Enrico Agostinis

 

I LUOGHI E LA MEMORIA

Toponomastica ragionata (e non) della Villa di Collina, Territorio della Carnia

 

Nota alla seconda edizione (web)

A nove anni dall'uscita in stampa I luoghi e la memoria si ripresenta in veste elettronica. Niente carta, niente trasporti e problemi di reperibilità, ma tutto a portata di un clic seduti a casa propria. Tutto facile?

Non proprio. Dietro tutto ciò ci sono sempre persone che lavorano, in questo caso soprattutto Adelchi Puschiasis cui va tutta la mia gratitudine per l'ospitalità su alteraltogorto.org e per l'infaticabile lavoro di editing.

E poi c'è il lavoro del vostro scrivano. Il tempo passa e la toponomastica si muove, tanto in avanti che all'indietro. Nascono nuovi toponimi, o nuovi appellativi che vanno ad aggiungersi o a sostituire i preesistenti; dagli archivi e dalle biblioteche (e dal web) ne sbucano altri, oppure ancora vengono nuovi spunti a confermare e talvolta a smentire ipotesi etimologiche avanzate in precedenza, comprese quelle di chi scrive. E così sono stati ripescati dall'oblio 3 toponimi nuovi di zecca (o vecchi come il cucco e prima completamente dimenticati), molti altri sono stati ritoccati e altri ancora rivoltati come un calzino, per un totale che ammonta ora a 322 toponimi.

La toponomastica è materia viva: non gode di ottima salute nell'uso comune (provate a chiedere a un collinotto non ragazzino, ma quaranta/cinquantenne, quanti dei toponimi qui riportati conosce: se arriva al 25-30% è un grande successo), ma questi lavori e le occasioni d'incontro e di scambio fra chi si occupa di questi argomenti a qualsiasi livello, dall'accademico all'amatore, sono la linfa che la mantiene in vita per chi se ne vorrà occupare domani, a qualsiasi titolo.

Questa è anche l'occasione per ribadire tutti, ma proprio tutti i ringraziamenti dell'edizione originale estendendoli anche a chi, magari frammezzo a qualche appunto critico, ha voluto anche mostrare qualche segno di apprezzamento. Non li cito singolarmente perché certo ne dimenticherei qualcuno, e non vorrei che se ne avesse a male. Ma tutti voi dal professore all'appassionato dilettante che, magari sconosciuti l'uno all'altro, vi incrociate in archivi e biblioteche… , sappiate che vi sono grato.

È anche l'occasione di un tributo a chi ci ha lasciato, a Gino del Fabbro alla cui opera continueremo ad attingere molto a lungo perché come nessun'altra si presta, per vastità e profondità, a illustrare questi luoghi e la loro storia.

Mandi Gino, e grazie di dut.

Ed ecco infine come riconoscere nel testo le principali novità rispetto al volume a stampa.

I capitoli e i toponimi oggetto di revisione più o meno profonda, per i quali nel testo è cambiato qualcosa di significativo, sono titolati in carattere blu:

10. Agâr di Macìlos [in -]

Per garantire coerenza e continuità con l'edizione a stampa, dei toponimi è stata mantenuta la precedente numerazione progressiva alfabetica, ciò che d'altra parte ha costretto a una numerazione extra per i toponimi non presenti nell'edizione a stampa, qui caratterizzati dal suffisso "bis" aggiunto al numero identificativo dei toponimi che li precedono.

Il titolo dei toponimi "nuovi" è evidenziato in carattere rosso:

11bis. Agâr dal Plevàn [lu -]

La grafia è stata adattata, nei limiti del possibile, alla grafia ufficiale.

Per il suono palatale sordo, quello dell'italiano cielo e cervello, il segno c è stato sostituito con ç. Avremo dunque poç (pozzo), riçot (ricciolo) e çurviel (cervello).

Nulla si è invece potuto per i suoni sibilanti palatali, sia sordo come nell'italiano scena, fascia, che sonoro come nel francese j di jolie e Jean, suoni che la grafia ufficiale risolve quando intervocalici (ssj, sj ) o in fine di parola (sj) ma che lascia indifferenziati rispetto alla "s" quando preconsonantici.

Posto che una soluzione mista avrebbe accresciuto il già elevato grado di confusione e di difficoltà di lettura, continueremo quindi a rendere i suoni sibilanti palatali come in precedenza: il sordo con š come in viéšto (veste), pašòn (pascolo), špìoli (specchio) e šošedâ (sbadigliare); il sonoro con ş come in Şualt (Osvaldo), şo (rosa), mieş (mezzogiorno) e şglonf (gonfio).

Anche gli altri suoni che richiedono l'impiego di segni diacritici mantengono la grafia precedente: palatale sonoro=ğ come in ğuligno (brina), affricato dentale sonoro=ž come in žucher (zucchero).

I plurali che terminano con il suono z sono ora resi con çs (per le parole terminanti al singolare con ç: braç = braccio, braçs = bracci) e ts (per le parole terminanti al singolare con t: ret = diritto, rets = diritti). Ciò a esclusione dei nomi della toponomastica ufficiale, che sono resi quali si ritrovano in cartografia: MonteFloriz, Forcella Monumenz ecc... Va da sé che gli stessi nomi, quando non più rappresentativi della toponomastica ufficiale ma viceversa riferentisi alla toponomastica locale e pertanto espressi in lingua locale, sono resi nella corrispondente grafia: ju Flurîts, ju Monuments ecc.

Infine, in chiusura di volume è stato eliminato il quadro sinottico dei toponimi con il riferimento ai quadranti della Carta Tecnica Regionale cartacea. In sostituzione della tabella a mio avviso utile (diversamente non l'avrei messa) in quanto unico nesso "reale" con il territorio, ma che di fatto nessuno avrà utilizzato è stata inserita una porzione della CTR vera e propria con l'indicazione dei toponimi sul territorio. Con i modesti mezzi a disposizione è stato un gran lavoro (o almeno un lavoraccio, via), tutt'altro che semplice ed effettuato con la massima accuratezza possibile, compatibilmente (anche) con i problemi di spazio e cercando di proporzionare le dimensioni delle scritte con l'estensione dei luoghi corrispondenti.

Tuttavia…

Tuttavia non andate a misurare la collocazione dei toponimi sulla mappa e le loro dimensioni con il centimetro!

Nuovamente, buona lettura