopra onde sul burrascoso Oceano; infine, ovunque indaghi, sul culmine di quelle montuose catene altro non vedi che un rovinoso caos ed orrendi precipizii; oltrapiù, la bianchezza della neve ove in certi luoghi rimane eternamente, ti abbaglierà l’occhio apparendoti un panorama delle siderali regioni oltramontane.

Viceversa è meraviglioso vedere allo spuntar del giorno delle caterve di bestiame con le loro mille corna che sortano affamate dal proprio abituro e si dilatano a pascere su quelle glebe lanose di verdognola erbetta, e quà e là si disperdono nelle vallate, facendo risuonare per l’aeree i tintinnii e vagiti; il di cui strepito farebbe girar il capo al più pacifico dei padri Benedettini che trovasi in atto di sagrificare al dio intingolo la sua santa pazienza. Amen.

È pur delizioso il vedere dal margine delle adiacenti vallate, ne' mesi estivi l'aspetto poetico di quelle, con quel taciturno e bruno sembiante delle foreste che imprime all’ideale quel mistico dell’infinito che si sente entro di sé senza mai conoscerne il motivo di quel tanto malinconico aspetto.

Diversamente è l’apparenza della varietà dei verdeggianti praticelli, lo speranzoso tappeto dei quali t'innebriano di gioja per quanto ti sei rattristato nella spelonca delle ricerche minarologiche.

Pago in tal guisa di aver contemplato quei fenomeni della natura dovrai cingerti di coraggio onde discendere; osserverai, tenterai, e vi riuscirai, ma il precipizio cui cerchi superare ti angostierà talmente lo spirito editandoti l'emblema cordogliosa per l'imprudenza incontrata coll'arrischiarti ad un passo previo conosciuto fallace.

Dopo riepilogate tutte queste sensazioni di spauracchio sarà d'uopo bandire le chimeriche idee di precipizio, richiamando tutte le reminiscenze di coraggio onde non esimersi dall’opera per discendere; porrai avanti un piede, l’altro ti scivolerà, e dovrai agguantarti a nude roccie; ma con tutte queste precauzioni batterai il dorso sul freddo macigno; ti verrà la vertigine; coraggio: ricorrerai agl'occhi d'Argo se i tuoi ti si oscurono; badi; la minima noncuranza la potresti pagare con una caduta di ottocento metri circa, ad anderesti infrangere la tua persona in un caso di dirupi cuspidi e divelti.

Bac............ che piccolo salto mi risponderà chi legge, è? e pure la tua guida Grignani, è stato in procinto di provare simile insulto, per la sua temerità, ed ha ancora la pelle d’oca or ora al sol pensare d'essersi trovato volontariamente sull’orlo di quell'orrido abisso: circospezione adunque; e cerca evitare di evitare ulteriori pericoli; e quando infine la palma della curiosità ti verrà accordata per simbolo di guiderdone per essere rimasto illeso in quel passaggio d’inferno, dichiara pure di essere ben stato fortunato a non aver posto in repentaglio la tua esistenza.

Dopo questa gita sul Paralba il lettore dovrà riedere e percorrere la medesima via sino ai sotterranei di Avanza, i quali ho già fatto osservare più sopra, per essere poi alla portata di discendere allo stabilimento di cernita e preparazione meccanica; e perché qui mi cada in acconcio di sottoporre al mio lettore due linee intorno alla miniera e suoi laboratoi esclusivamente ad altro incomincierò dalla posizione dei sotterranei, e via via sino alla fucina metallurgica.

Capitolo III.
Delle prime aperture delle gallerie, nomenclatura e cernita dei metalli, operazione dei pestoni.

La miniera di Fahlerz2 di Avanza già da quattro secoli veniva lavorata da una compagnia italiana, diretta dal siennese Venuccio Biringuccio, il quale, in un suo scritto la decantava fecondissima in quell’epoca; dopo questa passò sotto altre società dello quali si perdette la memoria, indi venne abbandonata.

Nel 1858 la società veneta montanistica cominciò ad aprire le crollanti vecchie gallerie della medesima, ed anche delle nuove, e dopo cinque anni di continue ricerche, più o meno favorevoli, si decise di far costruire varii Opificii per l’estrazione dei metalli, e sino del 1864 la miniera trovasi in pieno esercizio.

Essa è situata sopra al livello del mare Adriatico 1200 metri circa, ed ha un solo filone di contatto fra lo schisto micaceo argilloso al sud, e calcare cristallino al nord.

Il filone di contatto è composto di varie roccie: quarzo, spato pesante, perite, calcare bianco e scuro e schisto argilloso e talcoso; in tutti questi elementi trovasi più o mono impregnato il minorale; le varie roccie, alternandosi, alle volte sono assolutamente sole o più spesso formano un conglomerato fra esse.

Il quarzo è la roccia predominante, prende la principale estensione nel centro del filone il calcare bianco e scuro occupa la parte est, e lo spato e schisto la regione ovest.

La perite di rame di rado trovasi nel calcare o quarzo è quasi sempre nello schisto, è concentrata in strisce da 10 a 20 centimetri di spessore; e se essa è nel calcare è accompagnata da traccie di cinabro.

Il piombo argentifero è per lo più impregnato nello schisto o spato pesante.

Nel 1862 venne aperta la galleria denominata Quintino Sella più abbasso dell'ultimo orizzonte d'escavo, della quale attendesi maggior ricchezza del filone in generale.

Il materiale minerale scavato o che viene sgombrato per le vie delle gallerie che mette a giorno o pei pozzi mediante aspi a manubrio; a giorno si trasporta alla Risena3 con quest'arnese si fa calare il minerale al laboratojo di cernita; qui è il luogo ove succede la preparazione del minerale in via secca, e la meta della separazione è di ridurre i minerali in stato meccanicamente puro, che possono essere utilizzati.

Mediante la cernita si ottengono i seguenti prodotti: 1 minerale ricco, 2 povero, 3 piombo che si divide in povero e ricco, 4 spato pesante che viene allontanato perché d'ugual peso specifico, 5 ganga sterile che viene rigettata.

Il minerale così separato dalla cernita passa allo stabilimento dei pestoni, il quale è composto di 15 pilloni in tre divisioni, e perché questi possono agire sono messi in movimento da un albero adentellato che ricevono la sua velocità da un ingranaggio colla ruota idraulica della forza di 10 cavalli; ogni pillone batte 60 colpi al minuto ed il minerale s'infrange al bisogno.

Il minerale ricco cernito che oltrepassa ha il contenuto in metallo del 6% domandato dalle operazioni fucinali, viene pestato e polverizzato in farina e senz'altre manutenzioni passa alla fucina metallurgica, ed il più povero invece dopo polverizzato ed assortite le sue farine passa alla concentrazione.

Qui, con le nominate, e tante altre operazioni termina l'incarico delle azioni montanistiche, ed incomincierò a narrare quelle della fucina metallurgica.

Capitolo IV.
Delle operazioni fucinali metallurgiche, e ultimi prodotti della miniera.

Il minerale proveniente dai pestoni, nella fucina metallurgica, viene per lo stadio di ore otto situato sul primo piano del forno a riverbero per l'asciugazione indi passa per ugual tempo al secondo, e ciò per la disolferazione, e per ultimo si assoggetta ad un tempo consimile a forte fiamme del calore di 850 gradi onde ottenerne i cloruri di rame e d’argento.

Dal forno a riverbero passa in vasche di deposito con filtri, ove perennemente corre una liscivia di acqua col 25 per % di sale, 14 per % di acido solforico, ed il 22 per % di acido muriatico.

Questo composto, scioglie il minerale in cloruri preparato e quindi si trasporta nelle sottoposte vasche; le prime tre contengono granaglie di rame ove deposita il cimento argentifero, e le altre con ferro le grassure di rame.

Il cimento d’argento in un apparato di amalgamazione gira per virtù di una ruota idraulica e viene frammischiato con mercurio formandosi in solito pesso4.

Il cimento argentifero così frammischiato e legato assieme dal mercurio viene messo in un forno di distillazione col calore di gradi 123, ottenendo con ciò la evaporazione del mercurio e resta l'argento solitario.

L'argento passa poscia in crociuoli in altro forno di raffinazione ove si liquefa, e si formano verghe da vendersi al Regio Erario; e lo rosette di rame vengono vendute in commercio; il mercurio infine, viene raccolto da una tromba che lo assurba nel mentre svapora dal forno di terreffazione.

Nell’anno 1864, si è estratto Chilogrammi 2,500 di rame, e Chilogrammi 18 di argento col titolo di 0,9005.

Nel 1865 lo stabilimento progredì nella massima sua attività e l'estrazione del metallo fu di Chilogrammi 10 mille di rame, e di Chilogrammi 75 di argento del medio titolo di 0,858.

Nel 1866, per varie nuove scoperte nella miniera; il minerale, prima di Fahlerz andò cambiandosi man mano in periti di rame cosicché la fucina metallurgica venne cambiata al sistema conforme al minerale 6, che produceva la miniera, e non diede che soli Chilogrammi 20 di argento, e Chilogrammi 18 mila di rame.

Nel 1867, si ebbe che una massa di piombo argentifero, pel quale occorre un diverso sistema di estrazione; ed il poco Perite di rame, e Fahlerz in polvere del peso di Chilogrammi 23 mila (grassure di rame) con qualche contenuto di argento non estratto venne venduto in Inghilterra.

Quì termino di rassegnare quanto concerne la miniera e suoi laboratoi delle antiche e presenti società montanistiche7.

Capitolo V.
Della posizione geografica di Forni-Avoltri, monti, boschi, e vallate.

Se tu mio lettore, reduce dalla miniera di Avanza vuoi onorarmi e seguirmi a Forni-Avoltri descriverò altresì di questa località e personalità due parole, se non altro potrai essere al giorno dei subbietti ivi normali; accertandoti di tessere il veritiero, tanto in materia di saggezza quanto diversamente; seguimi adunque, e non tacciarmi di plagio, giacché relativamente a Forni-Avoltri non vi è punto tradizioni; ma, interrogando gli avanzi di un passato giacente nel bujo si ha per risposta certo, che mentre tutto sparisce, una striscia di luce dietro sé lascia, onde possa l'umana intelligenza percorrere la via delle investigazioni morali e civili di un popolo, al quale altri simili gli sono posteri; coraggio adunque qual tu sei, uomo o donna, abbi pazienza e ti accerto di sbrigarmi presto.

Il paese di Forni-Avoltri contemporaneo è situato all'estremità superiore del canale di Gorto sopra comune marea 820 metri; sui gradi 30 ai 35 latitudine meridiano, ed a 45 a 50 lungitudine settentrionale, confina colla Carinzia (Austria) a settentrione, con Timau (Italiano) a levante, col monte Tulia limitrofe a mezzodì, e con Sappada all'occaso.

L'estensione del suo tenimento è di pertiche censuarie 78,631, con una rendita di Lire 13141,93 ,e contiene sei grandi monti; cioè, Zòvo, Bordaglia, Tulia, Colgiano, Creta-Bianca e Paralba.

Tutti questi grandissimi globi si coincidono con altre piccole catene e formono l'ammasso principale in curvo rettangolo dal sud al nord disponendo un semicerchio al meriggio, lasciando internamente un vano consistente in dieci vallate principali, sei fertili o quattro non tanto; e quanto gli uni, che le altre, alimentano nella stagione propizia 2500 armente con altrettanti quadrupedi minori.

Questa periferia contiene pure quattro boschi erariali, o sono Tops, Zocazec, Sultul e Pietra-Castello8, i primi tre formano il totale pertigato censuario di 1805, in jugeri da 1600 tese 313, 618, del valore di lire italiane 250,000 coperte da bellissimi faggi ed abeti.

Forni-Avoltri è un paese discreto, nel centro ameno di tre sbocchi o canali, ed è perciò molto soggetto a ventilazione, è circondato da tre monti boscosi e verdastri in guisa di triangolo, simili a baluardi cui la natura pregiavasi ergere per comando supremo dell'altissimo; nel centro ameno si scorge ridenti praticelli tutti fertilissimi i quali circondano il paese dandogli in pari tempo un aspetto allegrievole.

Capitolo VI.
Dei primordi di Forni, suoi fabbricati, raccolto, strade, industria, commercio incaliato e cenni biografici.

Per quanto io mi abbia esattamente informato e verificato eziandio su leggende antiche o moderne sembra i primordi di Forni opera delle patrizie società venete monontanistiche sino dell'anno 1390 circa; cioè, il suo primitivo nascimento è dovuto ai forni eretti agl'incombenti bisogni mineralogici; e quindi da mano in mano si eressero altri privati locali disposti quà e là come anche al giorno d'oggi si verifica; si distinguono innoltre comeché alquanto negletti, diversi fabbricati di bella apparenza, senza semitria, prominenti alle altre magioni dell'aspetto meschino; su quelle generalmente s'erge tetti a culmine per la gran neve cadente nell'inverno.

La Chiesa di S. Lorenzo, senza peristilio interno, meschinissima di addobbi o di pitture, eretta nell'anno 15209; quattro bronzi del valore di lire italiano 6000, che furono posti sul campanile che torreggia a fianco del tempio il mese di Agosto 1859.

L'annuo raccolto delle campagne appartenenti alla comunità si compone in foraggi, laticinii, poco frumento e grano-turco parimenti i legumi,

E più saper volete cosa hanno
Quinci superno è tant'abondonza
Di portugalli Viennesi tutto l'anno
Che s'alimentan tutti a crepa panza10

altri generi non arrivano a maturazione per la tarda comparsa della primavera e per il rapido venire dell'autunno, commercio pochissimo, industria quasi ignorata; senonché il basso ceto con reiterate fatiche si lucra un tozzo di pane all'estero.

Relativamente all'industria, come al commercio, i comunisti sarebbero abbastanza scaltri e versatili su questo genere di agire; ma i pochi mezzi pel primo, la località disagiata e piccole strade pel secondo, sono conseguenze di porre in non cale questi due trafichi importanti, che gl'indigini potrebbero benissimo intraprendere mercé la sua avvedutezza.

Si presagiva la formazione di una strada carreggiabile, ma non a guari i comuni formati in consorzio lungo al canale che mette a Tolmezzo si dissuasero e la via rottabile da compirsi rimase incompleta, quantunque il comune di Forni-Avoltri abbia frontato tutte quelle spese accessorie richieste in deliberazione consorziale pel suo compimento: se mai si avesse ultimata la strada in discorso, per il paese di Forni-Avoltri, sarebbe stato l'unico suo scopo per l'esaurimento dei superbi legnami che abbonda la località, ed il commercio di tavole ed altri legnami d'opera avrebbe fiorito su larga scala a profitto dell'intiera comunità11.

Altre diverse pratiche si sono coltivate nel secolo XVII, dalle autorità di quell'epoca di Forni-Avoltri, verso ai Luogotenenti della Veneta Repubblica; cioè, sotto a Cantarini nell'anno 1763; a Priuli nel 1772; a Mocinigo nel 1777; ed a Donà nel 1783, per una strada da costruirsi sulla vecchia traccia; anche questa volta il desiderio esposto era abbastanza lodevolissimo; stanteché, la strada che giusto al progetto doveva incominciare sopra a ponte coperto quindi toccando Forni-Avoltri e Sappada e da quest'ultimo a San Candido.

Da San Candido, la coincidenza col Tirolo, Cadore e Carinzia faceva sì che il commercio dei generi che abbonda la località. avrebbe facilitato un più prospero successo, ed altresì promessa una comodità estensiva che la popolazione ancora al giorno d'oggi trovasi disagiata, ed incaliato eziandio in certo modo l'azienda dei loro domestici bisogni12.

Questo paese presentemente la sua popolazione ammonta alla cifra di 990 anime, cioè, 485 maschi e 505 femmine; e per il salubrissimo clima sono tutta gente prosperosa, forti nella sua vita fisica, di costumi integri e docili13.

Degna di elogio è la Guardia Nazionale, sollecita comparire alle chiamate, zelante nell'adempimento de' suoi doveri; spirito pubblico e politico del giorno lodevole, e propenso al regime dell'attual governo.

Del marciume parleremo in seguito14.

Capitolo VII.
Dell'antico stato della popolazione, anagrafe, ragguaglio sistematico de' suoi governi, e sua prosperità.

Descritto quanto sopra, ora colgo il destro onde procedere con maggior chiarezza, descrivere, suddividendo lo stato moderno di Forni-Avoltri, coll'antico, prendendo per basi più acconcie le configurazioni trasmesse dall'antichità come vestigie, e scritti, i quali mezzi solo possono coadiuare perché mi metta, per così dire, sul sentiero della verità.

Forni-Avoltri, nel prisco suo stato, nel cui, il sempre docile volgo perseverante all'incarco del suo benessere rozzamente occupavasi ne' domestici travagli, le vicissitudini, le avversità, la penuria più volte ha afflitto le debili menti dei buoni alpigiani, più che più ancora adoperavasi indefesso ne' quotidiani lavori e per la mercede si ebbero profitto non tanto, ma sibbene gran copia di sudori: il desolato meschino popolo soggiaceva alla infausta sorte perigliosa della miseria.

E pure, non mai insano di quel panico languore, il quale, sagacemente, s'infiltrava nelle vil menti, ma, il buono e piccolo popolo di Forni-Avoltri sempre scevro ed inconcusso da maligno intraprendere dedicavasi ognor più al lavoro onde schermirsi dalle fauci desolatrici.

Ahi, lasso chi soccombe alla miseria o lettore!

L'opulente severo, ben lungi dall'inocuo pensare non largiva obolo al meschinello, né deplorava il mendico suo stato.

Tale era lo stato della popolazione di Forni-Avoltri, nel decadere del secolo decimo-quarto dell'era volgare; quando il governo Patriarcale d'Aquileja, informato dagli urgenti bisogni corse in soccorso per largirle più di 40 anni tutte quelle spese intestine comunali per il pubblico vantaggio; ancorché la detta popolazione era esentata altresì delle imposizioni governative delle quali la Carnia intera era esonerata.

Non però fu tale nell'aspirare il reggimento patriarcale, il quale impose al favorito comune, di Forni-Avoltri, quelle medesime spese, che credè frontare con largizioni, onde leggerirlo nel periodo di 40 anni.

Intorno all'anno 1420, avendo la Veneta repubblica preso le redini del cessato governo patriarcale, e conoscendo l'immediata necessità per il bene comune di Forni-Avoltri, confermava tutti i privilegi, ragioni, e laudibili consuetudini; così dicesi in tutta la Carnia, mercé istanza innoltrata onde essere esentata dagli aggravi imposti alle altre provincie.

Forni-Avoltri, era da considerarsi privilegiato più di ogni altro comune atteso la sua meschina località alpestre, e limitrofe al confine, e per i boschi promiscui coll'estera regione, ed ancora per la tanta sterilità e squallore della sua ineguale e sassosa periferia; la quale veniva desolata ogniqualvolta, l'abbondante pioggia faceva straripare i torrenti infestanti le poche glebe atte all'agricoltura.

Nell'anno 1451, l'anagrafe della popolazione assumava alla cifra di 510 anime; questo popolo, nell'ingolfarsi il secolo decimo-quinto industriossi alquanto, cognito vieppiù nell'ingegni mondani, e nell'agricoltura ancora, immemore della passata caristia oscillava bramoso sul cardino della desiderata prosperità, malgrado afflitto dell'impressione incancellabile per essere stato obbietto d'insulti e di umiliazione da parte della miseria, la quale quantunque da tutti ripudiata, pur tuttavia s'aggirava intorno senza mai prosperare un'era fiorente alla sociale esistenza che inamovibilmente l'attendeva; quando nell'anno 1470 circa per colmo di suo contento venne il popolo di Forni-Avoltri impiegato la più parte nel portentoso travaglio della miniera di Avanza dove si lucrava per molti anni un tozzo di pane onoratamente.

Nell'anno 1660, avendo le genti aumentate sempre più nel numero formavano per cui una popolazione di 710 anime; questa fu l'epoca veramente di Saturno, o mitologicamente parlando il secol d'oro pei buoni indigini di Forni-Avoltri, che durò sino al 1740.

Infra questo tempo chi dedicavasi ai lavori campestri, chi all'industria, chi ambulanti in patria con mestieri, chi girovaghi con arti all'estero, chi alla miniera, e chi alle carbonaje di Avoltri, tutti insomma, e simultaneamente procurarono il procacciamento di uno stato mediocre.

Per l'effetto delle carbonaie di Avoltri15, il paese gli dovrebbe essere tenutissimo, non solo perché provocò brillante e vivissimo il commercio di simil genere coll'interno; ma ancora si ha sradicato e discipato una gran quantità di terreno incolto, e coperto d'insipidi cespugli, rendendolo atto alla coltivazione, cioè, da Avoltri verso Sappada e viceversa, toccando il calce della montagna superiormente per contra sino sul versante del rio Degano, producendo fecondissimo il terreno per opera dell'attività e manutenzione del zelante contadino.

Capitolo VIII.
Della cessazione dei Boschi alla repubblica, concessione gabellarie, infausta sorte degli Avoltrani, sua antichità e tradizioni verbali di Forni.

Ora avendo dovuto scansarmi da certe epoche per conseguire l'analisi dell'intrapresa produzione di materia uguale d'uopo è, mi ritragga alquanto indietro e riprendere la narrazione di altre nozioni premature alle già menzionate, e di color diverso.

Egli è quindi, che nel 1581 dietro investitura incontrata coll'Arsenale della Veneta repubblica il comune di Forni-Avoltri cedeva in virtù della convenzione al reggimento del consiglio repubblicano i catastati boschi, dei quali, ho di già accennato nel capitolo V del presente opuscolo.

Per me, ridico, (giusta alla leggente di un'antica pergamena) che la repubblica in disamine avendo di necessità detti legnami di costruzione, tantopiù, che pretendenti in quel tempo agognavano approffittarsi dei pascoli, e dei tagli dolosi altresì, credè appropriarsi delle boschive regioni onde por termine alle crisi de mantecatti speculatori; quindi, ho tutta la ragione di credere, che si avverrò la pattuita convenzione colle due parti, come si effettui negli altri comuni della Carnia, la cui discordia de' contendenti ovunque suscitava.

È pur verità, che Forni-Avoltri, sino a questi tempi ed anche più posteriori è stato esentuato da certe imposizioni, come si verifica in diversi scritti narrativi, relativamente ai foraggi; vitelli, ed ogni sorta di laticinii, sempre per l'importazione temporaria ed esportazione interna, non però per l'estera esportazione, per la qual missione pagar dovevano l'imposta gabellaria all'incaricato che resiedeva in Avoltri16.

Di Avoltri si ha letto, che nell'epoca de' suoi primi giorni venivano le poche abitazioni depredate dalle orde soldatesche di Federico Barbarossa, nel varcare che fecero le alpi per recarsi in Italia, commettendo nelle suo scorrerie grandi abigeati ed altri delitti.

Gli Avoltrani ebbero altra infelicissima sorte con le falangi Nordiche le quali si gettavano a traverso alle alpi come forsennati antropofici in traccia di preda e di sangue; quindi, questo povero villaggio soccombeva a prove novelle e nefande dell'indiavolato vandalismo.

Più si ha potuto assumere in un opuscoletto manoscritto, che ha tutta l'impronta di essere avvalorato, che mentre in Avoltri si stava a coltivare le diverse zolle di terra dei pochi abitanti, la superficie di Forni era coperta di folta boscaglia, per conseguenza si deve arguire che Avoltri è più antico da Forni da 200 anni circa.

Anche Forni bisogna giudicarlo del 1300 atteso alle sue abitazioni antiche; all'occaso del paese dove il Degano si biforca per buona posa si osservano le vestigie di antichi casamenti, dai quali è d'accordo comune, che nei tempi andati vi fossero stati, i laboratoi e forni metallurgici.

È pure tradizione verbale comune che ove attualmente si alleva la fornace, proprietario Gio. Batt. Del-Fabro vi fosso stato una Zecca nei tempi rimoti; queste dicerie sono erronee perfettamente, stanteché il piccolo paese di Forni-Avoltri, non ha mai avuto né Feudatari governanti, nè governo proprio, i quali abbiano coniato monete, è però più probabile, che nel luogo ove giace attualmente la fornace o nelle vicinanze di essa vi fosse stato un laboratojo metallurgico onde rendere maleabile i prodotti argentiferi minarologici, e che nell'andar del tempo, lo abbiano, quell'antico casamento, volgarmente epitetato Zecca; alludendo il laboratojo metallurgico qual'era realmente.

Capitolo IX.
Delle variate tradizioni dei villaggi sotto ad allegorici aspetti.

In quanto ai villaggi dipendenti al sumentovato comune, cioè, Collina, Collinapiccola, Sigiletto e Frasenetto, lascio le sue primitive fondazioni sotto agli auspicii delle sue dicerie proverbiali, siccomeché, le verbali tradizioni di Collina trasmesse a vicenda dagli antichi, e che oggi si vocifera comunemente, non possono servir di sprone alla sua primiera realtà, essendoché, basano sui cardini soggetti di già diventati, se non favolosi, almeno senza autenticità, né adequato alle circostanze per cui si propugna conoscere coscenziosamente.

Alcuni dicono, che certi De-Tamosis Leonardo e Giovanni, ambidue cavalieri Bergamaschi, compromessi e perseguitati dalla signoria di Milano, rifuggiavansi in quelle boscaglie, il primo nell'anno 1315, ed il secondo nel 1458, ove fabbricarono la prima abitazione.

Si ha relativamente osservato innoltre nella casa di Tamossini Pasquale, l'effigie dei due cavalieri, i quali vestono una clamide con usbergo al sistema degli antichi romani ed armano spade con turcassi e strali.

Leonardo, presenta nel suo stemma gentilizio in forma di Clipeo due leoni impennati di rosso in campo d'argento con un cervo al disopra; e Giovanni ha uno stemma a losanga con un leone di rosso in mezzo campo d'oro, ed un quarto di luna di oro nell'altra metà azzurro, figurando nei colori blazonici alquanto adulterati nel rinfrescarli la forza dei due campi.

Pasquale Tamossini uomo sessagenario asserisce, che il suo avolo ha ricevuto da' suoi antenati le due effigie, e che le conservò gelosamente a suoi posteri consanguinei come retaggio di sua prosapia Tamosis, Tamossini17.

Altri manifestano invece, che certo Barbolano Leonardo, alias centranico18, voluto doge di Venezia, privato di vista de' suoi nemici e competitori del suo alto grado, siasi, dopo aver soggiaciuto a questo inaudito castigo, ricoverato in Collina nell'anno 1100, e con ciò fa conghietturare in lui il fondatore del villaggio19.

Altri franguellano ancora, che disertori in preda ai rimorsi pei nefandi delitti commessi si abbiano portati nell'anno 1250 circa in questo villaggio sotto alla foggia di anacoreta onde espiare con austera penitenza i perpetrati delitti; quindi si vuole che abbiano fondate le prime case.

Questo ammasso di malfondate asserzioni diventono enigmatico la realtà, che senza ponderate cognizioni di vero eclitismo mal si potrebbe penetrare sotto all'involucro di tanti secoli che ricoprono talmente l'originaria sua genuinità.

Che che serve il pronosticare? in quanto a me, cedo alla profezia l'incarico di scoprire questo impenetrabile mistero e lascio parimenti a miei critici i commenti, di chiarire, se pur gli basta l'animo, tanti allegorici concetti, quanto può essere il suo ardire l'intraprendere la coltivazione di simile impresa.

Per me sta in tanto, che Sigiletto20 sia più antico di tutti, nonché di Avoltri siccome nella descrizione dell'erudito signor Bianconi, riguardo alle carniche alpi, mensiona per ben due volte gli sbandati dell'anno 118021 che scorrazzavano armata mano le adiacenze di Sigilet, i quali furono fugati nella Carinzia delle arme Aquilejenze; non so se in tutta la Carnia vi fosse un Sigilet, se mai non vi fosse in questo caso vi è motivo di credere esser il Sigiletto di Forni Avoltri.

Di Frasenetto22 nulla si racconta; tutte lo abitazioni di questo villaggio sono coperte di paglia e paretate di legnami; se disgraziatamente si appicasse un'incendio grandissimo sarebbe il danno che recarebbe agli abitanti, e con somma difficoltà ad aspegnerlo.

Non si può conoscere altro analogamente al paese di Forni-Avoltri e villaggi; e ne punto l'insigne Muratori nella sua istoria universale, il Cicconi di Udine, il Bianconi, il Traversa, ed il Grassi, fanno cenno di quanto si procura con efficacia conoscere; quantunque i loro scritti siano versati a dipingere le più oscure antichità della Carnia, menzionando tutte le epoche, vicissitudini incorse nel fuggir dei secoli, le cessazioni dei governi, delle amministrazioni, delle armi romane, dello invasioni dei Barberi, di Attila cogli Unni, dei Vandali, dei Goti, dei Visigoti, degli Ostrogoti, dei Nordici, e tanti altri Antecristi, debellatori della nostra Italia; ma Forni-Avoltri, e villaggi passano innosservati.

Capitolo X.
Della repubblica, Francesi, necrologia, atti giudiziarii, ed introduzione al Pungolo.

Nell'anno 1804, la popolazione aumentò a 824 anime, anche in quest'epoca prosperoso era lo stato dell'artegiano e del contadino; quelli industriavansi all'estero e questi attendevano con circospezione agl'interessi campestri; florido per conseguenza si poteva appellare lo stato di cui si tratta.

Il governo Francese succeduto alla repubblica nell'anno 1797 soggettò questo popolo a frontare le spese interinali; impose alle diverse circostanze tasse e rigori, ciò non per tanto, dietro reclami esposti al riguardo venne esentuato in parte, eccettuato delle levi militari, delle quali l'imperial governo non ebbe la bonarietà di esimerlo secondo l'uso della detronizzata repubblica.

Non posso far di meno di vergare alla rinfusa una pennata in merito dell'illustrissimo signor Del-Fabbro cavalier Francesco23 generale Austriaco; il quale naque in Forni nei primi anni del diecisettesimo secolo; intrapresa la carriera delle armi, e per l'eroica sua qualità e rare virtù si distinse in diversi fatti d'armi in Ungheria.

Passaremo a far conoscere la necrologia dei trapassati dell'intiera comunità, incominciando dal 1450, a tutto il 1600, conosciuti morti in patria sono, N. 2096, — dal 1600, al 1868 in Luglio, come sopra trapassati N. 4071, — totale delle due epoche trapassati N. 6767.

Atti giudiziarii por contendenze private con eseguimento finale, verificatosi nelle vario epoche N. 411.

Lettore, avrei dovuto rassegnarti più al lungo le sostanze preliminari attenenti ai soggetti del presente scritto di un paese esangue perfettamente di documenti antichi, se l'incendio appicatosi all'archivio municipale il 14 novembre 1846, non avesse con vortice di fiamme nella voragine distrutto la miscellanea amministrativa ed altri scritti, d'altronde, ho cercato d'inserire tutte le nozioni che reca utile conoscersi; e se ben ti ricordi, nelle mie prime pennate, ho detto di nulla omettere, per cui, la mia penna, ancorché debole, pure saprà distinguere il virtuoso dal pertinace, o se non è già noto, almeno si può spiegare anziché tacere particolarità di un paese, che una certa schiettezza valga a guadagnarlo più assai che una simile dissimulazione, trattandosi di una cosa chiara e saputa pubblicamente, il negarla, o al volerla sotto pretesti non verosimili colorire sommamente indispone; quindi con le parole che vado tracciare nel seguente capitolo sono sicuro che qualcheduno dei miei leggitori torgeranno il naso; ma che fà? ognuno è libero di opinar come vuole sempreché si rispetta l'onore, e non s'infrange il divieto delle leggi; dal resto, una persona, che non è lesa di quanto si sta scrivendo in seguito è ben contenta di richiamare alla luce il soggetto dell'altrui obbrobrio, e la lealtà di chi è meritevole.

Capitolo XI.
Del pungolo che cita un poco di tutto.

All'opera adunque, e quantunque mi dispiace il dover cangiar discorso, pur tuttavolta, la penna vuol biografare ed ancora orpellare con neri colori qualche persona tolta della pluralità di tanti buoni comunisti, specialmente nella sfera degli esercenti pubblici; i cui comportamenti di alcuni di questi verso agli avventori sono perfettamente riprovevoli, aspri, screanzati, e quasi quasi sono per dirti che usufruttono cammorescamente della loro mercanzia percependo in più l'obolo guadagnato con sudori dal bisognoso concorrente.

Con questo meandrico agire e subdole azioni di smascherata lussuria finiscono coll'attirarsi sul loro concetto un mare di lagni improporosi.

Sia detto questo a lode di quelli, che col suo leale contegno non hanno bisogno del cronista, perché lorda colla sua pungente penna la sua irreprensibile condotta.

Parimenti spiacciami manifestare il carattere di tanti propensi a rimaner ligi e captivi al talismano del bigottismo; troppo creduli agli esorcismi sono cedesti o lettore, che partecipano a tutt'uomo alle iperbole del pergamo, non dico di abbiurare principii creduti veritieri o falsi, che che ne dico; si rispetta le opinioni, ma quello però di esser franetici d'idolatrare le pazze mire di ascettismo e scioccheria; come sarebbe, allorché suona un bronzo tutti in pubblico fanno di cappello, se orano o bestemmiano non si sa, fatto e che stanno in quell'atteggiamento sintantoché piace al sacristano tirar il codasso alla ........... al sacro bronzo.

Si verifica ancora in questa comunità ugual fanatismo per l'aderenza al confessionale, esser scetici e miscredenti ai dogmi della nostra vera religione è malfatto, ma, ne punto è ben fatto farsi frugare nè penetrali riconditi dell'anima della polizia dei preti, badi, che la polizia dei desputi si contenta dell'esterna apparenza dell'uomo essa non ne vincola altro che gli atti, ma quella del confessionale incatena persino i pensieri, nessuna cosa è più sconcia di quella del genio malefico della polizia introdotta nella casa di Dio, la confessione, genio del santo intrigo, genio del santo spionaggio, genio dei preti e frati.

Qui è mestieri di ricordare ancora i Collinotti, la più parte dei quali sono ridicoli nel vestirsi, per conseguenza meritano una pennata anche questi, onde distinguere la sagoma in costume alla quale versono nel foggiarsi alla festa e più ancora in giorni di sagra, giovani e vecchi, poveri e ricchi quasi tutti si vestono pomposi e si vedono pettoruti camminare d'un canto all'altro del villaggio inforcati in pantaloni alla bisarcavola con la sopraggiunta di una sciambellica che indossono lunga talmente, da frastornare cammin facendo i poveri talloni, corredato il tutto da un cappello sistema parafulmine od a larghe falde come

Obisso il famigerato intruso
Che or questi or quelli lor rispondeva
Sulla strada o ferma o che ti bruso.

Queste stravaganze d'antichità, richiamano alla luce i nomadi cosmopoliti del medio-evo che per contentare le diverse idee con rassegnazione secondavano lo costumanze onde non essere vilipesi dalla sagacità mondana procuratrice della vesta battatacchi poveri tacchi!

Ora parleremo delle biele puemos, queste bisognerà toccarle con più delicatezza avanti gli scatta il grilletto della stizza col far rispondere a chi scrive — Folch-lu-trai, chialo chialo Grignani a le senzo chiaaf, a la volut fevelaa devour es puemos; tutt'altro, anzi, spero di far onore alle figlie di Eva; crescete o moltiplicate diceva N. come difatti, il registro del signor Economo spirituale della parrocchia amette 35 spurii dal 1857 al 1868, senza quasi altrettanti, conosciuti legittimi, or dunque si vede bene come sono obbedienti a quanto santamente gli venne raccomandato; d'altronde Frine non faceva accessione a queste massime Aspasiane, appunto per questo che Imene si lascia sfondar la porta d'abitazione dal Dio-Momo e questo entrando fa altro che dire, alla zia Clitoride: in pochi mesi spero di aver costrutto qualche cosa che conta 36 e via via.

Così, se il mio lettore gli saltasse il grillo concupiscente del Dio-Momo dovrà incontrarsi con una biele frute, e se gli va a genio (sempreché questa sia della taglia) gli dovrà dir altro che
— Dove andate Puemos? essa risponderà all'uopo
A chi: parcè ce volioso?
— Voleva accompagnarvi
Po Folch? il sorioli al fas massa lusuor, chei canais anus jouh: nujo nujo no puess.
— Ma e dunque
Isgnot se volioso vegniot dongio
— Ditemi dove
In chiaso mee chioo: chialo il chian, e i claps sott i peis e va cidin
— Benissimo arrivederci
Mandi puem

Con queste risposte il lettore è sicuro che la scimia di Ciampolo il barattiero lo guida agli amplessi laidali della rea bacante, per cui si ha ragione di dir sempre

Ah femmine, se così Voi fate
A turpitudini siete atte,
Procurate di frenar imene
S'acquistar volete ogni bene.

Conchiudo col dire per diritto di rettorica, rettorica, che il pungolo per quanto sia possibile non ometterà ne mò ne mai, siccome certi individui del paese conosciutissimi da tutti e da tutti tollerati, e che in buon Italiano si appellono mangiacarta; questi enti delle discenzioni particolari sono chiamati da persone ignoranti a formolare un documento (o piuttosto a rovinarlo) ed i mangiacarta per eccellenza si prestono con quella voracità dell'Ebreo lossurioso onde intascarsi un quarto di Fiorino, due, o tre24 conforme al lavoro da collaborarsi.

Con questa misera tangente sono capaci di compilare un atto diatribale in odio a colui che il richiedente ignorante del collaborato con motivi o senza pretende aver ragione verso al suo competitore.

Tutto questo per dir il vero, è una piaga che tante volte afflige il povero volgo illetterato; e siccome altrettanto volte questi atti si sottopongono a formale giudizio, avvegnachè soccombe il firmatario istigato dallo scharabocchino anziché quello al quale era spiccato contro l'atto d'accusa.

Bisogna che aprite gli occhi o buoni comunisti di Forni-Avoltri e villaggi pria di farvi infanocchiare dai cosidetti mangiacarta, e se volete che vi li adita in buon lombardo eccomi

Vun lè de sura, e de cà stà sul mont
L'alter lè al bas, e lè minga de front
Tut du della sgnapa son semper in lista
Ormai de vialter saran tegnù a vista.

Note


  1. Il monte Paralba è alto sopra al livello del mare Adriatico due mille e 341 metri; è tradizione antica che questo monte lo abbiano appellato Paralba, pel motivo della sua gran altezza, come difatti al crepuscolo mattutino sembra faccia ombra alle oltre montagne. 

  2. Rame griggio argentifero. 

  3. Questo è un composto di due canali congiunti di legnami paralelli, lungo 580 metri coll'inclinazione di 45 gradi. 

  4. Questa operazione dura ore 46. 

  5. Titolo di Zecca, se per esempio fosse di 1000 sarebbe più avvalorato. 

  6. La prima fucina fu eretta nel 1864 e sistemata a richiesta del minerale. 

  7. È generale l’asserto dei disutili avuti dell'attual società; pressoché mezzo milione di Franchi non basterebbe a completare la sua perdita (ciò asserisce persone degne di fede) le antiche società, per quanto consta, pare abbiano avuto vistosissimi guadagni; domando io, e perché hanno abbandonata la miniera nei mezzi tempi? se avessero avuti guadagni notevoli non l'avrebbero rigettata come pregiudicante a suoi interessi, ma sibbene trasmessa ai posteri con ragionate investiture. 

  8. Il bosco Pietra-Castello erariale, sotto alla mappa di Forni-Avoltri è censito dal comune di Rigolato: quest’anno 1868 trovasi in vendita 3 lotti; delle sue piante, come puro è messo all'asta 3000 piante degli altri tre boschi. 

  9. In seguito gli venne giunto il coro della parte di levante, pei lavoratori della miniera detti Chinopi che intervenivano alle sacre funzioni. 

  10. Patate. 

  11. Anche il giorno d'oggi se vi fosse, una comoda strada, Forni-Avoltri sarebbe l’emporio di detto genere essendo nel centro delle alpi del nord d'Italia. 

  12. È verbale tradizione, che i frazionisti di Collina non hanno voluto annuire all'impresa, alludendo che la strada era utile alla parte bassa e disutile per le spese alla parte alta, siccome non avevano la coincidenza. 

  13. Tranne qualche mascalzone di Collina, disturbatori dell'ordine pubblico. 

  14. Vedi capitolo XI. 

  15. Intendiamoci bene, perché Avoltri è diviso da Forni è però un solo comune. 

  16. Come in Forni è sede attualmente di una Brigata delle Guardie Doganali per la sorveglianza di confine. 

  17. Questo asserto pare abbia del verosimile. 

  18. Il Doge ventottesimo Barbolano che regnava nell'anno 1026, aveva nome Pietro e non Leonardo come emerge dalle tradizioni locali, il quale amministrò con saviezza quattro anni, sibbene considerato intruso all’alta sua carica, indi veniva esiliato da suoi aderenti competitori; vedi cronologia dei Dogi di Venezia di Antonio Quadri. 

  19. Ciò si presume per gli antichi casati Barbolani esistenti nel luogo. 

  20. La piccola Chiesetta di Sigiletto fu eretta nell'anno 1760 e rinfrescata nel 1868 in Agosto, ed ha un legato di mille Fiorini, questo legato è lascido del trapassato Di-Val Giovanni Battista, fondatore di campane morto in Vienna. 

  21. Il Traversa fa conoscere invece esser questi una massa di ladruncoli della Carinzia. 

  22. La Chiesa di Frasenetto sotto al protettore di San Giovanni, e la parrocchia di tutta la comunità, ed è stata eretta nell’anno 1556. 

  23. Il generale Del Fabbro, era vivente nel decadere della repubblica, per cui mi onoro di citarlo in questa pagina, e pare maraviglioso, come il paese non ricorda l'Illustre uomo. 

  24. Tante volte scrivano per un bicchierino d'acquavita.